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Kyrie Irving, “Grande Montagna” dal cuore d’oro compra una casa per la famiglia di George Floyd

Dalle parte dei deboli, sempre. Kyrie Irving è così: sotto canestro è uno degli interpreti del trio magico (lui, Harden e Durant) dei Nets di Brooklyn, là fuori è l’uomo che non ha paura di compiere gesti coerenti con le proprie idee e prodigarsi per iniziative di beneficenza o per battaglie di impegno civile. L’ultima è stata donare un tetto alla famiglia dell’afro-americano ucciso da un poliziotto a Minneapolis.
A cura di Maurizio De Santis
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I Nets fanno a meno di lui da sette gare consecutive ma Kyrie Irving trova il modo di essere al centro della scena di Brooklyn anche restando fuori dal campo. Il gesto da apprezzare non è atletico né tecnico, vale molto di più. È il simbolo del giocatore che mette da parte la palla a spicchi e tutto il caravanserraglio per ricordare al mondo intero che c'è una vita, qualcosa di molto più importante, ben oltre il fil di sirena. Sotto canestro è uno degli interpreti del trio magico (lui, Harden e Durant), là fuori l'uomo che non ha paura di compiere gesti coerenti con le proprie idee: ha comprato una casa e l'ha donata alla famiglia di George Floyd, l'afro-americano ucciso da un poliziotto a Minneapolis il 25 maggio scorso. Quell'episodio scatenò la protesta della comunità nera americana ed ebbe grande riflesso anche a livello internazionale: fu un'onda che si propagò all'insegna del movimento Black Live Matter.

Irving è così: non gli importa delle multe che gli vengono comminate per le (continue) violazioni del protocollo anti-covid; non gli importa dei soldi che gli vengono sottratti per ogni match che salta (400 mila dollari) e nemmeno lo scalfì l'idea di mettersi contro il sistema della NBA che, per assicurare la prosecuzione del torneo in piena pandemia, decise di chiudere tutte le squadre nella ‘bolla' di Orlando. Manifestò pubblicamente la contrarietà a quell'iniziativa perché temeva che l'isolamento al di là della cortina protettiva avrebbe messo il bavaglio ai giocatori, impedendo loro di ribellarsi e alzare la voce dopo quell'ennesimo atto di violenza razziale perpetrato nei confronti di un afro-americano.

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Dalle parte dei deboli, sempre. Le battaglie e l'impegno civile di Irving annoverano anche il sostegno alle proteste contro la costruzione di un oleodotto nello Stato di New York e fu allora che lo ribattezzarono con la definizione Sioux "Grande Montagna". Lui, grande e grosso (non solo per la stazza), figlio di una nativa americana, orfano quand'era troppo piccolo per ricordare anche che volto avesse la mamma, si mette di traverso per tutelare i diritti e farsi latore delle istanze di chi non ha voce o non ne ha abbastanza perché sia ascoltato.

Non ha mai dimenticato le sue origini e ne ha ricordato il valore al mondo intero aiutando comunità nella quale era nata sua madre. Poco tempo fa pagò di tasca propria 1.5 milioni di dollari alle giocatrici della WNBA che videro i loro ingaggi sforbiciati in maniera drastica a causa della crisi economica scatenata dal Covid. Donò in beneficenza oltre 300 mila dollari per aiutare le famiglie allo stremo e cadute in povertà (anche) a causa della pandemia. Ha comprato cibo e s'è assicurato che fosse distribuito a chi ne avesse davvero bisogno.

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