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Chris Paul non invecchia mai: è già nell’olimpo della NBA

36 anni a maggio, 16 stagioni in NBA, ennesimo capolavoro che porta la sua firma. Dopo Hornets, Clippers, Rockets e Thunder, oggi sono i Phoenix Suns a beneficiare dell’effetto-Chris Paul. Molto più di un semplice playmaker, CP3 è il giocatore che forse più di ogni altro negli ultimi 20 anni ha dimostrato di saper elevare il livello di squadre e compagni.
A cura di Luca Mazzella
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Quando la scorsa estate i Phoenix Suns, dopo la bolla chiusa con un record immacolato di 8-0 comunque non sufficiente ad agguantare il treno Playoffs, si sono trovati di fronte al dover rimotivare un roster giovane, reduce da due settimane giocate con estrema maturità ma inutili ai fini della qualificazione, il rischio che il malcontento prendesse il sopravvento era molto alto. Ecco perché la dirigenza ha deciso di farsi un regalo, e che regalo. La miglior point-guard dell'NBA: Christopher Emmanuel Paul.

L'età è solo un numero

Alla soglia dei 36 anni, che "CP3" compirà il prossimo 6 maggio, per quello che tanti hanno soprannominato, parafrasando il suo ruolo, "Point-God", la sfida Suns si è dimostrata subito stimolante. Una futura star in prepotente ascesa e definitivamente pronta al salto di qualità come Devin Booker, un lungo come DeAndre Ayton alla ricerca del giusto compagno in grado in di esaltarlo in situazioni di pick and roll, tanti di quei comprimari che nel corso di una carriera NBA lunga 16 anni Chris ha saputo trasformare in preziosi pilastri di sistemi sempre in grado di andare ben oltre le loro possibilità come Mikal Bridges, Cameron Johnson, Jae Crowder, Dario Saric. E in più, un coach che ha saputo plasmare una cultura vincente e propositiva in una squadra reduce da troppi anni deludenti e che finalmente, a Orlando, ha visto lo spiraglio per fare il salto di qualità, scegliendo poi la pedina migliore per completarsi e fare un ulteriore passo in avanti.

Il viaggio di Chris parte dagli Hornets, franchigia che l'ha fatto esordire in NBA nel 2005 dopo gli anni a Wake Forest e trascinata fino a gara 7 delle semifinali di Conference contro i San Antonio Spurs, finisce a Phoenix, e passa per gli anni di Lob-City a Los Angeles, per le stagioni passate tra Houston (portata nel 2018 a una vittoria dalle Finals e con l'enorme rimpianto per essersi infortunato dopo gara 5 e sul 3-2 per i Rockets) e per gli Oklahoma City Thunder. In cui lo scorso anno, nonostante l'enorme scetticismo nei confronti di un roster fatto di veterani in cerca di rivalsa e giovani ritenuti troppo acerbi per incidere, è arrivato l'ennesimo miracolo di Re Mida CP3 che ha trascinato i suoi fino alle semifinali di Conference.

Un piccoletto di 185 centimetri che domina nella lega dei titani, quella in cui dagli anni 2000 in poi lo spopolare di playmaker dotati di atletismo e fisicità fuori dalla sua portata avrebbe dovuto soccombere. Troppo più lento, troppo più basso, senza elevazione e lontano dalle schiacciate spettacolari a cui i suoi pari-ruolo ci hanno abituato. Chris Paul è un giocatore old-style, che ha imposto il suo basket e i suoi ritmi ovunque sia finito, portando il suo contorno sempre oltre le reali potenzialità. E se l'incidere degli anni lo ha esposto a infortuni e a una gestione fisica più conservativa, il rendimento è sempre stato altissimo e senza eguali, nonostante il talento medio continui a toccare vette più alte stagione dopo stagione.

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I Phoenix Suns DI Chris Paul

Lo scorso anno Phoenix ha mostrato una evidente lacuna in termini di personalità, emersa in modo palese nei finali di partita: ben 10 sconfitte sono arrivate entro i 4 punti di scarto. Il miglior modo per rimediare e iniziare a portare a casa anche le gare che restano in equilibrio per 48 minuti non poteva che essere puntare sul giocatore più clutch dell'ultima stagione (negli ultimi 5 minuti di gara ed entro i 5 punti di margine tra le due squadre, Chris ha generato un plus/minus di 2.3 punti e tirato col 52%). Migliorata nella gestione degli ultimi possessi e con uomini coinvolti in maniera intelligente da un leader capace di esaltare lo spirito di collettività del gruppo, Phoenix oggi ha il sesto record della Western Conference, porta 7 giocatori in doppia cifra di punti e, cosa più interessante, sembra comunque non essere ancora al massimo del suo potenziale. La gestione della palla affidata a Paul ha evidentemente sgravato di qualche possesso Booker, alla ricerca del miglior modo per completarsi col compagno di ruolo, e coinvolto in modo maggiore il resto dei gregari. Il tutto, al ritmo che il numero 3 ha imposto: nel PACE (statistica che misura il numero di possessi su 48 minuti di gioco), i Suns sono 26esimi, meglio di appena 4 squadre in NBA, segno di una gestione affidata alla razionalità e alla pazienza del loro miglior giocatore. Se dovessero arrivare i Playoffs, e ci sentiamo di dire che questo avverrà al 100% nonostante un andamento ad oggi ancora altalenante (non ultima la brutta sconfitta di stanotte contro i Pelicans), per Chris si tratterebbe della quinta squadra (su 5) portata alla post-season: un traguardo raggiunto prima di lui solo da Shaquille O'Neal ma, a differenza di quest'ultimo, sempre da protagonista in ognuna di queste.

Il tanto desiderato anello

Nella cultura sportiva americana, soprattutto negli ultimi anni, il confine tra vincente e perdente è sempre stato oggetto di discussione e campo di battaglia nel separare buoni e cattivi. La carriera di Paul, ad oggi, manca di quello che per molti è l'unico reale criterio per definire un giocatore vincente: il titolo NBA. Una possibilità accarezzata nel 2011, quando uno scambio ormai concluso lo avrebbe affiancato a Kobe Bryant nei Los Angeles Lakers fu bloccato dall'allora Commissioner David Stern, ripropostasi negli anni di Houston, e oggi verosimilmente lontana nonostante i talentuosi Suns. C'è chi invece, con intelligenza, misura la Grandezza dei giocatori da mille altri parametri, e quando a fine carriera ci troveremo di fronte i record, i roster di medio livello resi corazzate, e soprattutto gli avversari davanti ai quali obiettivamente è più che lecito soccombere, saremo forse finalmente in grado di dare a CP3 la gloria che merita. Sempre che, nei prossimi anni (ha ancora un'opzione sul contratto per la prossima stagione, che potrebbe esercitare o non, scegliendo di salire ulteriormente di livello), Chris non decida di rincorrere per l'ultima volta il sogno di diventare campione NBA. Sarà lui a scegliere, ma noi abbiamo già deciso. Chris è nell'Olimpo di questo gioco.

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