Zaynab Dosso: “Alle Olimpiadi ero devastata. Mi chiedevo: come mi sono ridotta così? Poi ho capito”

Zaynab significa saggezza. E facendo due chiacchiere con Zaynab Dosso, velocista italiana, si ha proprio questa sensazione, forte. Dosso è nata nel 1999, quando aveva 15 anni raggiunse i genitori che si erano stabiliti in Italia. Si può definire già adesso la più forte velocista italiana di sempre. Campionessa europea indoor nei 60 metri, vice-campionessa mondiale, sempre indoor, medaglie conquistate pochi mesi fa. A Tokyo cercherà di qualificarsi per la finale dei Mondiali, un'impresa non facile e mai riuscita a nessuna velocista italiana.
Sei una atleta di altissimo livello, hai vinto già medaglie importanti, come fai a trovare ogni giorno la giusta motivazione?
Il corpo è la mia macchina, devo mettere benzina, tutti i giorni devi avere un’alimentazione corretta. La forza la trovo questa forza dal fatto che questo è il mio lavoro, non posso che non dare il 110 percento sempre. Non è facile se non hai dedizione, se non sei devoto al lavoro e a quello che stai facendo, tutto il resto viene facile. Io vivo a Roma, lontano dalla mia famiglia, ma non mi pesa perché questo è il mio lavoro, questo è quello che voglio fare migliorarmi ogni giorno. Sapere che non siamo delle macchine è importante Ci sono periodi che sai che devo stare quei 20 giorni off, solo su quello, poi respiri e ti prendi una settimana, poi respiri. È un sacrificio che devo fare.
Come si fa migliore il tempo di pochissimo? Come ci si allena sui decimi di secondo?
Per fortuna la nostra disciplina è veramente tanto tecnica. Nei 100 metri lo spazio di tempo in cui sbagli e migliori è veramente poco. Lavori sui dettagli, sui particolari, magari migliori quei 10 metri che ti fanno togliere quei 10 centesimi, poi migliori ancora un po’ e ancora la volta successiva.
Il tuo sport non ti dà il tempo di pensare. Ti è mai capitato di essere in pista e pensare che le tue avversarie erano più forti di te?
Agli Europei e ai Mondiali indoor non avevo dubbi nella mia testa, avevo lavorato dal post Olimpiadi, cioè dal mese di agosto, a febbraio per quell’obiettivo. Mi ero detta arrivo e vinco, non avevo nessun dubbio, dopo quella gara sono uscita con un dolore al piede e con un oro europeo; da quel momento ho avuto appena 10 giorni per preparare i Mondiali e sono arrivata a quella gara con un po’ di dubbio. Quando pensi gli altri sono più bravi di me o hai dei dubbi è la tua fine, perché l’unica cosa che puoi controllare è quello che tu hai fatto, nella mia disciplina dura tutto pochissimo. Il tempo di pensare a b c ed è tutto finito, se pensi quella è più forte di me, quella è più veloce di me, loro ti lasciano li. Devi avere una forza mentale e una concentrazione di tutto l’allenamento che tu hai fatto fino a quel momento, e lo sforzo lo paghi. Io esco dalle gare che sono sfinita per una settimana sto in hangover.

Nel 2024 hai partecipato per la prima volta alle Olimpiadi, come è andata quell'avventura?
Per me è stata la peggior gara degli ultimi due anni. A Parigi sono arrivata devastata, che è una parola gigante per me, eero stanca e in un certo senso quasi non mi piaceva più entrare in pista. Poi entravo in pista ed era come se mi spegnessi, dunque non l’ho vissuta bene. L’Olimpiade è quello che sogni da quando sei ragazzina. Ma a causa di un problema fisico di qua e uno di là alla fine sono arrivata che non ne avevo più, non mi piaceva più entrare in pista e nemmeno allenarmi, figurati gareggiare. Proprio perché la testa fa molto, e di testa ero stanca, non riuscivo ad ascoltare il mio corpo che mi mandava segnali, è stato frustrante.
Come sei è riuscita a reagire a quella delusione?
Da lì sono tornata a Roma mi sono chiusa a casa una settimana, sono stata male male, mi dicevo ma come è possibile che mi sono ridotta cosi, mi divertivo ad allenarmi e a gareggiare, ho sempre pensato di essere una privilegiata. Faccio un lavoro che volevo fare da bambina, come è possibile che non riesco a godere di questa cosa. Lì per un momento ho pensato che dovevo prendermi una pausa dall’atletica. Poi sono andata in vacanza dalla mia famiglia sono stata due settimane in Costa d’Avorio e per una serie di cose – pensi ad altro, stacchi il telefono – sono stata veramente bene. Loro mi avevano visto in televisione ed erano fieri di me, per loro ero un’eroina, mentre io pensavo di aver fatto schifo. Loro non hanno visto la me atleta, ma la Zaynab persona, loro hanno apprezzato il mio sforzo il mio percorso, quello che avevo fatto e dove ero arrivata. Io non riuscivo a vedere tutto questo. A volte dobbiamo solo fermarci e capire che guardare oltre e andare avanti.
Poi è accaduto anche un episodio che ti ha colpito molto.
Un giorno eravamo in taxi dovevamo andare a pranzo, a un semaforo c’era una ragazzina che vendeva le patatine, aveva in testa un sacchetto gigante pieno di patatine. Io la guardavo e lei mi è entrata dentro. C’è stata una scena che ricordo e che mi pare accaduta ieri. Per darmi un sacchetto, una volta il semaforo diventato verde, si è messa a correre con quel sacco in testa, mi si è spezzato il cuore. Ripensando a quell'immagine ho pensato: ‘Ma davvero pensi di avere una brutta vita per una gara orrenda?'. Mentre c’è chi lotta per pochi centesimi o per andare a scuola e tu che hai la vita che sogni da sempre ti stai lamentando.

Da lì c'è stata una piccola grande svolta che ti ha portato poi a vincere l'oro agli Europei indoor e l'argento ai Mondiali indoor.
Mi sono detta: ‘Muoviti, vedi cosa devi fare' e ho iniziato a vivere in modo più leggero. Mi sono rivista spensierata come quando ero ragazzina, in ogni gara in cui andavo mi divertivo, agli Europei è stata così. Avevo tre obiettivi. In un diario ho scritto ciò che volevo fare e l'ho fatto: batteria, semifinale e finale e ho vinto.
Venendo invece all'aspetto extra-sportivo riguardo le Olimpiadi ricordo che ci furono tante polemiche per gli alloggi e il cibo, tu come l'hai vissuta?
L’atletica è uno degli ultimi sport alle Olimpiadi e per questo noi siamo arrivati tra gli ultimi. Siamo arrivati dopo gli altri e prima di entrare avevo sentito tante cose: ‘si mangia male’, ‘i letti sono scomodi’. Ma come è possibile: è una Olimpiade? Come è possibile che mancano le proteine? Una volta che sono arrivata lì. A livello di cibo c’era di tutto e di più. Ovviamente non è che puoi pretendere il ristorante stellato, ma si mangiava bene. Poi tutto questo caldo nemmeno l’ho sentito, io dormivo con il piumone. La gente si attacca alle piccole cose per giustificare la prestazione, qualcosa che non va. Sono andato male perché ho mangiato male. Ma sei tu che hai mangiato male. La pasta in bianco c’era, il pollo c’era. Non è che ti mangi la bolognese prima di una gara. Dipende sempre tutto da noi.
Poi hai avuto modo di incrociare due dei tuoi idoli.
Si è stato bellissimo. Giravo e vedevo un mondo. Ho incrociato Serena Williams, il mio idolo da una vita, mi sembrava un universo parallelo. L’ho guardata da lontano, le ho detto: ‘ti amo’. Ma non mi ha sentito. Io vedo più la persona dell’atleta, vedo quello che ha fatto e per me Serena è leggendaria. La metto davanti a tutti perché è l’emblema dell’atleta. Ho visto fuori dal villaggio LeBron James, un altro che mi piace un sacco. Mi era andata bene perché ho beccato i miei due preferiti.
Uno sportivo molto importante, uno che ha fatto la storia una volta ha detto: "Sognare è necessario, anche se nel sogno va intravista la realtà". Tu come ti poni?
Bisogna essere obiettivi. Se pensi il mio limite è vuole dire che già te lo sei messo. Se ti metti come limite 10.80, non fai 10.79 ma 10.90. L'unico limite che ti puoi mettere è quello che ti metti tu da solo. Tre anni fa c'erano i Mondiali indoor a Belgrado, realizzai un'intervista per la federazione dicendo che sarei voluta arrivare in finale. Cosa che mai nessun'italiana aveva fatto. Mi dissero che forse avevo alzato troppo il tiro. Tre anni dopo li ho vinti. Quando hai un obiettivo grande quasi sembra incredibile anche solo dirlo. Sarebbe incredibile dire che una donna italiana possa disputare una finale dei 100 metri. Ora spero di diventare la prima in finale ai Mondiali.

Purtroppo ti è anche capitato di vivere episodi di razzismo, l'Italia è un paese razzista?
Il razzismo c’è ovunque ma in certo posti è più evidente. Il problema secondo me è che se ne parla poco e se ne parla solo quando ci sono determinate situazioni. Quella volta che mi capitò quell’episodio a Roma ero con mia sorella e con degli amici. Lì una donna mi disse: ‘Sporca negra'. Io mi arrabbiai. Le dissi: ‘A me puoi dirlo, ma non posso stare zitta'. Io non vorrei mai dare un esempio sbagliato né ai miei figli né a mia sorella e non bisogna stare zitti. Perché in Italia si pensa che bisogna essere superiori, ma bisogna dire le cose come stanno. Quando una persona fa una cosa brutta glielo devi fare capire.
Sei anche nota per i tuoi look che cambi spesso, come mai?
Ogni gara è diversa e per me è come entrare in un personaggio differente. Ogni gara cerco sempre interpretarla in base a come vorrei atteggiarmi, come vorrei interpretare a volte ho avuto le extension rosse, perché magari voglio interpretare una donna sicura di sé, a volte sono andata in gara con due codini perché volevo essere più spontanea. Le gare sprint tra quelle dell'atletiche sono le più creative, ogni gara è diversa e va interpretata in modo diversa, quello è anche il nostro palcoscenico.