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L’Italia della pallavolo domina perché abbiamo trovato la ricetta perfetta (a differenza del calcio)

Gli azzurri del volley sono ancora campioni del mondo: una vittoria che suggella un modello ben preciso e conferma come la strada intrapresa sia quella giusta. Finanziamenti, progetti e sviluppo dei giovani: come funziona il sistema Italia.
A cura di Nicolo Piemontesi
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L'Italia è ancora sul tetto del mondo: un altro titolo che conferma la supremazia azzurra in questo sport. La vittoria per 3 set a 1 contro la Bulgaria ha regalato l'ennesima gioia a Ferdinando De Giorgi, che porta il suo bottino a cinque mondiali vinti: tre da giocatore e due da commissario tecnico. Un successo che ha portato anche l'Italia a quota cinque e ha conferito a De Giorgi il soprannome di "uomo mondiale", visto che era presente ogni volta che il trofeo è stato sollevato. Mentre questa Nazionale vince e trionfa, sia nel maschile sia nel femminile (anche loro campionesse del mondo) viene spontaneo il paragone con un'altra Italia, quella del calcio.

Ci si chiede quindi come sia possibile che in questo sport si domini, sia a livello di club, sia di nazionale, mentre nel calcio si faccia fatica anche solo a qualificarsi al Mondiale, non parliamo di vincerlo. Da una parte si collezionano successi: i mondiali vinti o l'oro olimpico della squadra femminile per citarne alcuni, dall'altra invece i continui cambi in panchina non sembrano portare i frutti sperati. Anche a livello di campionato, la Serie A1 femminile e la Superlega maschile sono ritenute tra le più competitive e attirano grandi talenti, dal mondo del calcio, invece, la Serie A ha perso appetibilità, soprattutto rispetto agli anni '90, e l'ultima finestra di mercato ha regalato ai tifosi cognomi altisonanti, che però hanno superato l'apice della loro carriera.

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I numeri a confronto: pallavolo con meno iscritti, ma più qualità

Più il bacino è ampio, più dovrebbe essere facile scovare potenziali talenti. Dovrebbe, perché prendendo a paragone questi due sport, la teoria sembra essere smentita. In Italia infatti i tesserati nel mondo del calcio sono più del triplo rispetto a quelli della pallavolo. Secondo le ultime stime disponibili, infatti, sarebbero 359.304 gli atleti iscritti alla FIPAV, mentre per la FIGC non è ancora stato rilasciato il numero relativo all'anno corrente, quello più recente, però, indica 1.131.906 tesserati. Gli ultimi successi ottenuti in campo mondiale e olimpico hanno aumentato e aumenteranno il prestigio dello sport, che però, basandoci sui soli numeri, resta ancora un passo indietro rispetto al calcio. Viene quindi normale chiedersi come sia possibile che, vista questa differenza di numeri e di seguaci, il movimento della pallavolo si sappia confermare e continui a dominare, mentre quello calcistico rischi ancora una volta di non qualificarsi ai mondiali.

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Lo sviluppo della pallavolo in Italia: un lungo processo, non un miracolo

La soluzione si trova nella struttura e nella pazienza della federazione nel costruire. Non è un movimento che ha vissuto un miracolo sportivo, bensì un lungo progetto che ora dà i suoi frutti e che ha portato l'Italia maschile a vincere due mondiali di fila. Non sono solo i giocatori a spopolare, anche i tecnici nostrani sono tra i più richiesti. Basti pensare che al Mondiale appena concluso, 10 panchine erano affidate a CT italiani, mentre a quello femminile erano sette, un vanto per il movimento che dimostra l'importanza nel mondo della scuola azzurra.

La scuola italiana è stata in grado di fondere tecnica e tattica alla necessità di essere perfetti, anche dopo le vittorie si ricerca sempre un modo per migliorare, per essere pronti alle prossime sfide e al futuro. Proprio come successe dopo le Olimpiadi di Tokyo 2020, quando l'Italia visse un vero ricambio generazionale. La squadra passò da Blengini (attuale tecnico della Bulgaria) a De Giorgi e i giocatori che allora erano giovani divennero da subito i veterani. Non è stato solo un semplice passaggio di consegne, ma un vero e proprio simbolo che dimostra come la Nazionale sappia rinnovarsi pescando da un bacino di giovani talenti che militano nei club nostrani e che sono pronti per fare il grande salto e vestire il tricolore.

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I giovani della pallavolo tra finanziamenti e modello "Club Italia"

Passa tutto da qui, dal progetto impostato ormai da anni dalla federazione per migliorare e massimizzare lo sviluppo dei giovani e dello sport. Vengono guidati e accompagnati già dal primo approccio con la pallavolo. Si inizia tutti allo stesso modo, a meno che ci sia già una passione, e i primi passi spesso si muovono a scuola. Questo grazie a progetti e piani sviluppati proprio dalla FIPAV, per rendere la pallavolo un momento ludico, ma sano durante le ore di attività fisica.

Tra livello dei campionati e strutture d'allenamento all'avanguardia, i giocatori più giovani si sviluppano nel miglior modo possibile. Passando dalle partite delle nazionali minori, un modo per farli cimentare contro altre squadre di alto livello e maturare esperienza internazionale, fino ai fondi che le società investono. A coronare il tutto c'è il "Club Italia", la massima espressione della volontà della federazione di puntare sui giovani. Quello femminile nacque nel 1998 con il preciso scopo di radunare le migliori giocatrici italiane di prospettiva, farle convivere, allenare e giocare insieme partendo dalle categorie cadette (quest'anno disputerà la Serie A2) così da poterne seguire la crescita da vicino e formarle come un gruppo già pronto per fare il salto in Nazionale. Il corrispondente maschile, invece, ha avuto meno fortuna: è stato chiuso nel 2019 per poter concentrare tutti gli sforzi sul modello femminile, fermo fino ad allora, che è diventato la spina dorsale dell'Italia.

Non è solo con i "Club Italia" che la FIPAV ha voluto proteggere e definire il suo progetto a lungo termine. Per tutti quelli che non riescono ad accedere a questa squadra-nazionale restano però le squadre di club più classiche come rampa di lancio. Da anni, infatti, vige una regola ben precisa, che spesso sentiamo anche citata sul fronte calcistico, per le squadre infatti c'è l'obbligo di avere almeno tre italiani in campo. Una "restrizione" che favorisce però la ricerca e il continuo sviluppo di talenti nostrani, anche perché su sei titolari doverne averne tre indica che metà squadra è a trazione azzurra. Un mix tra regolamenti, finanziamenti e strutture che sta portando l'Italia a godere dei frutti di un modello ben preciso e non a vivere un miracolo sportivo.

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