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Lucchetta racconta cosa fece quando Berlusconi scese negli spogliatoi: “I miei compagni scandalizzati”

Andrea Lucchetta svela un episodio risalente a quando militava nella Gonzaga Milano, di cui era presidente Silvio Berlusconi: “I miei compagni erano scandalizzati”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Primo capitano della leggendaria Italia di pallavolo della ‘generazione di fenomeni' a cavallo degli anni '80 e '90, oro mondiale ed europeo, bronzo olimpico, e plurititolato anche coi club in cui ha giocato (Modena, Milano e Cuneo, oltre a Roma a fine carriera), Andrea Lucchetta a 61 anni è sempre sulla cresta dell'onda, e mai termine fu più adatto per chi ha fatto dell'iconico taglio di capelli un tratto distintivo unico. Il trevigiano ostenta la stessa cresta, oggi un  po' ingrigita, anche adesso che è apprezzata seconda voce delle telecronache Rai sulla pallavolo. Fucina di aneddoti, Lucchetta ne racconta uno su Silvio Berlusconi, negli spogliatoi dell'allora Gonzaga Milano.

Il centrale veneto si era trasferito nel 1990 nel club di proprietà della Polisportiva Mediolanum, società del gruppo Fininvest, dunque con a capo l'allora rampantissimo Berlusconi, che di lì a poco sarebbe sceso in campo in politica. "Il giorno in cui è morto mi è costato un po' di followers – dice oggi ‘Lucky' – perché ho postato delle mie foto con lui. Ma io posso solo ringraziarlo: non c'entra la politica, era il mio presidente".

Andrea Lucchetta è una delle voci più riconoscibili della Rai
Andrea Lucchetta è una delle voci più riconoscibili della Rai

"Ricordo che una volta scese negli spogliatoi, tutto sorridente, e ci venne a fare i complimenti perché avevamo vinto in rimonta da due set a zero – ricorda Lucchetta a Repubblica – Io ero in asciugamano, appena uscito dalla doccia, e andai a dargli due pacche sulla spalla: ‘Porta bene il ragazzo, deve venire più spesso', gli dissi. I miei compagni erano scandalizzati: ‘Ma è matto Lucchetta che ha toccato Berlusconi?'. Il mio modello era John McEnroe. Non perché spaccasse le racchette, ma per il suo modo di essere personaggio. Io volevo dare spettacolo tecnicamente e, allo stesso tempo, giocare con il pubblico, coinvolgerlo. All'epoca far accettare questo lato di me fu difficoltosissimo: volevano tutti l'atleta musone, serio, concentrato. È stata dura".

L'approccio scanzonato al mondo Lucchetta se lo è portato appresso anche dopo aver finito di schiacciare infiniti palloni nei palazzetti: "Come mi definisco? Semplicemente Lucky, un ragazzo fortunato. Dopo aver smesso ho aperto un centro ludico motorio-ricreativo. Per dieci anni ho fatto l'animatore alle feste: volevo prima conoscere le nuove generazioni per poi capire come aiutarle a crescere, nello sport e nella vita. Se mi sento una leggenda? No, no, no, no, né tanto meno un idolo. Quello dei fenomeni poi è un titolo giornalistico, io ero il capitano di una squadra di minatori. Sono un comunicatore, un umile animatore. Sono Lucky Skywalker, il cavaliere Jedi del sorriso".

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