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Opinioni

Netflix, Beef – Lo Scontro è già la serie più imperdibile dell’anno

Beef – Lo Scontro è la nuova serie Netflix dai produttori di Everything Everywhere All At Once. Ad accomunare i due titoli, soltanto l’assoluta qualità di scrittura, dialoghi e interpretazioni. Tra violenza, commedia e introspezione spinta, potremmo essere già di fronte alla serie dell’anno.
A cura di Grazia Sambruna
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Si sente dire spesso che Netflix sia il regno delle serie commerciali, nell’accezione meno positiva del termine. Per quanto fiocchino titoli squisitamente teen e blockbuster, nella maggior parte dei casi con buona pace della qualità, sulla piattaforma della grande N è arrivata una nuova produzione che ha tutte le intenzioni, nonché i meriti, di ribaltare tale assioma. Beef – Lo scontro si snoda per dieci episodi di puro intrattenimento. Intrattenimento che corre su molteplici chiavi di lettura: violenza à-la Fargo, introspezione psicologica, follia, commedia, crimini e universali connessioni tra ignari individui che pensano di condurre un’esistenza a sé stante. Prodotta dalla A24, la stessa che ha regalato al mondo il film acchiappa-Oscar Everything Everywhere All At Once, Beef – Lo Scontro parte da un semplice diverbio nel parcheggio di un discount. E diventa, a oggi, la serie più imperdibile dell’anno.

È del 2020 Il Giorno Sbagliato, lungometraggio con protagonista un rissoso Russel Crowe che, in seguito a un infinitesimale tamponamento nel traffico, decide di rovinare la vita alla donna rea dell’offesa perché non si era presa nemmeno un secondo per chiedergli scusa. In Beef – Lo Scontro, il pretesto che dà l’innesco alla trama è molto simile. Ma le somiglianze finiscono lì. I due personaggi principali sono Danny Cho (Stephen Yeun, già visto in The Walking Dead nonché candidato all’Oscar nel 2021 per Minari) e Amy Lau (la celebre stand up comedian Ali Wong). Il primo è un tuttofare che si arrabatta come può per tirare a campare, nato per subire, stanco di subire. La seconda, invece, è milionaria: ha una vita perfetta, una famiglia perfetta, una casa da urlo e un’attività commerciale più che fiorente. Sempre gentile e zen verso gli altri, ci sono enormi crepe che minano l’apparenza dorata dietro cui ha imparato a nascondersi così bene. Nata per subire, stanca di subire. In comune questi due non hanno niente. Oppure, in fin dei conti, tutto. Però, si odiano.

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Si odiano senza una ragione plausibile: si sono semplicemente mandati al diavolo in un parcheggio senza nemmeno vedersi in faccia. Ma questo piccolo incidente di percorso porterà a una escalation di dispetti, ripicche e brutalità vicendevoli fino alla deflagrazione della più dirompente e cieca violenza. Beef – Lo scontro è una serie dramedy: si ride, ma si resta anche col fiato sospeso, di puntata in puntata, cercando di immaginare dove e come i due bizzosi protagonisti andranno a finire. O se prima o poi si fermeranno. “Succede sempre qualcosa” è una frase che viene ripetuta spesso, a più voci, nella prima puntata. E infatti sì, ogni giorno “succede sempre qualcosa” che tutti lasciamo passare in fanteria per quieto vivere, perché non è un problema, perché è così che si fa. I piccoli fastidi quotidiani qui si trasformano in silenti granate senza spoletta che, oramai da anni, aspettano solo di esplodere, in qualsiasi momento.

Lo showrunner Lee Sung Jin ha rivelato come la storia di Beef – Lo Scontro derivi da un fatto personale: “Una volta ho seguito per 30-40 minuti un tizio che mi aveva mandato a quel paese in macchina. Avrà sicuramente pensato che fossi un pazzo, che lo stessi pedinando. Non so perché l’ho fatto”. Intanto, nell’attesa che Netflix decida di dare il via a The Beef 2, Sung Jing ha già le idee chiare: “Inizialmente, pensavo a una serie autoconclusiva, ma ora ho bene in mente come far proseguire la storia, in modo che diventi una trilogia”. Tocca sperare che accada.

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Tocca sperare che accada perché questa serie è un pugno in pieno volto, quel tipo di gancio che, però, è anche in grado di risvegliare dal torpore dello streaming passivo. È una storia di vita e follia, di maschere e affetti insinceri, di mancanza di comunicazione ed estreme conseguenze. A impreziosire il quadro, i titoli onirici di ogni puntata (“Gli uccelli non cantano, gridano di dolore”) e le meravigliose canzoni da Millennials che chiudono ogni episodio riportando alla memoria, a sorpresa, gli Hoobastank come i sempre amatissimi Linkin Park. Se siete alla ricerca di un senso, di sicuro non lo troverete qui. Ma Beef – Lo Scontro, oltre alle bizzarrie e a qualche perdonabilissima lungaggine, vi farà sentire meno soli sulla via.

Dentro le case, nelle anime degli altri, di molti altri, a prescindere dalle loro contingenze, c’è molto più di ciò che mostrano all’esterno. Non sempre, sono belle cose. Ma, almeno, sono vive e scalpitano, reclamano un’ora d’aria dalla grigia prigione in cui i limiti (auto)imposti le carcerano. Beef – Lo Scontro mostra le contraddizioni, le battaglie inutili che scegliamo di combattere, in primis con noi stessi, i rapporti umani che manteniamo per abitudine o per dovere, la fatica, lo spreco di tempo che investiamo in una vita che quasi mai sembra appartenerci davvero. E le possibili, terrificanti vie d’uscita da tutto questo. Finale esplosivo, ultimissima puntata da decriptare, lisergica, brutale ma senza dubbio  splendida. Sui titoli di coda, verrete travolti da una rinnovata voglia di rischiare. E quando una serie ci riesce, ovvero arriva a parlare direttamente allo spettatore, ha vinto. Una seduta di terapia in 10 folli puntate. “Succede sempre qualcosa”, sì. E finalmente si tratta di qualcosa di straordinario.

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Sto scrivendo. Perennemente in attesa che il sollevamento di questioni venga riconosciuto come disciplina olimpica.
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