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Opinioni

Caleidoscopio è una Casa di Carta con troppe pretese nonostante le 40.320 combinazioni di visione

Caleidoscopio è la serie Netflix di cui tutti parlano per via della sua struttura mai sperimentata prima: lo spettatore può scegliere l’ordine degli episodi, senza alterare la storia narrata, ossia quella di una rapina milionaria realmente accaduta a New York. Oltre all’originale meccanismo di fruizione, ciò che resta è una Casa di Carta che cerca disperatamente di autolegittimarsi come qualcosa di più.
A cura di Grazia Sambruna
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Sbarca su Netflix una serie tv diversa da tutte le altre, anzi, unica nel suo genere. E già questa potremmo considerarla un'ottima notizia. Caleidoscopio è, sulla carta, una delle novità più interessanti di questi primi giorni dell'anno, lato proposte streaming. Se possiamo definirla così non è grazie a trama e contenuti, ma in virtù della sua stessa struttura, mai sperimentata prima: lo spettatore è libero di fruire la serie come preferisce, selezionando da sé in quale ordine seguire gli episodi. Ognuno ha per il titolo il nome di un colore che rappresenta quelli della subway di New York, città in cui si snoda la trama.

Tratta da una storia vera, narra dinamiche, preparazione, intrighi e conseguenze di un furto tanto clamoroso  quanto "impossibile". Caleidoscopio è solo un bel divertissement di tecnica autorale oppure guardare una serie senza vincoli sull'ordine degli episodi regala davvero qualche sussulto in più allo spettatore? A prescindere dall'innegabile ambizione del progetto, è questa la domanda da porsi, anche per capire se tale produzione sarà la prima della sua specie, oppure solo un tentativo di sperimentazione destinato a essere dimenticato in fretta. Tutto sommato, ci sono buone ragioni che farebbero propendere più per la seconda opzione.

Classica trama da hustle movie, Caleidoscopio racconta una storia che abbiamo già visto e sentito più volte: c'è la mente del colpo, il sempre sublime Giancarlo Esposito nel ruolo di Ray Vernon alias Leo Pap, il suo "antagonista", l'ex ladro Roger Salas, a capo della sicurezza di un caveau miliardario e i loro scagnozzi che si muoveranno per rendere possibile o contrastare la rapina del secolo. Ogni personaggio, a partire dai due protagonisti, ha motivazioni personali ben approfondite che contribuiranno alla riuscita (o meno) del progetto criminale. A livello di scrittura, tra i meriti della serie, impossibile non sottolineare la cura dimostrata nel rendere le loro personalità tutto fuorché bidimensionali: sapremo ogni cosa di protagonisti e comprimari, a partire dalle più profonde motivazioni che li spingono, così da rendere più chiari e coinvolgenti anche intrighi e sotterfugi fratricida.

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Premesso ciò, l'impressione generale che si ha sia scorrendo gli episodi che a fine visione, è che Caleidoscopio sarebbe stato un buon film. Se l'originale struttura sulle prime di sicuro incuriosisce, di puntata in puntata, a prescindere dall'ordine scelto, spuntano lungaggini e ripetizioni che alla lunga, poco meno di otto ore, ne appesantiscono la godibilità. Ogni episodio, per esempio, comincia dal punto di vista di uno dei personaggi e su di lui si snoderà, come fosse (e infatti è) un inizio a sé stante. Peccato solo che, non importa il nostro punto di partenza selezionato, alcune informazioni le abbiamo già, altre servono a poco e, tutto sommato, questi incipit retorici con voce narrante introspettiva che snocciola qualche luogo comune sul crimine, si erge come primo grande scoglio allo scorrere della storia. Anche perché la allunga mortalmente.

L'idea dello showrunner Eric Garcia è apprezzabilissima, come lo era stata quella di Charlie Brooker quando ideò Bandersnatch, l'episodio interattivo di Black Mirror in cui era lo spettatore a scegliere come sarebbe andata avanti la trama intervenendo su azioni e reazioni dei personaggi. Per quanto, in quel caso, il meccanismo avesse entusiasmato molto per originalità, non abbiamo più visto, dal 2018 a oggi, serie o puntate costruite in quel modo. Bandersnatch è rimasto, dunque, un unicum nel suo genere, ma anche un bell'esperimento stilistico-concettuale e nulla più.

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Se a Caleidoscopio, del resto, si toglie la sua particolare struttura, ciò che resta è una Casa di Carta (per quanto decisamente meglio girata e recitata) che cerca disperatamente di autolegittimarsi come qualcosa di più. Purtroppo, però, non lo è. La serie propone tutti i topoi e i cliché tipici dell'hustle movie, regalandoci intrighi e criminal furbate che siamo abituati a vedere già da ben prima di Ocean's Eleven. A prescindere dall'ordine scelto per la visione, poi, il risultato non cambia: l'inizio e il finale restano i medesimi, così come anche i "cattivi" e i "buoni". La storia è una e una soltanto e non è possibile, nonostante le 40.320 combinazioni di visione attuabili, approdare a snodi differenti. Forse uno sforzo di sceneggiatura in tal senso avrebbe reso l'intera operazione più interessante.

Caleidoscopio, alla stregua di Bandersnatch, verrà ricordata, forse come un esperimento che andava pur fatto, soprattutto in un panorama di offerte seriali che tendono al becero copia-e-incolla, ma la struttura "on demand" è forse anche il principale difetto del progetto. Fatte salve alcune scene d'azione davvero brillanti, i dialoghi tra i personaggi, inevitabili per sostenere il machiavellico meccanismo che sta alla base dell'intera produzione, contravvengono fin troppo spesso alla prima regola base di qualunque narrazione audiovisiva: "Show, don't tell!" ("Mostra, non raccontare!").

Sussulti, sbadigli e qualche domanda che rimane senza risposta, la via di Caleidoscopio è lastricata di buone intenzioni. Però, rischia di rimanere più che un unicum, un vero e proprio vicolo cieco. Soppesando lo sforzo creativo da parte degli autori e la fatica, fin troppo spesso non ricompensata, degli spettatori, viene da dubitare fortemente che il progetto potrà avere eredi o assurgere a pioniere di un nuovo modo di raccontare la serialità.

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Sto scrivendo. Perennemente in attesa che il sollevamento di questioni venga riconosciuto come disciplina olimpica.
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