Zuppi a Propaganda Live: “Trump mi piace se lavora sulla pace. La cristianità in Italia? È finita ed è un dato di fatto”

Il cardinale e presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi, è stato intervistato da Diego Bianchi per Propaganda Live. I messaggi che sono venuti fuori da questa intervista molto interessante sono messaggi che difficilmente si riesce ad ascoltare altrove. Zuppi è stato molto franco soprattutto sul fatto che "la cristianità in Italia è finita", in relazione al fatto che sia finita come sistema culturale primario. La parola d'ordine è: "Dobbiamo imparare a convivere". Messaggi anche su Trump: "Se lavora per la pace, mi piace".
La Chiesa nei territori di guerra: non neutralità ma parte delle vittime
Quando Bianchi lo incalza sul ruolo della Chiesa nei conflitti in corso, Zuppi traccia una distinzione fondamentale. L'opera umanitaria prosegue senza sosta, dalle parrocchie di Gaza alle zone martoriate dell'Ucraina. Il tessuto di solidarietà coinvolge non solo le strutture ecclesiastiche tradizionali, ma una rete capillare di associazioni e volontari che costituiscono la vera ossatura dell'intervento cattolico nelle aree di crisi.
Ma è quando parla della posizione politica della Chiesa che il cardinale usa parole che meritano attenzione. La Santa Sede può offrirsi come spazio neutrale per il dialogo, come ha proposto Papa Francesco invitando le parti a guardarsi negli occhi, a confrontarsi in un luogo dove l'unico obiettivo è costruire la pace. Eppure, precisa Zuppi con una distinzione che svela la complessità della questione, la Chiesa non è mai davvero neutrale. Si schiera sempre, inevitabilmente, dalla parte delle vittime.
Con la CEI e con Pizzaballa abbiamo pensato di aprire quanto prima un ospedale e Gaza. Papa Leone l'ha detto, venite da me, guardatemi negli occhi. Solo con il dialogo ci si può cominciare a capirsi. Lui ha offerto la Santa Sede come un luogo neutrale dove interessa soltanto la pace. Chiaro, i problemi sono un po' più complicati.
"Il demonio esiste ed è geometrico"
Alla domanda sull'esistenza del demonio, Zuppi non si rifugia in risposte teologiche astratte. Indica la guerra come prova tangibile del male nel mondo: "Che non è volontà del Signore, anzi siamo molto molto lontani. Ma l'uomo è libero, e questo è il momento della forza". Il cardinale richiama il momento storico successivo alla Seconda Guerra Mondiale, quando l'umanità aveva scelto di cercare soluzioni condivise, di costruire istituzioni che impedissero il ripetersi dell'orrore. Quella lezione sembra dimenticata, a sentire le parole di Zuppi. La forza genera forza con una progressione che il presidente della Cei definisce geometrica, non aritmetica. Non è un accumulo lineare, ma una moltiplicazione esponenziale che rischia di travolgere tutto. E cita Papa Francesco:
La forza produce forza, è geometrico, una Terza Guerra metterebbe in discussione l’umanità e a pezzi c’è già. Sembrava un’esagerazione quando ne parlava Papa Francesco. L’errore è pensare che ci siano cordoni sanitari e confini.
L'elogio inatteso a Donald Trump
Zuppi, poi, fa un'apertura inattesa a Donald Trump, anche se non nasconde le distanze profonde su molti temi, a partire dalla gestione dei migranti. Ma riconosce un merito al presidente americano: "Ha sparigliato e bisogna dargli atto che ha riaperto i giochi. Sono molto distante su tante cose, a cominciare dall’accoglienza migranti, ma se lavora per la pace mi piace". In questo ragionamento emerge anche una critica implicita all'Europa, descritta come assente nelle crisi internazionali, incapace di incidere sui processi decisionali che contano. Un continente che "non tocca palla" mentre altri attori ridefiniscono gli equilibri globali.
La critica all'Italia
L'analisi che il cardinale fa dell'Italia contemporanea non risparmia colpi. Descrive un paese imprigionato dalla paura, con lo sguardo rivolto al passato invece che al futuro. Una società di individui isolati che, pur disponendo di mezzi e possibilità, sceglie la conservazione invece dell'apertura. L'Italia che emerge dalle parole di Zuppi è una nazione anziana non solo demograficamente, ma soprattutto mentalmente. Un paese che ha perso la capacità di immaginare il domani. Queste le parole di Zuppi:
Siamo un paese di persone isolate, che ha tanti mezzi e possibilità e pensa di potersi conservare, ma è più anziano e non ha futuro, un paese più chiuso che ha anche tanta umanità. La paura è un segnale che va capito e merita risposte, se non le dai allora la paura diventa consigliera molto cattiva.
La fine della cristianità: un dato di fatto da cui ripartire
Forse la dichiarazione più coraggiosa di tutta l'intervista riguarda lo stato del cristianesimo in Italia. Zuppi non usa mezzi termini: la cristianità nel nostro paese è finita. Non è una valutazione che gli piace, ma è la realtà dei fatti che va riconosciuta. Di fronte alle crescenti tensioni legate all'islamofobia e alla polarizzazione dei conflitti, il cardinale richiama un principio fondamentale: dobbiamo imparare a convivere. Essere cristiani significa avere rispetto per tutti, senza eccezioni. La fine della cristianità come sistema culturale dominante non rappresenta, nella visione di Zuppi, una sconfitta ma un'opportunità. Permette di riscoprire l'essenziale, di concentrarsi su ciò che conta davvero: costruire comunità dove sia possibile vivere concretamente il Vangelo, non come tradizione da difendere ma come esperienza da incarnare quotidianamente.