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Drag Race, Enorma Jean: “Uscita per fare spazio alle altre, nella vita combatto lo stigma dell’HIV”

Davide Gatto, la drag queen Enorma Jean di Drag Race Italia, apre le porte della sua casa a Fanpage.it: l’uscita dal programma, la lotta allo stigma dell’AIDS, i problemi in famiglia dopo il coming out e l’amore per il marito Oliver: “Non sono omosessuale, sono omoaffettivo”.
A cura di Andrea Conti
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Davide Gatto ha rivoluzionato la sua vita più volte prima di incontrare Enorma Jean che ha sconvolto la sua vita, in meglio. La drag queen protagonista di Drag Race Italia che ha fatto molto discutere e se n'è andata in seguito ad un provvedimento disciplinare, si è raccontata senza filtri a Fanpage.it.

Il coming out, lo shock in famiglia, il rapporto con la madre e con il padre poi scomparso. Un dolore, la perdita del padre, che Davide ha affrontato con uno stato depressivo profondo fino a contrarre l'Aids. Oggi di sieropositività non si muore e Davide con la sua partecipazione allo show di Discovery+ ha voluto mandare un messaggio forte e chiaro: “Condividete tutto con la vostra famiglia”.

Perché hai partecipato a Drag Race Italia?

Sono sempre stata coerente e non ho partecipato per visibilità. Questo programma per me è stata una chiamata alle armi e una grande responsabilità. Penso di averlo dimostrato e mi sembrava di essere uscita in maniera coerente per chiudere un percorso enorme.

Cosa ti ha fatto più male della eliminazione?

Il plebiscito nel richiedere un provvedimento disciplinare. È ovvio che da un punto di vista umano non è una cosa simpatica, ma quello è lo spaccato di un mese in cui noi 8 concorrenti ci siamo conosciute e siamo state buttate in mare a nuotare. Stava diventando l'Enorma Drag Race, rra giusto me ne andassi per dare spazio alle altre.

Qual è il tuo bilancio?

Spero che Enorma sia stata capita dai ragazzi più giovani, che a volte se la prendono con le boomer con le parrucche e non si rendono conto di aver visto la generazione prima. Io negli Anni 90 non ho visto la generazione precedente. Quindi ben vengano i confronti.

Hai litigato infatti con le più giovani dentro Drag Race Italia, non è un caso.

Non avendo avuto figli penso che queste divergenze con i ragazzi più giovani sono le stesse che hanno i genitori con i propri figli. Quindi ci sta che dicano: ‘Ehi tu! Fatti più in là‘.

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Come hai affrontato i pregiudizi per il tuo essere drag queen?

Vivo da 15 anni con un anglosassone. In quei Paesi le drag sono considerate ‘di famiglia' e fanno parte della loro cultura. Io sono stata fortunata, mio marito non è scappato ma mi ha supportato. Per quanto riguarda la mia famiglia è stato tutto diverso.

In che senso?

Mia mamma mi ha detto: ‘Ma con tutti i talenti che hai perché ti vuoi travestire da donna?'. Insomma non tutti hanno capito la situazione. Ancora oggi mia madre fa fatica a pronunciare il nome di Enorma.

Qual è il “duro” lavoro dietro alla professione di Drag e le parti divertenti?

La parte più difficile è la netta differenza tra persona e personaggio. Più porti avanti la maschera della drag, più diventa serio il problema di trovare un equilibrio interiore. È fondamentale trovarlo. Io sono molto credibile da uomo così come da donna, possiamo quindi parlare di fluidità. Enorma dalla sua porta anche un messaggio importante come quello della sieropositività. Spero che lei possa essere compresa dalle nuove generazioni.

Cos'è successo in famiglia quando hai detto di essere gay?

Vivevo con la mia famiglia in una casa nelle risaie, quindi vi lascio immaginare il contesto. L'ho rivelato nel 1993 e non l'hanno presa bene. Io e mia sorella facevamo parte dell'associazionismo cattolico. Facevamo volontariato, portavamo gli abiti usati per le missioni in Africa. Insomma è stato uno choc culturale per tutti loro perché lo splendido figlio maschio era gay, inaccettabile per una famiglia di origini meridionali. Negli anni ho tentato di far capire che non ha importanza con chi si va a letto, ho solo deciso di vivere la mia vita. Non sono omosessuale, sono omoaffettivo.

Il tuo compagno Oliver piace alla tua famiglia?

Ovviamente sì perché sembra un modello biondo della Nuova Zelanda con gli occhi azzurri, alto più di un metro e novanta. Mia nonna, morta lo scorso anno a 94 anni, era analfabeta ma lo amava. Lei che non sapeva nemmeno dove fosse la Nuova Zelanda, lo chiamava “l'americano”.

Davide Gatto con il marito Oliver
Davide Gatto con il marito Oliver

Qual era il rapporto con tua madre e tuo padre?

Complicato. Mio padre era spaventato dall'amore fra due uomini, l'ha combattuto finché non è morto.  Resta il suo essere follemente innamorato del figlio e, dalla mia, il fatto che io lo abbia sempre amato. Mia madre ha dei limiti, come io per lei ho altri limiti. Lo riconosco e ho imparato ad accettarlo. Mia sorella mi adora e le mie nipotine ovviamente sono incantante dal mio compagno (ride, ndr).

La morte di tuo papà e il desiderio di autodistruzione. Hai fatto pace con quel capitolo della tua vita?

Quel capitolo della mia vita non è una cosa che si può accantonare. Me lo ricorda la pillola che prendo tutte le sere alle 20.00 per la cura contro l'Aids. Quando mio padre è morto ho avuto la foga del senso di libertà, in realtà ero depresso, così ho vissuto una vita sregolata e sono andato a letto con chiunque. In questo modo ho preso l'Aids. Per me prendere il virus era l'ultimo dei problemi, tanto stavo già male.

Come hai affrontato la terapia?

Mi è stata diagnosticata al Sacco di Milano e ho trovato un servizio sanitario molto efficiente. Questo va detto. Mi sono affidato in toto alla scienza e ai medici. Sono qui, sono vivo, grazie alla scienza. Quando solo 30 anni fa si moriva di Aids.

Cosa vorresti dire a chi sta affrontando l'Aids?

Oggi la sieropositività non è una condanna morte. C'è un retaggio di angoscia che viene da decenni passati e da visioni novecentesche rispetto a quello che è oggi il decorso della malattia. Quindi se da una parte dico ‘state attenti non prendete l'Aids!' dall'altra dico ‘è una malattia che si cura con un farmaco salvavita e non abbiate paura, la scienza la tiene sotto controllo'. Non c'è l'obbligo di legge a rivelare la propria sieropositività, ma penso anche che vivere nel silenzio totale non vada bene. Per me è stato fondamentale dirlo al mio uomo e alla mia famiglia. Bisogna comunicarlo senza paura di essere giudicati e senza vergogna.

Dove sarà tra dieci anni Davide?

Farò tv, cinema, moda, sarò contemporaneamente al Vaticano e al Tg1, direttore di tutte le reti Mediaset, sarò forse sposato con Mark Zuckerberg perché mio marito inizia a essere troppo povero per me. Ah, ovviamente anche super amica di Papa Ratzinger.

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