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Renzo Arbore: “Berlusconi mi corteggiava, ma ho sempre scelto la Rai. Oggi capisco Fazio”

Renzo Arbore torna in Tv dal 4 gennaio, in seconda serata su Rai2, per raccontare la storia della musica italiana e internazionale. In questa intervista parla di Tv e di arte, due parole che non sono nemiche: “La cultura si può coniugare alla Tv”. E poi l’addio all’Orchestra Italiana: “Nel 2021 ho dovuto dolorosamente lasciare”.
A cura di Andrea Parrella
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Renzo Arbore e Gegè Telesforo per il nuovo programma su Rai2.
Renzo Arbore e Gegè Telesforo per il nuovo programma su Rai2.

Renzo Arbore torna su Rai2. L'occasione è quella di "Appresso alla musica: Premiata bottega di antiquariato musicale di Renzo Arbore", una serie di Rai Cultura che ripercorrerà la storia della musica italiana e internazionale della seconda metà del Novecento attraverso aneddoti, curiosità e contributi video inediti da trasmissioni passate di Renzo Arbore. Venti episodi in tutto, condotti con Gegè Telesforo, in onda da giovedì 4 gennaio alle 23.15. Renzo Arbore ce li racconta in questa intervista.

Torna in Tv con uno sguardo al passato. Lei la nostalgia in Tv in qualche modo l'ha inventata, prima che diventasse moda.

Feci il mio primo programma nostalgia per festeggiare i 60 anni della radio, si chiamava Cari amici vicini e lontani ed era il primo programma di questa tipologia fatto in Tv, facevamo 18 milioni di telespettatori. Consiglio sempre di guardare la Tv del passato perché è da lì che si impara, lì ci sono state le fondamenta della Tv buona, con velleità "artistiche", una parola che sembra far ridere se associata oggi alla Tv. Quelle velleità le avevano Antonello Falqui, Trapani, Romolo Siena, tutta gente che faceva una Tv artistica da conservare, che rimanesse. Io sono stato allevato da Walter Chiari, Lelio Luttazzi, la musica americana ed è di queste cose che parleremo.

Conoscere la storia, le basi, per poi improvvisare e creare. Perché è importante conoscere la Tv del passato?

Personalmente, io ho scardinato i criteri con cui fare la Tv e mi sono inventato la televisione jam session, quella improvvisata come il jazz. Dall'improvvisazione della parola sono nati Indietro Tutta, Quelli della Notte, ma se non sai il blues non puoi fare la jam session. Se non conosci le fondamenta, le rivoluzioni varie, non puoi pensare al futuro.

Cosa c'è che non va nel modo in cui la Tv ricorda il suo passato oggi?

La televisione fa prevalentemente teche, una cosa certamente lodevole, ma mi pare tutto molto spezzettato. Penso che la Rai, per fare servizio pubblico, dovrebbe mostrare ancora di più la Tv del passato, quella buona, creare dei percorsi, per stimolare la creatività di chi la Tv la deve fare, anziché comprare i format dall'estero.

Nel 2005, a Speciale per me, lei spiegava al pubblico come battere le mani in levare e già usava materiale d'archivio per mostrarlo. 

Io ho sempre fatto una Tv che dovesse durare, non ho mai fatto l'attualità e la satira politica, non parlavo di Andreotti e Fanfani, non facevo imitazioni che pure sono caduche: chi imiterebbe oggi D'Alema? Ho sempre provato a fare cose senza tempo, basandomi su quello che in America si chiama evergreen, sempreverde.

Per questo programma torna a lavorare ancora con Ugo Porcelli, autore con lei dei suoi programmi più noti. Come si struttura il vostro processo creativo?

Lui è friuliano e questo dice già molto della sua praticità. È un braccio fondamentale soprattutto perché è un giudice implacabile nel dirmi ciò che funziona e cosa no. La maggior parte delle volte ha ragione. Ci compensiamo straordinariamente, parliamo di Tv pure quando non la facciamo, anche negli ultimi mesi in cui lui mi ha aiutato a passeggiare. Oggi, data l'età parliamo più di cose da recuperare, inutile mettersi a parlare di rap e trap, cosa che sanno fare benissimo Amadeus e Fiorello.

E con lei ci sarà Gegè Telesforo.

Ormai è una presenza fissa, il mio maieuta. Lavora con me da quando aveva 18 anni, ha fatto parte delle mie orchestre, poi è diventato un grande jazzista.

Oggi si fa Tv da salvare? Guarda con curiosità ai nuovi talenti?

Certo, ma cerco anche di navigare molto su internet. Renzoarborechannel.tv resta una mia creatura di cui vado molto fiero e continuo a coltivare le cose che mi piacciono, mettendole nel mio canale. Internet è un territorio di sconfinata conoscenza da saccheggiare e navigare è una delle mie occupazioni principali. Mi metto lì a guardare vecchie cose, o cantanti messicani che avrei voluto conoscere.

Questo è stato un anno di grandi addii alla Rai, che lei non hai mai lasciato. È perché non sono mai arrivate offerte?

Certo che sono arrivate, mi hanno corteggiato e come. Il Cavaliere Berlusconi ci ha provato sonoramente, ma io non ho mai lasciato la casa madre.

Che idea si è fatto del caso Fabio Fazio?

Beh non è stato trattenuto e ha fatto bene, lo capisco. Con i risultati ha dimostrato che, ahimè, un gruppo di lavoro prezioso come quello non si può perdere. Ma la cosa non riguarda solo Fabio, anche Augias, Gramellini. È stato un esodo pazzesco e il recupero ora è facile, l'alternativa è trovare nuovi talenti ma adesso non è facile. Lasciami però dire una cosa.

Dica.

Vorrei spendere due parole su una cosa a me cara. Io ho dovuto dolorosamente lasciare l'Orchestra Italiana nel 2021, per ragioni d'età. È durata 30 anni e abbiamo fatto più di 1500 concerti, con una media di 60-70 eventi all'anno. Abbiamo portato in giro per il mondo la canzone napoletana che ormai era legata solo ai 78 giri e io ho pensato fosse necessario recuperare il patrimonio della musica più bella del mondo. Adesso sono state riscoperte da tutti, ma quando l'ho fatto io mi avevano dato del cartolinismo, invece io penso fosse un patrimonio dimenticato dalla fine del Festival di Napoli da riscoprire.

Il Festival di Napoli in un periodo faceva concorrenza a Sanremo, fa strano pensarlo, ci andava persino Gaber.

È così. Nel dopoguerra, alla radio, c'erano le rassegne di canzoni italiane e napoletane, quasi fifty-fifty, poi con il prevalere del Festival di Sanremo, la musica napoletana è stata molto confinata territorialmente. È un discorso che potrebbe essere esteso alla canzone umoristica, rimasta sostanzialmente a Carosone e che io in qualche modo recuperai con Il Clarinetto a Sanremo.

Il prossimo programma di Arbore in Tv?

Andiamoci piano, spero mi interpellino per festeggiare i 70 anni della Rai e i 100 della radio, procediamo passo passo. Ci tengo con questo progetto a sottolineare che sia Tv che radio possono essere artistiche.

Verso la Tv c'è sempre stato un certo snobismo, come se l'arte fosse qualcosa di lontano dal mezzo. 

Non è così. La cultura si può coniugare alla televisione, che ha diritto ad essere un po' artistica.

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