Peppe Vessicchio: “Sanremo è diventato il festival dei cantanti, non più delle canzoni”

Trent'anni di Festival, centinaia di arrangiamenti, una barba diventata iconica e la bacchetta più famosa d'Italia. Peppe Vessicchio – rigorosamente con la P, ci tiene a precisarlo – è molto più di un direttore d'orchestra: è un pentagramma vivente che ha attraversato tre decenni di musica italiana, assistendo alle trasformazioni del panorama musicale del nostro Paese. È un simbolo e un tormentone: "Dirige l'orchestra, il Maestro Peppe Vessicchio".
Come è cambiato Sanremo secondo Peppe Vessicchio
Il primo ricordo del maestro, rilasciato in una lunga intervista a La Stampa, risale al 1986:
Fu un'esperienza memorabile perché non c'era ancora l'orchestra dal vivo e i cantanti si esibivano su base registrate. Arrangiai Canzone triste di un giovane che si chiamava Adelmo Fornaciari. Ovvero Zucchero. Ero contento perché vedevo già Adelmo come un sognatore, un artista che voleva abbracciare il mondo con la propria musica. Oggi i giovani sono molto più pragmatici, lo impone il mercato. Sognano meno.
La rivoluzione dell'autotune e dei cantanti
Una trasformazione che Vessicchio osserva con occhio critico, soprattutto quando si parla di autotune: "Un congegno che permette a chi non ha le qualità vocali di dire la sua, semplificando le cose. Purtroppo, in egual misura, dismette un possibile talento del canto. Livella tutto, come diceva Totò. Rischia di tribalizzare un risultato". Insomma, il Festival contemporaneo non è più quello della canzone italiana, ma dei cantanti: "Della loro scenicità, della loro faccia. Un tempo si sceglievano le canzoni e poi le si abbinavano all'interprete. Oggi, il contrario". Il meccanismo si è completamente ribaltato: "È il protagonista. Addirittura al momento della scelta dei big in gara annunciano il nome del cantante, il titolo del brano viene dopo". Un cambiamento che riflette l'evoluzione del mercato musicale, dove l'artista come brand ha preso il sopravvento sulla composizione.
I ricordi più preziosi: da Whitney Houston a Ray Charles
Tra i momenti più emozionanti della sua carriera sanremese, Vessicchio custodisce ricordi di grandissimi artisti internazionali:
Attimi, dettagli di anni fa. Momenti indimenticabili furono la volta che ascoltai Whitney Houston alle prove pomeridiane, una di quelle cose che colpiscono al cuore noi musicisti. Oppure quando Ray Charles, dopo la sua interpretazione si sedette su una poltroncina per ascoltare con attenzione gli altri colleghi che neppure conosceva.
L'aneddoto su Elio e il futuro del Festival in Rai
Uno dei ricordi più divertenti riguarda gli Elio e le Storie Tese nel 1996: "Ero al seguito di Elio e le Storie Tese che proponevano La terra dei cachi. Decisero, per una delle loro meravigliose follie, di velocizzare il brano entro il minuto. Fu lì che capii il genio di Pippo Baudo che presentava il Festival. Ascoltò il brano e, invece di bocciare quello che poteva sembrare uno strafalcione, non bocciò l'idea, intuì subito la follia vincente degli Elii". La notte della finale riserva un ricordo esilarante:
Ricordo che la notte della finale stavo mangiando con loro in un ristorante di Sanremo in attesa del verdetto. La canzone era destinata a piazzarsi fra le ultime, invece arrivò a sorpresa seconda. Elio salì in piedi sul tavolo del ristorante urlando: vergogna, il Festival è truccato! Dovevamo arrivare ultimi e siamo secondi! Che genio comico e paradossale è.
Sul futuro della kermesse, Vessicchio non ha dubbi: "Non lo vedo trasmigrare su un'altra rete che non sia la Rai. Essendo soprattutto un programma televisivo, un meccanismo che genera pubblicità e punta all'auditel, l'ente di stato farà di tutto per tenerselo".