Antonio Albanese: “Basta con la cultura del lamento, serve un pensiero internazionale”

E alla fine arriva Antonio Albanese. Tra i padiglioni del Salone del Libro di Torino, dove presentava il romanzo "La strada giovane", l'attore ha lanciato una delle sue sferzate più dirette contro l'attuale clima culturale italiano. Non dei riferimenti diretti, ma difficile non immaginare che le sue parole, pronunciate all'Arena Repubblica Robinson del SalTo, non siano state dirette a quanto avvenuto tra Elio Germano e il ministro della Cultura Alessandro Giuli: "Non sopporto più il lamento".
Lo sfogo che scuote il mondo della cultura
"Non sopporto più il lamento, devo dire la verità, ho cominciato ad andare a funghi anche per questo", La battuta sui funghi potrebbe strappare un sorriso, ma dietro nasconde una critica feroce a un certo modo di fare cultura in Italia. Albanese non usa mezzi termini: "Quello che dobbiamo fare è non consumare le nostre energie col lamento. Io mi sono rotto i coglioni del lamento". L'alternativa al lamento? "Lavoriamo, pensiamo, sviluppiamo delle cose. A casa, in un angolo della cantina, in un seminterrato, in una terrazza. Lavoriamo per un pensiero più faticoso, più internazionale".
Lo scontro tra attori e ministero
Le parole di Albanese arrivano in un momento particolarmente delicato per il panorama culturale italiano. Il mondo del cinema sta attraversando una fase di scontro aperto con il ministro della Cultura Alessandro Giuli, dopo le critiche mosse da Elio Germano durante la cerimonia dei David di Donatello. Il tempismo dell'intervento di Albanese non sembra casuale. Durante la presentazione dei candidati ai David al Quirinale, Elio Germano aveva espresso un netto dissenso rispetto alle dichiarazioni del ministro Giuli, definendole distanti dalla reale condizione in cui versa il settore cinematografico italiano: "Mi piacerebbe che invece di piazzare i loro uomini nei posti chiave come fanno i clan si preoccupassero di fare il bene della nostra comunità mettendo le persone competenti nei posti giusti" – aveva innescato una reazione a catena che ha coinvolto tutto il mondo dello spettacolo fino alla firma di una lettera indirizzata al ministro e firmata da 94 personalità del cinema italiano, tra cui Nanni Moretti e Paolo Sorrentino.