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Alfonso Signorini: “Da piccolo ero solo e bullizzato, ma anche molto stron*o. Perciò mi picchiavano”

Alfonso Signorini ospite del podcast di Giulia Salemi, Non lo faccio per moda, ha ricordato la sua infanzia segnata dai bulli: “Ero solo e cercavo di ricattarmi nello studio. Ma ero anche molto stron*o, suggerivo le risposte sbagliate ai miei compagni. Mi aspettavano fuori scuola, mi picchiavano”.
A cura di Gaia Martino
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Alfonso Signorini è il primo ospite del podcast di Giulia Salemi, Non lo faccio per moda. Il celebre conduttore con la sua amica e collega ha ricordato la sua infanzia segnata dai bulli. "Ero un bambino molto stron*o, me la cercavo anche. A scuola suggerivo risposte sbagliate, perciò mi picchiavano" ha raccontato. Ha svelato anche di essere stato con donne famose dello spettacolo: "Ma non dirò i nomi perché sono galantuomo".

I ricordi dell'infanzia segnata dai bulli

Ricordando la sua infanzia, Alfonso Signorini ha raccontato: "Ero un bambino molto solo che non aveva tanti amici. Ero molto deriso perché mi piaceva giocare con le bambine, non andavo in bici e in motorino, giocavo all’elastico, a palla prigioniera e non a calcio. Mia mamma mi chiamava dal balcone e diceva “Alfiii”, e mi buttava la merenda, e i ragazzi, per prendermi in giro, dicevano “Alfiiii”, e quell’Alfi mi è rimasto dentro e torna negli incubi notturni, si vede che ha lasciato una ferita". Vittima di bullismo, trovò nello studio la sua rivincita: "Sono stato un bambino solo, bullizzato. Diciamo che me la cercavo anche, ero anche un bambino molto stron*o. Essendo isolato cercavo di riscattarmi nello studio, studiavo come un pazzo e, mentre sfrecciavano i motorini sotto la mia finestra, dicevo ‘Domani mi prendo la mia rivincita'". A scuola suggeriva le risposte sbagliate ai suoi compagni di classe che poi si vendicavano:

Suggerivo sbagliato, per forza venivo bullizzato: pensavano di aver preso 8 perché hanno copiato da Signorini e poi si trovavano con il 2 e il 3 e mi aspettavano fuori dalla scuola con il palloncino, ci sputavano dentro e poi con lo spillo “stank!”. Mi hanno picchiato, piangevo come un pazzo, ricordo le volte in cui sono andato a casa e dicevo alla mamma che ero caduto, perché avevo paura, ero terrorizzato che facessero ancora più branco. Mi tenevo tutto dentro, avevo paura anche di andare in bici e incontrare il gruppetto perché mi avrebbero massacrato.

Parlando dei suoi genitori, ha raccontato che il papà esaudì il suo sogno regalandogli una bicicletta: "Mio padre lavorava come impiegato alla Fernet Branca e, a Natale, c’era la festa per i figli dei dipendenti, dove il conte Branca distribuiva i regali ai bambini. C’era davanti a me il figlio di un dirigente a cui aveva regalato la mini Graziella, la bicicletta, e io impazzivo. Dato che papà era impiegato di quarta categoria ho ricevuto in regalo un proiettore da muro". Il padre, vedendo il figlio dispiaciuto, decise così di regalargli una bicicletta per l'Epifania: "C'era un biglietto che conservo ancora: ‘Al mio Alfi, che non è secondo a nessuno. Il tuo papà'. Quello era mio padre".

"Sono stato con donne dello spettacolo"

All'epoca, Alfonso Signorini, ricorda, "avevo una fidanzata" e si fece "una cultura con i porno" perché "quel mondo, quando è sano, non come quello di oggi che sano non è, è stato fonte di ispirazione". Ha poi rivelato di essere stato con due o tre donne dello spettacolo presenti anche tra le pagine del suo giornale: "Se vuoi sapere due o tre dello spettacolo me le sono fatte, le avete viste anche sul mio giornale, ma non dirò il nome perché sono galantuomo". Infine, su Supersex, la serie ispirata alla vita di Rocco Siffredi, ha commentato:

Ho appena finito di vedere la vita di Rocco Siffredi, ho voluto vederlo intanto perché è del 1964 come me, compio 60 anni e il fatto di essere suo contemporaneo, se penso a come ha vissuto lui mi voglio sparare. Ma non mi è piaciuta la serie, Borghi vuole fare l’intellettuale ma, se vedo la serie, voglio vedere Rocco che tromba con la sosia di Moana, non mi interessa vederlo sul lettino. Borghi è bravissimo, ce l’ho con chi ha scritto la sceneggiatura: non c’è una trombata.

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