Un Professore 3, Tommaso Donadoni: “Da creator divento attore. Non mi sento inferiore, ma forse ho mancato delle tappe”

Sguardo pulito, faccia da bravo ragazzo, sorriso impertinente. Se volessimo descrivere in pochissime parole legate solo alla sua immagine Tommaso Donadoni, potrebbero essere quelle appena elencate, a cui si associano una bella parlantina e un'intelligenza vivida, nonché una grande curiosità di conoscere ciò che lo circonda e anche di interrogarsi. Il 21enne bergamasco è uno dei giovani attori entrato quest'anno nella terza stagione di Un Professore, la fiction di Rai1 con Alessandro Gassmann nei panni del professor Dante Balestra, e interpreta Thomas, un ragazzo a tratti scontroso, che si lega a Simone (Nicolas Maupas). I più attenti, però, lo avranno già visto in serie come Che Dio ci aiuti, Adorazione e Gangs of Milano. Quando ci sentiamo è già sul set di un nuovo progetto, a dimostrazione del fatto che la sua carriera sta pian piano decollando.
Cosa stai girando?
Sto girando una cosa molto bella con la regia di Fabio Mollo, un progetto Rai sugli Anni 20.
Il primo progetto in costume, che effetto ti fa?
Stranissimo. L'ho sempre sognato, perché pensavo mi desse un certo spessore. Recitare in anni diversi da quelli in cui vivo non mi era mai capitato e mi turba anche un po', perché mi ingarbuglio nei miei pensieri e mi chiedo "come dovrebbe reagire un ragazzo degli Anni 20", quindi tendo ad invecchiarlo, ma in verità è molto più moderno di quanto io potessi immaginare.
Dagli Anni 20 passiamo all'oggi. Dopo aver partecipato ad alcune serie di successo come Adorazione su Netflix, Che Dio ci aiuti, arrivi nel cast piuttosto affiatato di Un Professore, una serie già collaudata e seguita dal pubblico. In che modo ci sei entrato?
Seguivo la serie, ero un fan, quindi è stato bello entrarci, ma è stato anche strano. Ho cercato il mio spazio senza invadere quello degli altri, non è stato semplice. Ho giocato con quello che avevo, muovendomi in punta di piedi, è comunque una serie che va avanti da 5 anni, ho cercato di essere camaleontico.

Che tipo è il tuo Thomas? Lo abbiamo visto un po' schivo in queste prime puntate.
Schivo è un bell'aggettivo. Ma in realtà ho immaginato che fosse traumatizzato, toccato da quello che ha vissuto, cioè il fatto di provenire da una famiglia agiata che ha perso tutto da un momento all'altro, si adatta a quello che ha attorno. I suoi pensieri si legano ai soldi, cose materiali, ma non mancano sentimenti da decifrare come l'amore, le passioni, le pulsioni di ogni tipo, sebbene abbia ben chiaro cosa gli piace, anche dal punto di vista sessuale è molto sicuro.
E perché pur essendo certo di quello che gli piace, poi, fa fatica a lasciarsi andare del tutto con Simone?
Non credo non riesca a lasciarsi andare, ma anche Simone ha le sue barriere e Thomas reagisce. La difficoltà di cui parli credo sia una sorta di timidezza, quella di una persona che non ha certezze sulla sua vita, che non sa ancora in che posto deve stare, quale maschera indossare. Una timidezza che si manifesta anche con Simone. Ma con lui, in realtà, è anche abbastanza spigliato, nella scena in cui hanno un contatto più intimo, ho voluto che fosse lui a scoprire le carte.

Senza farei spoiler, ma quindi l'evoluzione di questo rapporto tra Thomas e Simone sarà sorprendente per il pubblico oppure i fan otterranno quello che vogliono?
(Ride ndr) Penso di sapere cosa voglia il pubblico, posso dire che non ci sarà una sostituzione. Come in tutte le vite ci sono delle storie che si legano, che si intrecciano, amori che arrivano, che ritornano e che non vanno a sostituire altri. Thomas sa che valore ha per Simone, mettiamola così.
Da Thomas passiamo a Tommaso. A 16 anni hai lasciato il liceo che frequentavi, continuando da privatista, ma iniziando questa carriera da creator c'è stato un momento in cui ti sei pentito di aver lasciato gli studi?
Non c'è mai stato un intervallo di tempo in cui non ho studiato, ho frequentato un liceo a Bergamo e poi sono andato a Milano e ho continuato da privatista, però mi è mancato fare il liceo. Anche per questo quando mi è arrivata la possibilità di fare Un Professore ero contento, perché sapevo che avrei girato molto a scuola e avrei vissuto situazioni scolastiche che mi sono mancate. Quelli della scuola sono anni che ricordi, mi piacerebbe andare all'Università per continuare un percorso di studi, perché ritengo ancora che sia fondamentale. È un desiderio nato parlando con i miei genitori, ricordano quegli anni come meravigliosi, in cui hanno conosciuto amici rimasti nel tempo, hanno vissuto storie da raccontare.
Dicevamo che inizi a lavorare come creator, facendo video sui social. Il fatto che tu sia arrivato a recitare in maniera non canonica, rispetto ad alcuni colleghi che hanno frequentato scuole di teatro o di cinema, ti fa sentire "in difetto" rispetto agli altri?
Ci penso spesso. Non mi sento inferiore, però penso di aver mancato delle tappe, anche se io sono convinto che nella vita serva tanta teoria quanta pratica. Mi ossessiona l'idea di trovare una chiave nel mio lavoro. Spesso riguardo le cose che facevo, anche se i social sono un mezzo che uso ancora, e mi chiedo dove sarei se io non avessi fatto quei video. Non so se averli fatti mi ha aperto delle porte o me le abbia chiuse, anche in una conversazione magari c'è chi ha studiato alla Volontè, chi al Centro Sperimentale e io ho solo espresso una visceralità di un certo tipo, che non ha struttura e allora mi interrogo.
E cosa ti chiedi?
Mi dico "E se stessi mancando di rispetto a questo lavoro?". Il mio desiderio di farlo non mi dà diritto di mancargli di rispetto, sarebbe arrogante. Mi dico anche che sto mettendo tanta carne al fuoco, ma poi cosa racconto? Che esperienza di vita porto? E se non ho la tecnica, la struttura per poter scegliere la mimica facciale giusta, più strutturata? La differenza è come quella tra un pittore che ha studiato tutta la vita e ha una tecnica per far emergere determinate cose e uno che dipinge a istinto.
Però c'è una cosa che accomuna i due mondi, quello dei social e quello della recitazione, ed è il giudizio da parte di chi ti osserva. Come lo vivi?
È una cosa che metto in conto, non è che io mi prepari in chissà quale modo, però do importanza al giudizio del pubblico. Faccio un mestiere che senza pubblico non esisterebbe, posso anche pensare di aver fatto una performance incredibile, ma se al pubblico non è arrivata, quella performance resta un soliloquio. È fondamentale quello che pensa. Non riesco ancora a filtrare quello che mi è utile e quello che non è, ci sono commenti che mi toccano, non ho ancora quella struttura, anche morale, che mi permette di farmi scivolare tutto addosso. Però una differenza c'è.
Sarebbe?
La mia relazione con il pubblico da creator è legata a me, Tommaso Donadoni, quindi è questa la distinzione da fare. Da attore, invece, interpreto scene scritte e pensate da qualcun'altro, sono un tramite, non ho l'arroganza di dire che siano mie.
Tra i social e le serie tv il tuo volto è diventato familiare soprattutto tra i giovanissimi e sei entrato già nel novero dei personaggi più vista anche per il tuo aspetto. Cosa pensi di questa cosa?
Mi lusinga (ride ndr), è comunque il pensiero di una fetta di pubblico che fa piacere e che in un certo senso stimola anche.
Chiudiamo parlando d'amore. Il tuo cuore è impegnato (con la ballerina Camilla Nai ndr), ma è una storia che cerchi di custodire, o sbaglio?
Le cose belle uno cerca di tenersele per sé, non è una questione di voler custodire, semplicemente non ci penso a condividere certi momenti. È una parte della mia vita che voglio vivere e basta, come è giusto che sia.