Elio Finocchio, il gay più bello d’Italia: “Mio padre mi propose di cambiare cognome, gli dissi no”

Una "tranvata". Così Elio Finocchio, 37 anni, dipendente dell'Hard Rock Café di Roma, definisce a Fanpage.it la sua prima settimana da gay più bello d'Italia. Un titolo che porta con orgoglio, nonostante il rapporto conflittuale con il proprio corpo: "Ci litigo quando mi sveglio la mattina, poi durante la giornata dico che è un corpo che mi è stato donato e devo rispettarlo". La vittoria al prestigioso concorso ha riportato la fascia nel Lazio dopo 13 anni, ma soprattutto ha scatenato una valanga di commenti social legati al suo cognome. Un'ironia del destino che Elio ha imparato ad affrontare fin da bambino.
"Tutto quello che hanno scritto fino ad oggi è passato indifferente per me", racconta con serenità chi ha trasformato quello che poteva essere un peso in una forza. "Forse è stato proprio il destino che mi ha preparato quando ero molto piccolo per affrontare la questione cognome di oggi". Una storia di resilienza che affonda le radici in una famiglia che lo ha sempre sostenuto, al punto che il padre, quando Elio aveva 18 anni, gli propose di cambiare cognome per evitargli difficoltà. La risposta fu netta: "Papà, non toccherò mai il mio cognome perché cambiarlo significherebbe non essere più parte della famiglia. Significava dargliela vinta".
Dietro la corona di bellezza si nasconde un uomo che sogna l'amore e una famiglia, ma che guarda all'Italia con preoccupazione: "Non mi sento tutelato appieno, non mi sento discriminato ma nemmeno al sicuro". Elio ha vissuto in Svezia per amore e ha toccato con mano cosa significa vivere in un paese davvero inclusivo: "Quando c'è il Gay Pride, tutti i negozi vanno in festa, tutti espongono la bandiera arcobaleno". Un contrasto stridente con un'Italia che, secondo lui, "è ancora troppo indietro per essere il 2025".

Com'è la prima settimana da gay più bello d'Italia?
Posso usare un'espressione romana? Una tranvata. È stata una settimana pienissima, caotica, ovviamente catapultato in un mondo del quale io ovviamente non ne avevo abbastanza conoscenza. Sai, un po' la notorietà, il fatto di essere comunque reggente di una fascia molto importante. Sento già la responsabilità sulle spalle perché comunque sento di essere portavoce di una comunità che vuoi e non vuoi è sempre nell'occhio del ciclone per i diritti e quindi ci sta e si prende tutto il pacchetto e si va avanti sempre a testa alta.
È la prima volta che partecipi a un concorso del genere?
Provai nel lontano 2006, dopo aver fatto coming out, poi ho riprovato anche l'anno scorso. Però l'anno scorso non passai nemmeno la selezione Lazio e quindi ho riprovato quest'anno.
Oltre ai concorsi, ho letto che ti sei sempre speso attivamente per la comunità.
Esatto. Ho prestato il mio volto per la campagna Gay Help Line che era il supporto telefonico per chi riceveva bullismo, percosse, intimidazioni. Il mio volto era quello della campagna, affissa su tutti i trasporti pubblici, i cartelloni, la metro, gli autobus di Roma. Nel 2007 ho partecipato alla campagna Diritti Ora dove prestai sempre la mia immagine per una campagna pubblicitaria.
Il tuo cognome ha creato un corto circuito sui social. Come l'hai presa?
È una cosa che ovviamente nasce con me, me la porto da quando sono veramente piccolo e questa cosa mi ha fatto crescere immediatamente. Se non avessi reagito quando ero veramente piccolo, oggi non sarei qui. Per questo, tutto quello che hanno scritto fino ad oggi è passato indifferente per me. Forse è stato proprio il destino che mi ha preparato a quello che sta accadendo oggi. Quando qualcuno mi prende in giro per il cognome è come se mi dicesse: "Buongiorno, come stai?".
I tuoi genitori come hanno reagito nel tempo?
I miei genitori mi hanno insegnato: se torni a casa piangendo ti diamo il resto. È stata una fortuna che non è per molti. Papà mi ha anche proposto, quando ero un po' più grande, verso i 18 anni o poco prima, di cambiare cognome.
Cosa ti disse?
Mi ha chiesto: "Eh, bello di papà, io so che essere adolescente è un momento della vita in cui ci sono tante scoperte, e forse il cognome che porti è un cognome pesante". E quindi: "Vuoi andare a cambiarlo? Vuoi toglierlo? Modificarlo?"
E tu cosa gli hai risposto?
Io gli dissi "Papà io non toccherò mai il mio cognome perché cambiarlo significherebbe non essere più parte della famiglia per anche solo una O. Togliere, mettere… Per me sarebbe dura, sarebbe comunque una sconfitta, sarebbe come darla vinta a tutte quelle persone che mi hanno preso in giro fino ad oggi. Quindi portare me a cambiare il cognome perché non va bene per la società… anche no. Me lo tengo".

Però hai detto di "litigare" col tuo corpo. Come si concilia con l'essere stato eletto il più bello d'Italia?
Come tutti abbiamo delle cose che magari conosciamo noi guardandoci allo specchio che magari non ci vanno a genio, non ci piacciono, quindi spesso e volentieri mi ritrovo a combattere con, sai, un po' di ciccia di qua, un po' di ciccia di là. Non facendo sport al momento e mi sveglio la mattina, come facciamo tutti, ci guardiamo allo specchio e ci autocritichiamo, no? Io poi sono una persona ipercritica con se stessa. Quindi ci litigo quando mi sveglio, poi durante la giornata dico "No, è un corpo che mi è stato donato, devo rispettarlo". Va bene così com'è e se c'è tempo per modificare qualcosa utilizzeremo lo sport.
Ho letto che non sei un grande amante delle app di incontri. Perché?
Io vengo da un periodo dove non c'erano gli smartphone e non c'erano le app. Quindi, per me conoscere gente significava mettersi in macchina con i miei amici, andare nella gay street che era di fronte al Colosseo, perché c'era l'unico locale che era il Coming Out e si utilizzava quella strada per conoscere gente, andavi lì, sapevi che lì era un luogo di incontro, di ritrovo per la nostra comunità, quindi andavo lì alla vecchia maniera e si beveva qualcosa, si conosceva gente, si parlava, si chiacchierava e così conoscevi tutti.
Cosa è cambiato con le app?
Si è perso quell'approccio, no? Il "Ciao, come va? Ciao, come ti chiami?" È ridotto un po' tutto all'osso, un po' come, sai, il fast food, no? Voglio questo e me lo prendo. Prendo quest'altro. Io ne ho fatto uso, non è che dico di no. Però, magari dico limitiamoci un po' di più tutti quanti e utilizziamo di più la vita reale per venire fuori, ridere, scherzare, parlare, conoscerci. A volte si riduce tutto a uno schermo e si perde un po' l'approccio naturale che abbiamo come esseri umani.
A 37 anni hai detto di sognare una famiglia. L'Italia è pronta?
In Italia non mi sento discriminato, ma neanche tutelato appieno. Non mi sento nemmeno al sicuro, perché c'è ancora troppa disinformazione, troppa ignoranza, troppo bigottismo e non c'è, secondo me, il terreno per accogliere una totalità di libertà tra persone dello stesso sesso. Il nostro paese è ancora troppo indietro per essere il 2025.
Hai vissuto in Svezia. Che differenza c'è?
Stare in Svezia è stata, penso, la cosa più bella perché partii per amore, stetti lì per amore, convivevo. È un paese molto aperto, molto rispettoso. Quando c'è il Gay Pride, tutti i negozi vanno in festa, tutti espongono la bandiera arcobaleno e non c'è remore nel fare qualcosa per la comunità. Nessuno si nasconde oppure nessuno ha paura di esporre la bandiera arcobaleno. In Italia non esiste nemmeno la legge contro l'omofobia che attenzione, uno non chiede la legge perché vuole essere riconosciuto ma tutelato. Io non vedo perché una persona mi aggredisce solo perché mi trovo mano nella mano col mio compagno. Perché se mi pesta a sangue deve essere fatta passare in sordina o magari deve essere non deve essere punita per quello che ha fatto? Non lo trovo giusto.
E sul tema genitorialità?
È un altro discorso a parte, quello è molto ampio, è molto grande, quindi per il momento abbiamo il governo che ha fatto quello che ha fatto, quindi è dura, è dura anche su quel lato, quindi io spero in tempi migliori, spero che il nostro paese evolva su questo lato.
Fabrizio Corona ha fatto outing a tre calciatori. Che ne pensi?
Non accetto che si parli per gli altri. Questa è una cosa sbagliata a prescindere, la trovo una mancanza di rispetto grande quanto l'Italia e ti dico che nessuno deve sostituirsi a nessuno per far sentire la propria voce, cioè è sbagliato che la persona venga privata del proprio diritto di uscire quando si sente pronto. È sbagliato, la trovo una cosa disgustosa.
Corona ha anche criticato i Pride di oggi…
Ho visto quella puntata, parla di carnevalata. Non è niente di diverso da quando si fanno i party nelle comunità etero. Se andassimo con le telecamere alla sagra della porchetta, vedremmo gli stessi atteggiamenti, le stesse cose, la stessa carnevalata. Il Pride non è solo trasgressione, non sono solo persone che si mettono una parrucca. Andiamo lì, sfiliamo, ridiamo, rivendichiamo i nostri diritti e lo facciamo ballando, ridendo e scherzando.
Come ti vedi tra un anno?
Sarei un mago ad oggi se ti dicessi dove mi vedrò tra un anno, però ti posso dire a gran voce una cosa sicura che mi troverò da qui ad un anno più arricchito, più maturo e più consapevole. Rappresentare la nostra comunità, minoranza d'Italia sul piano dei diritti, non può che farmi crescere.