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David Parenzo: “Da Chiara Ferragni a Giovanna Pedretti, siamo un Paese di manganellatori digitali”

A Fanpage.it con David Parenzo per un bilancio sui primi quattro mesi a L’Aria che Tira e per parlare d’attualità e politica: dal caso di Giovanna Pedretti alla guerra tra Israele e Hamas. E su La Zanzara: “Durerà a lungo. Purtroppo, fin quando ci sarà l’umanità”.
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Gli "esercizi di stile" di David Parenzo. Così come Raymond Queneau ha dimostrato che esistono più di cento modi diversi di raccontare la stessa storia, così sembra fare lui tutti i giorni: la mattina è in diretta su La7 con L'Aria che Tira, al pomeriggio è con Giuseppe Cruciani a Radio24 per La Zanzara. Voci diverse, stessa grinta. A Fanpage.it, il conduttore fa un bilancio su questi primi quattro mesi di conduzione al format ereditato da Myrta Merlino; un format rimasto uguale soltanto nel nome perché David Parenzo ha avuto il merito di aver indovinato il rebranding: "È un racconto che costruiamo giorno dopo giorno grazie a una squadra che si è rimessa in gioco". 

Sul caso della ristoratrice Giovanna Pedretti: "Gettare la croce sui giornalisti per il loro pressing, per le loro domande, lo trovo esagerato. A me ha colpito il post della Lega perché non si deve fare un uso politico della cronaca. Vale anche per il Presidente del Consiglio che attacca Chiara Ferragni". Su Israele-Hamas: "Trovo agghiacciante la propaganda di Hamas e la parola ‘genocidio' nei confronti di Israele". Chiusura su La Zanzara: "È adorabile perché fa un tuffo nelle viscere degli italiani. Durerà fino a quando dura l'umanità". 

Il rischio di ereditare un format, il beneficio di aver indovinato il rebranding: L’Aria che tira è un altro programma rispetto a quello del passato, pur rimanendo nella cronaca e nella politica quotidiana. 

Felice che si percepisca. L’idea era quella di un morning show dinamico, nel mio stile, con una serie di finestre sul mondo e dove noi siamo sempre aggiornati su quello che accade. Siamo ancora all’inizio della strada. È chiaro che prendendo un programma, non potevo fare le cose che fanno gli altri. Ognuno fa quello che sa fare.

Qual è l’obiettivo?  

Io vorrei che quando qualcuno accende la televisione, entri subito nel racconto di quello che accade. Un obiettivo che è poi in sintonia con la tradizione di La7 e con un’esigenza data da una fascia oraria che ha un pubblico che cambia. Perché dalle 11 alle 12 c’è un tipo di pubblico, dopo le 12 ce n’è già un altro.

Il programma ha avuto una crescita sui social media molto importante. 

Infatti, è strutturato come i grandi online d’informazione. C’è la gerarchia delle notizie, ma c’è anche poi il racconto di quello che succede in diretta con le inviate in giro per l’Italia. È un racconto che costruiamo giorno dopo giorno grazie a una squadra che in qualche modo si è anche rimessa in gioco e capita spesso, anche alle 8.30, di dover smontare la puntata delle 11 perché – come è accaduto lunedì – la gerarchia delle notizie imponeva che si partisse dalla storia di Giovanna Pedretti.

L'Aria che Tira su TikTok
L'Aria che Tira su TikTok

È una storia che arriva a due settimane dal climax del caso Ferragni. Sono due casi assolutamente diversi, eppure ci portano a ragionare allo stesso modo sul rapporto che abbiamo con i social e con le nostre identità digitali.

Sì, è vero. Il tasso di violenza e di dibattito che abbiamo in Rete, per fortuna, non corrisponde in alcun modo a quello che potremmo avere sotto casa nostra. Ogni fiocco di neve in Rete può diventare una valanga. Siamo dei manganellatori digitali e questo tasso di animosità e di bellicismo, non lo viviamo nella vita vera. Poi, gettare la croce sui giornalisti per il loro pressing, per le loro domande, lo trovo esagerato. Prima, cerchiamo di capire meglio quello che è accaduto.

Cosa ne pensi del fatto che si stia cercando di trasformare questa storia in un caso politico?

A me ha colpito il post che ha fatto la Lega perché non si deve fare un uso politico della cronaca. Un partito, vale per tutti, non deve criticare come viene fatto un servizio di un telegiornale. Se c’è un problema, se ne occuperà l’Ordine dei Giornalisti e che la politica abbia quest’ansia di occuparsi di ogni aspetto della nostra vita, è strano. A me ha preoccupato anche che il nostro Presidente del Consiglio si sia occupata di Chiara Ferragni.

A proposito del Presidente del Consiglio, quando Giorgia Meloni dice nella conferenza di inizio anno alla sua classe dirigente di responsabilizzarsi, lì rispondeva nel merito al caso Pozzolo, ma è una cosa che possiamo estendere retroattivamente anche ai fatti di Acca Larentia? 

Rispetto ad Acca Larentia, quelli che hanno fatto il saluto romano non sono militanti di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni.

C’erano però persone di Fratelli d’Italia. 

C’erano, sicuramente, ma c’erano soprattutto cani sciolti ed estrema destra. Non possiamo dire che quelli sono riconducibili a Fratelli d’Italia. Penso, però, che Giorgia Meloni abbia perso un’occasione. Si occupa del caso Ferragni e non si occupa del saluto romano? Il caso Ferragni non è un caso politico, il saluto romano sì.  Sono stati trovati cinque minuti su Chiara Ferragni, poteva trovare tre minuti per lanciare un messaggio su questa storia. Poteva prendere ancor di più le distanze da questi gruppi. Tutti i giornali del mondo, alla fine, hanno notato questa mancanza.

Parliamo di Vannacci che a noi ha spiegato la ricetta per curare gli omosessuali.

Quindi, andiamo sulle cose comiche.

Roberto Vannacci
Roberto Vannacci

Ecco. Quanto vale, o quanto può valere uno come lui alle urne, secondo te?

Nenni diceva “piazze piene, urne vuote”. Qui potremmo dire, visto che il Generale ha fatto la sua fortuna con questo suo libro, roba da Grisham, da grandi scrittori internazionali, “tasche piene, urne vuote”. C’è davvero una corrispondenza diretta tra quelli che leggono il Generale Vannacci, vanno ai suoi incontri, urlano a questo politicamente corretto imperante e i voti nelle urne? Tutte queste persone davvero scriveranno il suo nome sulla scheda? Non lo so. Può darsi, ma non sempre c’è stata una corrispondenza tra la popolarità e un risultato elettorale. Dopodiché, auguro grandi fortune al Generale Vannacci e se avrà voglia di impegnarsi in Europa e fare il parlamentare europeo, evviva, basta che ci vada.

Parliamo di Israele: sta commettendo un genocidio a Gaza?

La parola ‘genocidio’ non solo non mi piace ma è totalmente inappropriata e non c’è alcuna volontà, e sarei il primo a scendere in piazza se così fosse, di distruggere un popolo. Noi dobbiamo stare attenti all’utilizzo delle parole. Per questo, Israele non è che non ha accettato il giudizio della Corte Internazionale ma è lì a combattere e a difendersi nel processo, non dal processo. La strategia offensiva, discutibile per carità, è quella di distruggere una milizia che però non ha neanche una divisa di un esercito. Hamas, però, combatte strada per strada, bunker per bunker, sono armati fino ai denti e costituiscono una minaccia per lo stato di Israele.

E riguardo al 7 ottobre? 

Quello che è accaduto il 7 ottobre non è stato un tentativo di genocidio, ma è l’inizio di una guerra asimmetrica. In guerra, si colpiscono le basi militari ed è quello che prova a fare Israele, spesso sbagliando e infatti c’è un’opinione pubblica in Israele che tutti i giorni discute di quello che succede. Hamas, però, il 7 ottobre va a prendere degli obiettivi civili, rapire obiettivi civili. Quelle persone erano inermi. La differenza che passa è tra un atto di guerra e un atto di guerra terroristica. L’obiettivo, quindi, è distruggere Hamas e poi avviare un processo di transizione per dare un proprio Stato ai palestinesi. Ma Israele dice che non lo puoi fare fino a quando a governare quel territorio c’è una milizia che costituisce una minaccia non solo per i palestinesi ma soprattutto per Israele. Se c’è un vicino che vuole sgozzarti, diventa una minaccia per lo Stato. In questo senso, l’accusa di genocidio è incredibile e vergognosa. C’è un esercito regolare contro uno che non è in divisa, ma è molto armato. Dentro la striscia di Gaza c’è un arsenale importante e quella che viene dipinta come una prigione a cielo aperto, in realtà era una prigione nella quale sono entrate tante armi. Poi c’è il tema della popolazione civile, che non ha mai mostrato grande distacco dalla propria leadership terrorista.

I terroristi hanno pubblicato un video con 3 ostaggi israeliani. C’è anche Noa, la 26enne rapita al rave party, diventata il simbolo di quel  7 ottobre. Nei prossimi giorni, Hamas darà altre notizie e sembra quasi di assistere alle dinamiche di reality. 

Trovo agghiacciante lo strumento di propaganda di Hamas, che tocca le corde dell’opinione pubblica che rivuole gli ostaggi che sono ancora lì. Uno stillicidio psicologico che stanno facendo sulla popolazione israeliana perché convinca Netanyahu a smettere di attaccare Hamas, che sa che c’è un’opinione pubblica libera e indipendente in Israele.

Il tuo ultimo libro, Ebreo giudeo naso adunco (Baldini+Castoldi), così come quello di tua moglie Nathania Zevi (Il nemico ideale, RaiLibri) cercano di disinnescare il grande equivoco, la grande bugia, il luogo comune sugli ebrei e sull’ebraismo. 

Sul libro di Natania, intanto, c’è una bellissima dedica che riguarda anche me e i miei figli. È un bellissimo lavoro, è un’inchiesta molto seria sui pilastri dell’antisemitismo. Sono molto felice per lei. Il mio è un'altra cosa: quello è un libro sui luoghi comuni dell’ebraismo.

“Io in quella trasmissione non invito nessuno. Vado lì per contestare quello che Cruciani apparecchia. Lui mi apparecchia un piatto di mostri e io sono quello che li deve distruggere”. Questo lo hai detto a Muschio Selvaggio, ma a La Zanzara funziona davvero così?

In parte è così, ma ovviamente ogni giorno ci aggiorniamo attraverso le chat sui fatti che avvengono. La verità è che io ogni volta che vedo una notizia, so già come la tratteremo e cosa dirà Cruciani. In qualche modo, sono talmente connesso con lui ormai da 12 anni che ne conosco i pensieri più reconditi e so già che direzione prenderà la trasmissione.

Quanto ti diverti?

La Zanzara è adorabile perché si fa un tuffo nelle viscere degli italiani. Le telefonate che arrivano sono uno spaccato molto interessante e ci riporta a quello che dicevamo in apertura sulle gogne mediatiche. È interessante vedere come le persone si rapportano al telefono e poi di persona.

Perché?

In 12 anni non ho mai avuto persone che mi hanno insultato per strada, solo un paio negli anni del Covid augurandomi le peggio cose perché ero a favore dei vaccini e dalla scienza. Per il resto, non ho mai trovato uno per strada che mi mandasse a quel paese. Trovo solo gente che m’abbraccia, che mi ringrazia. Così come alla Zanzara la gente chiama ed è portata a dire la cosa più iperbolica e di pancia, la stessa cosa accade sui social ma poi per strada non è che si arriva a quel livello di iperbole.

David Parenzo e Giuseppe Cruciani
David Parenzo e Giuseppe Cruciani

Quanto della Zanzara hai portato a L’aria che tira e viceversa. Come si concilia, nella tua attività, un lavoro che ha due anime così diverse? 

Uno dei libri di formazione della mia gioventù è stato “Esercizi di stile” di Raymond Queneau. In questo libro, si racconta la stessa storia in 99 modi diversi. E io penso che se tu vai a Buckingham Palace, ti devi mettere la giacca, devi sederti composto, mangiare con le forchette e comportarti in un certo modo; se vai all’Osteria di Sor Ciccio, ti comporti in modo differente. È una questione di sapersi comportare e di sapere dove sei. Se sai dove sei, riesci a usare il registro corretto per il pubblico e le occasioni che hai davanti.

Quanto durerà ancora La Zanzara?

La Zanzara, purtroppo, è come l’umanità. Fin quando ci sarà umanità (e bestialità) ci sarà La Zanzara.

E tu ci sarai ancora dentro?

Non lo so, fino a quando avrò la forza di combattere, combatterò. Non mi ci vedo a 80 anni col catetere e il bastone in mano e gridare: “Si vergogni!”

Non erediterai il posto di Spatalino, insomma. 

Ecco, esattamente, ma per carità. Non bestemmiamo!

Chi sono stati, se ne hai avuti, i tuoi maestri, quelli ai quali senti di dover riconoscere qualcosa? 

Uno su tutti, Angelo Guglielmi. È stato un grande direttore di rete ed essendo un grande uomo di lettere sapeva trattare l’alto e il basso e ti insegnava a mettere insieme le cose. Poi, devo molto al gusto giovanile che ho avuto per il teatro classico, sicuramente ringrazio i miei insegnanti del ginnasio e del liceo che mi hanno insegnato i segreti della tragedia greca. Il teatro è l’antesignano della televisione, in fondo, perché si regge molto sul racconto. Il racconto televisivo funziona allo stesso modo con i fatti che arrivano dalla cronaca.

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