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Carlo Conti: “Non temo gli ascolti, la sfida con C’è posta per te non esiste”

Intervista a Carlo Conti, che si prepara al sabato sera con Tali e Quali contro la corazzata De Filippi senza ansia: “Non faccio Tv per battere qualcuno”. Sulla Rai di oggi: “Telemeloni? La politica non mi ha mai preoccupato, i governi vanno e vengono”. Dopo il successo di Rischiatutto: “Era totalmente inaspettato, la Tv si salva con gli eventi”.
A cura di Andrea Parrella
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La carriera televisiva di Carlo Conti è un'anomalia. In un mondo, quello dello spettacolo, fatto di ripide salite e vertiginose discese, di illusioni e delusioni, il suo è un percorso di crescita regolare, nessun sussulto illogico, né tantomeno crolli improvvisi. A 62 anni ha condotto qualsiasi tipo di evento immaginabile, è ambasciatore dei 70 anni della Rai, ma si lancia di nuovo nel fuoco per sfidare Maria De Filippi al sabato sera. Il 13 gennaio riparte il suo Tali e Quali proprio mentre Canale 5 riparte con la corazzata C'è posta per te e per Conti il problema non si pone. "Non faccio Tv per un punto di share in più", racconta serafico in questa intervista a Fanpage.it, ammettendo di non vedere gara nello scontro con Maria De Filippi: "Anche io guarderei C'è Posta per Te".

Partiamo dallo speciale Rischiatutto, che è stato un successo di pubblico quasi inaspettato per dimensioni.

Togliamo il quasi, è stato proprio inaspettato.

È un titolo che attraversa il tempo conservando freschezza, è una Tv che si può ancora usare ancora come riferimento?

Abbiamo creato un evento, era un giorno particolare, quando me l'hanno affidato ho pensato a un meccanismo che ci permettesse di ricordare personaggi della storia della Rai, mostrare filmati delle teche e farlo in maniera celebrativa. Giocare con i ricordi in maniera attiva, non passiva. Ho pensato che il Rischiatutto, simbolo del quiz per eccellenza, forse il contenitore giusto per poter fare tutto questo. Evidentemente la scelta ha pagato.

Sei un simbolo contemporaneo di questi 70 anni Rai. Ci avresti scommesso?

No, assolutamente e mi ha fatto un certo effetto. Non mi emoziono mai, ma quando è partita la sigla di Rischiatutto l'altra sera, mai avrei immaginato di esserne conduttore. Il solo fatto di vedere che tra i nomi della storia della Rai c'ero anche io mi ha colpito. Nel 2025 festeggerò i 40 anni dal primo contattino Rai siglato per Discoring. Sono tra i veterani, i senatori di questa azienda.

Come li rivivi?

Non me ne rendo conto. Ho lasciato che gli eventi della vita mi portassero dove sono, senza mai rincorrere nulla. È come un'onda che mi ha portato fino a qui.

Carlo Conti ai primi anni in Rai
Carlo Conti ai primi anni in Rai

In questi 40 anni la centralità della TV è rimasta, anche se è cambiato tutto.

Quella centralità è ancora intatta, ma credo che sarà diversa nelle nuove generazioni, ormai abituate a guardare altro. Mio figlio a 10 anni guarda un film in TV, è difficile che guardi un programma. Loro vivono di un'immediatezza, una velocità che la Tv non possiede.

Come si salva questo mezzo da quello che pare un inevitabile "inverno"?

La Tv resterà per i grandi eventi, quelli simultanei, da Sanremo alle partite della nazionale, i programmi che sono attesi da tutti. La generalista, per questo genere di appuntamenti, avrà sempre un suo ruolo.

Creare un evento dal nulla, invece, non è semplice.

Nient'affatto, ma basta guardare la somma delle due ammiraglie fino a qualche anno fa, quando lo share di prima si aggirava tra il 45 % e il 50%. Oggi ci sono sere nelle quali le due Rai1 e Canale 5 assieme non arrivano al 30%. Non è che sia cresciuto qualcun altro, è tutto frazionato, frammentario, proprio per questo cambiamento che c'è stato: prima subivamo il palinsesto, oggi ognuno si fa il palinsesto che vuole.

Riparti con Tali e Quali, appendice di quello che è forse il tuo show di maggior successo in prima serata. 

In Tali e Quali c'è uno sviluppo diverso rispetto a Tale e Quale Show, non a caso non ha la denominazione show. Questo è un "re per una notte", una grande occasione, il dare opportunità a persone comuni di essere protagoniste su Rai1. Li facciamo sognare per una sera, nessuno di loro ha grandi velleità artistiche, sanno che da qui non partirà una carriera, sono persone comuni. Per certi versi è molto più vicino alla Corrida.

La Tv è un po' arte della ripetizione, come sei riuscito a far sì che Tale e Quale Show non fosse mai uguale a se stesso?

Questo programma ha un sapore particolare, la forza è trovare ogni anno i dieci protagonisti giusti. Non sono concorrenti, ma talent a tutti gli effetti. Negli ultimi abbiamo puntato sulla leggerezza, inserendo un colore particolare con Malgioglio, un quarto giudice imitato. Nessuna polemica, nessun giudizio, al massimo indicazioni.

La Rai vive una stagione un po' complessa, ma a tenere la barra dritta siete voi volti storici. 

Credo sia anche il nostro compito. Io penso sempre che non conti solo il pilota, ma ognuno di noi in questi anni ha trovato automobili fortissime, con meccanici eccezionali, che è in grado di controllare. Da Milly Carlucci con Ballando con le Stelle, Antonella Clerici con The Voice e il suo Mezzogiorno, Amadeus con I Soliti Ignoti e Affari Tuoi. Ma vale lo stesso anche dall'altra parte, penso ai programmi di Maria De Filippi, quelli di Gerry: è sempre una combinazione di questi due fattori.

Se la Rai perde, vedi il caso Fazio, i vuoti vanno riempiti. Quali sono le novità più interessanti?

Dove ci sono perdite, deve esserci uno spazio in cui possano crescere nuovi personaggi e per questo, al netto dei senatori come noi ben venga che ci siano luoghi di sperimentazione per cose nuove, come lo spazio di Stefano De Martino e i suoi programmi, Alessia Marcuzzi e le sue proposte. L'importante è che non ci sia l'ossessione degli ascolti.

Sei tra i pochi ad essere autore di tutti i programmi che hai condotto e conduci. In che modo il tuo lavoro è diverso da quelli di altri?

Condurre un programma e presentarlo sono due lavori diversi. Se lo conduci tu lo hai preparato, sai perché deve andare in quella direzione e quando, detti i tempi del gioco, lo hai costruito. Se lo presenti puoi anche arrivare all'ultimo momento e qualcuno deve dettarti i ritmi. Presentare è cosa che può fare chiunque, un cantante, un attore e lo si può fare bene o male. Condurre significa costruire un programma e portarlo dove deve andare.

Hai condotto qualsiasi cosa, c'è un programma che ti manca?

Il telegiornale, direi (ride, ndr). In ambito di varietà sì, ho avuto la fortuna di condurre tutti i più grandi eventi italiani.

C'è stato nella tua carriera un momento specifico di svolta, quello in cui hai smesso di sentirti inadeguato?

L'unico momento in cui non mi sono sentito pronto è stato all'inizio, nell'85, quando dalle Tv locali mi trovai catapultato a fare Discoring su Rai1, un mondo 70mila volte più grande e io mi sentivo piccolo piccolo. Per un po' ho preferito fare meno cose eclatanti e continuare a fare la Tv locale in Toscana. Per il resto, bene o male, ho sempre fatto una carriera lineare in cui non ho rincorso le cose, sono arrivate gradino dopo gradino, sempre nel momento in cui ero pronto a farle. Se devo pensare a un salto, è stato con In bocca al lupo.

Fu quello il momento del salto di notorietà?

Lì fu il grande successo, faceva il 30%, era una cosa incredibile.

Ti sei abituato col tempo ad essere riconosciuto in strada?

Questo per me non è mai stato un gran problema. Vivendo poco le situazioni mondane, ho vissuto più Firenze dove io, Leonardo e Panariello eravamo già popolarissimi prima del salto. A casa mia non è cambiata la popolarità. Se io girello per Firenze mi capita spesso che qualcuno passi con la macchina, tiri giù il finestrino e dica "ue Carlino!".

Conti con gli amici di sempre Pieraccioni e Panariello.
Conti con gli amici di sempre Pieraccioni e Panariello.

E non è detto che tu lo conosca, il tizio che tira giù il finestrino.

No, assolutamente, però c'è quella forma di confidenza che parte da lontano, una cosa d'affetto più che di notorietà. I toscani ci hanno visti crescere e hanno tifato per noi fin dall'inizio, ci hanno scoperti, come fosse la squadra del cuore.

A proposito dell'aver fatto tutto in Tv, dove trovi gli stimoli se hai fatto tutto?

Per me lo stimolo è sempre il pubblico, può apparire una frase fatta ma tutto ciò che ho avuto è grazie al pubblico, che decide fino a quando devi stare lì e che a un certo punto mi dirà "Carlino, è il momento di smettere". Credo che quando avverrà lo sentirò, il pubblico mi darà dei segnali, facendomi capire che non sarò più al passo coi tempi.

Cosa che non sta ancora accadendo.

Mi pare di no, però per quanto mi riguarda non sarà un problema proprio perché non ho rimorsi. Devo dire che la componente fondamentale, al momento, è che ancora mi diverto. È lì che trovo gli stimoli, in quel calore che continuo a percepire e che ogni tanto mi spinge anche alla sperimentazione e non mi dà più l'angoscia degli ascolti.

Nemmeno un pizzico di angoscia per il confronto con Maria De Filippi?

Non mi ha mai assillato come ansia, ma oggi men che mai, altrimenti non andrei in onda al sabato sera contro C'è Posta per te sapendo che è il programma più forte che possa esistere. La rete mi chiede di arginare, di tenere accesa Rai1 e lo faccio, senza la preoccupazione di guardare gli ascolti la domenica mattina.

Conti con De Filippi a Sanremo, nel 2016
Conti con De Filippi a Sanremo, nel 2016

Quindi mi stai dicendo che domenica mattina non aspetterai le 10 per conoscere i risultati?

È molto che non lo faccio, anche perché io non mi sono mai esaltato troppo, né abbattuto per i numeri. Ho un mio equilibrio, mi preoccupo di fare un prodotto dignitoso che piaccia ai telespettatori. Ma c'è anche un altro aspetto da sottolineare, che io i miei programmi li finisco a mezzanotte, non faccio i giochi di share chiudendo a notte fonda per un punto in più negli ascolti. È un modo per dimostrare che il valore del prodotto a volte prescinde dal dato di share.

Quindi contro Maria De Filippi al sabato si accetta pacificamente di rincorrere?

Lo scontro con C'è posta per te non esiste. Io stesso lo guarderei, è uno dei miei programmi preferiti, è consolidato negli anni, ha una sua forza, ha tante corde diverse ed è un programma imbattibile. Ma io non vivo il mio lavoro per battere qualcuno. La mia vita non cambia per un dato di share. Mi interessa così poco che sabato, per la prima puntata, il quarto giudice di Tali e Quali è Maria De Filippi, ovviamente un'imitazione.

Il miglior programma in Tv al momento? A parte quelli che conduci tu…

Indubbiamente C'è posta per te, così come è molto forte il meccanismo di The Voice Kids condotto da Antonella Clerici. Sono due programmi diversi, da una parte il racconto, dall'altra il talent, ma funzionano benissimo.

La parola del 2023 in relazione alla Rai è stata "Telemeloni". In quasi 40 anni hai attraversato governi e premier, il fattore politico ti preoccupa?

No, sono stagioni che vanno e vengono, è una cosa che non mi riguarda minimamente e il varietà non ha colori, non ha partiti. Io stesso ho sempre rifiutato di legarmi da una parte e dall'altra, credo che nel mio ruolo si debba essere battitori liberi, equidistanti da tutti e sciolti nel poter fare il proprio mestiere. Ogni volta che c'è stato un cambiamento mi sono presentato con il mio lavoro, mostrando i risultati e ogni volta abbiamo deciso di rinnovare il rapporto serenamente.

Per questo non sei mai andato altrove? Immagino le proposte siano arrivate.

Lo dico sempre, sto bene in Rai, ho i miei programmi, mi sono sentito valorizzato nel corso di questi anni. Perché guardare altrove?

In questo lungo matrimonio non c'è mai stata una crepa, la necessità di chiudere un occhio?

Direi di no, non c'è mai stato bisogno di chiuderne.

Sei considerato l'uomo che ha dato il via alla riforma di Sanremo, portandolo ad essere l'evento totale che è oggi. È un merito che ti riconosci?

Questo sì, mi fa molto piacere pensarlo. È ripartito l'evento in città, con i miei Sanremo è ripartito l'evento televisivo. Mi appongo la spilletta di aver lanciato una serie di nomi importanti che sono diventati realtà della musica. Mahmood, Gabbani, Irama, Caccamo, Nigiotti, Ermal Meta, una serie di artisti decollati da quei Sanremo Giovani che io scelsi di spostare dalla coda alla testa del Festival. Ma la fortuna è stata quella di un fermento musicale che c'era e che ho provato a mettere in evidenza.

Con te iniziava anche l'idea di un Sanremo con una conduzione moderata, senza ospiti altisonanti e la musica al centro.

Sì e poi c'è stata anche la fortuna di un momento in cui la discografia si è resa conto di molte realtà che stavano nascendo, sapori nuovi nel mondo della musica. Si è scrollata di dosso un po' di ragnatele creando i presupposti per un percorso in cui hanno proseguito ottimamente Baglioni e Amadeus.

Oggi a Sanremo vogliono andarci tutti, quando lo facevi tu era più complesso.

Decisamente complesso, sì. Però anche lì siamo riusciti a fare tre edizioni di grande livello, anche giocando molto sulle idee per la conduzione, proposte e varietà nelle singole serate.

Carlo Conti con Pippo Baudo
Carlo Conti con Pippo Baudo

Chi vedi nei prossimi anni se Amadeus non dovesse restare?

È l'ultimo dei problemi che voglio pormi (ride, ndr). Quello che conta a Sanremo è la direzione artistica, la scelta delle canzoni. La discografia va in una direzione, bisogna continuare il lavoro di questi anni, fare una scelta di canzoni larga che sappia accontentare sapori diversi, con un orecchio che metta insieme competenza, esperienza e modernità. Se ci pensiamo è quello che ha fatto Baudo per molti anni.

Ti consideri suo erede in senso sanremese?

Nel fare le mie scelte mi sono ispirato ai Festival di Baudo, non come nomi ma con quella varietà, l'idea di passare dal nome più noto ai nuovi cantanti. Questo è un lavoro da fare sempre in sinergia con le case discografiche, siano esse major o indipendenti.

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