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Nemo restituisce il trofeo dell’Eurovision contro Israele: “Tradisce i valori della gara”

Nemo restituisce il trofeo dell’Eurovision in protesta contro Israele: “Conflitto con i valori del contest”. Lo spirito della protesta si allarga dopo l’annuncio dei cinque paesi che hanno annunciato il boicottaggio dell’edizione 2026 prevista a Vienna.
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Il cantante svizzero Nemo, primo artista non-binario a conquistare l'Eurovision Song Contest nel 2024, ha deciso di restituire il trofeo vinto con The Code. La decisione arriva come protesta contro la scelta dell'European Broadcasting Union di consentire a Israele di partecipare all'edizione 2026, nonostante le crescenti tensioni legate al conflitto a Gaza.

La dichiarazione di Nemo

In un post pubblicato su Instagram giovedì, il ventiseienne ha espresso senza mezzi termini la sua posizione. "La partecipazione continua di Israele, durante quello che la Commissione d'Inchiesta Indipendente delle Nazioni Unite ha definito un genocidio, mostra un evidente conflitto tra quegli ideali e le decisioni prese dall'EBU", ha scritto Nemo, riferendosi alle conclusioni contenute in un rapporto diffuso a settembre.

Il cantante ha accompagnato le parole con un video che lo ritrae mentre ripone il trofeo in una scatola di cartone, destinata al quartier generale dell'EBU a Ginevra. "Oggi non sento più che questo trofeo appartenga al mio scaffale", ha dichiarato, pur riconoscendo di essere "immensamente grato per la comunità intorno a questo contest e per tutto ciò che questa esperienza mi ha insegnato, sia come persona che come artista".

L'effetto domino dei boicottaggi

La protesta di Nemo si inserisce in un panorama già profondamente fratturato. Cinque nazioni – Islanda, Spagna, Irlanda, Slovenia e Paesi Bassi – hanno annunciato che non parteciperanno all'Eurovision 2026 finché Israele resterà in gara (l'Italia, invece, parteciperà). Un segnale che l'artista svizzero ha sottolineato con forza: "Quando intere nazioni si ritirano, dovrebbe essere chiaro che qualcosa non funziona profondamente".

Nemo ha voluto chiarire che la sua decisione non è diretta contro "individui o artisti", ma contro quello che percepisce come l'utilizzo della manifestazione per "addolcire l'immagine di uno stato accusato di gravi illeciti". Una posizione che mette in discussione non solo le scelte dell'EBU, ma il ruolo stesso dell'Eurovision come piattaforma di valori universali.

L'edizione del 2026 è il settantesimo anniversario

L'Eurovision 2026 si svolgerà a Vienna, in quella che era destinata a essere un'edizione celebrativa per il settantesimo anniversario del contest. Invece, la manifestazione si avvicina all'appuntamento avvolta in polemiche che minacciano di oscurare la musica stessa. "Se i valori che celebriamo sul palco non vengono vissuti fuori dal palco, allora anche le canzoni più belle perdono significato", ha concluso Nemo. Una frase che suona come un ultimatum non solo all'EBU, ma a tutti coloro che credono che l'Eurovision possa ancora rappresentare quell'unità, quella dignità e quell'inclusione che proclama come propri pilastri fondanti.

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