Sparò ai carabinieri a Roma: “Preiti non è pazzo, falso il suo pentimento”

Luigi Preiti, l’uomo che il 28 aprile scorso, nel giorno di insediamento del Governo Letta, sparò davanti a Palazzo Chigi ferendo due carabinieri non è un pazzo. Ad affermarlo è la perizia psichiatrica ordinata dal Giudice per l'udienza preliminare. L'attentatore di Roma sarebbe capace di intendere e di volere e viene descritto come un abituale consumatore di cocaina e alcol. Un uomo che, secondo i periti, non avrebbe avuto alcuna intenzione di suicidarsi dopo l’agguato, come invece aveva voluto far credere. Quando Preiti lo scorso aprile sparò contro i carabinieri davanti Palazzo Chigi (ne ferì due, in particolare il brigadiere Giuseppe Giangrande ha lottato a lungo tra la vita e la morte) sarebbe stato dunque lucido. Dalla perizia psichiatrica emerge il ritratto di un attentatore che non viveva affatto isolato, anzi partecipava assiduamente a serate con svariate persone. “Al momento del fatto – si legge nella relazione – l’imputato presentava un modesto disturbo depressivo in un soggetto portatore di un disturbo di personalità. Tali componenti non avevano rilevanza psichiatrica forense e dunque per le loro caratteristiche e intensità non incidevano in modo significativo sulla sua capacità di intendere e di volere”.
Non voleva suicidarsi – Le lettere inviate da Preiti al brigadiere Giuseppe Giangrande per chiedere perdono appaiono “strumentali” a ottenere benefici in carcere e nel processo: emerge infatti che Preiti “ha ripetutamente parlato dei suoi sensi di colpa per quanto commesso, ma sempre senza mostrare quell’elaborazione depressiva che ne è la naturale conseguenza e, pur con una certa stereotipata teatralizzazione, senza un’autentica partecipazione emotiva”. Nella perizia psichiatrica viene evidenziato, inoltre, scetticismo rispetto alla volontà di suicidarsi dell’attentare: “La spinta suicidaria da lui riferita sembra essersi fermata a livello di pensiero – scrive il professor Rocchini – senza alcun reale tentativo di messa in pratica”. Anziché un autentico desiderio di morte, si rileva una “aggressiva ricerca” di riconoscimento pubblico, “con l’immaturo desiderio di trasformarsi in una sorta di eroe vendicatore, pubblicamente riconosciuto”.