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Sonia, la 21enne italiana nell’Isis: “Ora ho capito e voglio lasciare lo stato islamico”

Per la prima volta parla la giovane originaria del Trevigiano considerata dai pm italiani a tutti gli effetti una foreign fighter dopo la sua adesione all’Isis. “Mi sono resa conto che lo Stato Islamico non era come mi aspettavo, un mondo perfetto e giusto dove si viveva secondo le regole del Corano ma era ormai troppo tardi” ha spiegato la 21enne che ora è in un campo profughi dopo la caduta di Raqqa.
A cura di Antonio Palma
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"Oggi ho due figli, devo pensare a loro, al loro futuro. Vorrei tornare a casa mia ma non lo so se sarà mai possibile", così Sonia Khediri, ventunenne trevigiana, racconta la sua storia di convinta sostenitrice dell'Isis che l'ha portata a trasferirsi dall'Italia in Siria e la sua attuale delusione in un campo profughi a un centinaio di chilometri da Raqqa, l'ex roccaforte dello Stato islamico. Nata da genitori originari della Tunisia ma cresciuta a Fonte, piccolo paese della Marca trevigiana dove i suoi si sono trasferiti circa trent’anni fa, come tante altre donne occidentali, è entrata in contatto con l'Isis e il fondamentalismo islamico attraverso l'amore per un uomo.  "Siamo scappati dal Veneto di notte, di nascosto. Ero già incinta quando siamo partiti. Ho partorito in Turchia, solo dopo abbiamo attraversato il confine. Oggi che di figli ne ho due, vorrei solo che tutto questo finisse" ha rivelato la donna al Tg1.

Una passaggio maturato col tempo e soprattutto dopo la morte del marito, ucciso da un attacco mirato con un drone. " Mi sono subito resa conto che non era come mi aspettavo, un mondo perfetto e giusto dove si viveva secondo le regole del Corano. Quando però me ne sono resa conto era ormai troppo tardi. Avrei voluto tornare a casa, nella provincia di Treviso, ma non si poteva più. Rischiavo la vita anche solo a pensarlo" ha ricordato Sonia che dopo la sua partenza verso la Turchia ha perso ogni contatto coni genitori contrari alla sua scelta. La Procura di Venezia, definendola di fatto una foreign fighter e considerandola pericolosa, aveva chiesto il suo arresto rigettato però dal Gip, ma la donna ha raccontato di aver cercato un contatto con l'Italia per trovare una via di fuga. "Mio padre quando ha saputo che ero in Turchia e ha capito le mie intenzioni ha fatto di tutto per farmi cambiare idea ma non c’è riuscito. Dopo ho provato a cercarli prima con dei messaggi e poi a chiamarli direttamente ma  non ho ottenuto risposte. Non so più nulla di loro, e loro non sanno più nulla di me" ha rivelato la 21enne.

"All’inizio a Raqqa non uscivo neppure di casa, mi occupavo solo delle faccende domestiche. Per me quindi sembrava tutto normale. Solo poi, quando ho cominciato a uscire, mi sono resa conto che uccidevano davvero tanta gente" ha ricordato Sonia che tra le donne dei combattenti Daesh portate nel campo profughi è l'unica che indossa ancora il burqa. "Daesh ama il sangue, uccidere la gente. Non si ferma di fronte a nulla. Prendevano la gente dalle prigioni e uccidevano, anche senza motivo. Ho sentito di teste mozzate attaccate ai pali della luce e una volta ho visto un cadavere appeso al mercato: quando viene ucciso qualcuno, il suo corpo viene esposto per tre giorni davanti a tutti" ha racconttato la giovane , concludendo: "In tanti si sono resi conto di cosa significhi far parte di Daesh solo quando sono arrivati in Siria. Molti volevano uscirne ma non è affatto facile fare retromarcia, tornare indietro. Ancora oggi ci sono molti che vorrebbero dare un taglio a quel tipo di vita ma è difficile"

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