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Sofferenze bancarie: niente bad bank sistemica

Le banche potranno cedere i propri crediti deteriorati ma la garanzia statale coprirà solo una parte di essi e presenterà un costo crescente nel tempo. Nessun rischio per i contribuenti, ma non è detto che basti a superare la fase di perdurante debolezza del sistema creditizio italiano…
A cura di Luca Spoldi
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Mesi persi a parlare di “bad bank sistemica”, a cercare di trovare con la Ue un’intesa per far rilevare da un simile veicolo societario crediti problematici (“Npl”, non performing loans) ad un prezzo che non fosse quello a cui sono iscritti nel bilancio delle banche, ormai irrealistico, ma neppure quello derivante da un’immediata cessione in blocco sul mercato, dove mediamente tali asset sono valutati tra il 10% e il 15% del valore nominale, perché questo avrebbe comportato ingenti esigenze di ricapitalizzazioni che per molti piccoli istituti avrebbero significato fare la fine delle quattro bancherisolte” (dopo due anni e mezzo di tentativi infruttuosi di trovare degli acquirenti per le medesime) lo scorso dicembre.

Poi finalmente la notizia che sì, l’accordo c’è. Ma, sorpresa (ma non troppo), la “bad bank sistemica” non c’è più e a dover essere valutati a prezzi di mercato non saranno gli asset ceduti, ossia le sofferenze che gravano sui conti delle banche italiane per 201,028 miliardi lordi, ovvero 88,8 miliardi netti, pari al 17% (in termini lordi, il 10% in termini netti) dei crediti complessivamente concessi dalle medesime banche italiane, il doppio della media europea. A esser valutate a prezzo di mercato saranno infatti le garanzie che lo stato potrà concedere alle banche che cartolarizzaranno i propri Npl.

Attenzione però: le garanzie statali non saranno gratuite e non andranno a coprire tutti i crediti. La nota del Tesoro è esplicita: lo Stato garantirà soltanto le tranche “senior” delle cartolarizzazioni e in più non si potrà procedere al rimborso delle tranche subordinate, le più rischiose (“junior” e “mezzanina”), se non saranno prima state integralmente rimborsate le tranche senior garantite dallo Stato.

Per evitare ulteriormente che sulle spalle del Tesoro, ossia dei contribuenti italiani, finiscano col gravare oneri impropri le garanzie potranno essere richieste dalle banche che cartolarizzeranno e cederanno i crediti in sofferenza, solo a fronte del pagamento di una commissione periodica al Tesoro, calcolata come percentuale annua sull’ammontare garantito, il cui prezzo sarà di mercato, “come riconosciuto anche dalla Commissione Ue, che concorda sul fatto che lo schema non contempli aiuti di Stato”.

Ma quanto costeranno queste garanzie, che comunque potranno essere concesse solo se i titoli avranno preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore al “investment grade” da parte di un’agenzie di rating, ossia non saranno giudicati “titoli spazzatura”? Il Tesoro non indica un costo puntuale ma la modalità di calcolo del prezzo: si prenderà a riferimento “i prezzi dei Cds (Credit default swap, ossia il costo di una copertura contro il rischio di credito) degli emittenti italiani con un livello di rischio corrispondente a quello dei titoli garantiti”.

Il prezzo poi sarà crescente nel tempo sia per tener conto della maggiore rischiosità delle emissioni a più lunga scadenza sia per incentivare il veloce recupero dei crediti, che verrà affidato dalle banche a soggetti autonomi e indipendenti ossia a più “bad bank” che cercheranno di recuperare la percentuale più elevata possibile dei crediti problematici cartolarizzati. Ma perché una banca dovrebbe affidarsi a una “bad bank” o piattaforma o intermediario esterno che sia per recuperare tali crediti, come fatto ad esempio da Unicredit e Intesa Sanpaolo attraverso una piattaforma comune gestita da KKR Credit già lo scorso giugno?

Perché le banche, specie quelle di minori dimensioni, raramente hanno al proprio interno le necessarie competenze, poi perché ad autorizzare la chiusura delle posizioni “a stralcio” una volta recuperato il 10%-15%-20% del credito originario, finirebbero con essere quegli stessi dirigenti che originariamente avevano concesso il 100% del credito e la cosa potrebbe essere tanto imbarazzante quanto potenzialmente pericolosa per i soci degli istituti dato l’evidente rischio di “combine” tra il creditore “problematico” e il recuperatore (ed ex erogatore) di credito.

In ogni caso le “bad bank” dovranno darsi da fare, perché se l’intervento così configurato non genererà oneri per il bilancio dello Stato, e questo è assolutamente un bene, si prevede, anzi, che le commissioni incassate risulteranno superiori ai costi, e che vi sia pertanto un’entrata netta positiva per l’erario ed anche questo è un bene, ma solo nella misura in cui non vada a generare un ulteriore onere per banche che in questi anni si sono già trovate ad affrontare un mercato in cui i ricavi e i margini di profitto si andavano riducendo più rapidamente dei costi.

Per affrontare la crisi le banche, grandi e piccole, hanno messo prima un freno alle assunzioni, poi avviato una riorganizzazione delle proprie reti che ha visto la chiusura di centinaia di filiali, ormai poco o nulla redditizie, e il licenziamento (o prepensionamento, o spostamento verso forme retributive a provvigione) di decine di migliaia di lavoratori, nonché con un aumento dei costi applicati alla clientela.

La reazione dei titoli bancari quotati in borsa, dopo un recupero visto nelle ultime giornate, è stata a dir poco tiepido ma è normale che sia così, visto che si aspetta di conoscere in dettaglio i sopra mensionati costi per avvalersi della garanzia statale; sarà inoltre cruciale capire se al Bce potrà a sua volta acquistare tranche senior di tali capitalizzazioni o meno. Tutti questi aspetti determineranno la convenienza o meno per i singoli istituti a cedere porzioni più o meno ampie dei propri Npl e dunque a dar vita a un vero e proprio mercato “delle sofferenze”.

Quello che si sa per ora è che per i primi 3 anni il costo della garanzia statale sarà calcolato come media del “mid price” dei Cds a tre anni per emittenti con rating corrispondente a quello delle tranche garantite. Dal quarto e quinto anno sarà applicato un primo “step up” (si prenderanno a riferimento i più costosi Cds a 5 anni) e una “maggiorazione incentivante”, a compensazione del minore tasso pagato per i primi 3 anni. Dal sesto anno in avanti il prezzo della garanzia sarà pieno (si calcolerà sui Cds a 7 anni, ancora più costosi) e per il sesto e settimo anno sarà anche dovuta una ulteriore maggiorazione incentivante, a compensazione del minore tasso pagato per i primi 5 anni.

Nel complesso il meccanismo sembra sufficientemente in grado di tutelare i contribuenti italiani e di questo si deve probabilmente ringraziare la determinazione della Commissione Ue che non ha ceduto alle richieste italiane (si parlava fino a pochi giorni fa di ultime trattative per valutare direttamente gli Npl che avrebbe potuto comprare la “bad bank sistemica” tra un 15% proposto dalla Ue e un 30% proposto da parte italiana). Quello che è da vedere è se sarà anche un meccanismo sufficiente ad alleviare la sofferenza del sistema bancario italiano, rendendolo finalmente in grado di tornare a fare il proprio mestiere ossia offrire credito a chi ha un progetto imprenditoriale serio e che dia garanzie di profitto. Il bicchiere è mezzo pieno.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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