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Delitto di Avetrana: l'omicidio di Sarah Scazzi

Sarah Scazzi, dalla scomparsa alle due condanne per Sabrina e Cosima

Sarah Scazzi, 15enne di Avetrana, scomparve nel nulla il 26 agosto del 2010. Il suo corpo fu ritrovato 42 giorni dopo. In primo e in secondo grado sono state condannate all’ergastolo la cugina e la zia, Sabrina Misseri e Cosima Serrano.
A cura di Susanna Picone
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Il processo per l'omicidio di Sarah Scazzi è ripreso oggi con le arringhe degli avvocati di parte civile. Nella scorsa udienza i pm hanno chiesto l'ergastolo per Sabrina Misseri e la madre Cosima Serrano, 9 anni di carcere per Michele Misseri e pene inferiori per gli altri imputati.
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Secondo i giudici di primo grado e anche quelli della Corte d’appello d’assise sono Sabrina Misseri e sua madre Cosima Serrano le responsabili della morte di Sarah Scazzi, la giovane scomparsa da Avetrana (Taranto) il 26 agosto del 2010. Sarah aveva 15 anni e, dopo settimane di ricerche, fu ritrovata senza vita in un pozzo-cisterna in contrada Mosca. Era la notte tra il 6 e il 7 ottobre 2010, esattamente 42 giorni dopo la scomparsa. Quello di Avetrana è un giallo che, dunque, dura ormai da cinque anni. Il 27 luglio 2015 si è concluso il processo d’appello a Taranto. I giudici, nonostante le dichiarazioni delle due principali imputate (che dicono di essere innocenti) e la posizione di Michele Misseri che invece continua ad accusarsi del delitto, hanno confermato la sentenza di primo grado: ergastolo, dunque, per la cugina e la zia della vittima, 8 anni per il contadino di Avetrana per concorso in soppressione di cadavere.

La scomparsa di Sarah Scazzi da Avetrana

Sarah Scazzi scomparve nel nulla ad Avetrana nel primo pomeriggio del 26 agosto del 2010. La ragazzina sarebbe dovuta andare al mare con sua cugina Sabrina e un’altra amica ma di lei si persero le tracce prima di arrivare nella villetta di Michele Misseri. Da quel momento partirono le ricerche e anche l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano assicurò il massimo impegno nelle indagini. Ben presto gli investigatori iniziarono ad avere sospetti sulla famiglia Misseri. Fu Michele Misseri, zio della vittima, a far ritrovare il 29 settembre il cellulare della ragazza in un campo. Tutti i componenti della famiglia Misseri vennero ascoltati a lungo in quei giorni e il 6 ottobre arrivò la confessione del contadino di Avetrana. Dopo quella confessione fu ritrovato il corpo senza vita di Sarah.

La confessione di Misseri e gli arresti di Sabrina e Cosima

Michele Misseri, in questi anni, ha più volte cambiato versione sul delitto di Sarah Scazzi. Inizialmente si è accusato dell’omicidio – disse di aver strangolato la nipote nel garage della sua villetta – poco dopo però ha chiamato in causa la figlia minore, Sabrina. La giovane fu dunque arrestata e accusata del delitto da parte di suo padre. Alla fine del 2010 Michele Misseri è tornato più volte e in varie forme ad accusarsi dell’omicidio di Avetrana, ma gli investigatori nel frattempo hanno raccolto indizi anche su sua moglie e madre di Sabrina, Cosima Serrano, che fu poi arrestata il 26 maggio 2011 con l’accusa di concorso in omicidio e sequestro di persona. Il 30 maggio del 2011 Michele Misseri fu scarcerato, per lui l’accusa è rimasta quella di soppressione di cadavere.

Il processo di primo grado per il delitto di Sarah Scazzi

Il primo processo per l’omicidio di Sarah Scazzi ad Avetrana è iniziato il 10 gennaio del 2012. La sentenza è arrivata più di un anno dopo, il 20 aprile del 2013 (qui le motivazioni). La Corte di Assise ha condannato all’ergastolo Sabrina Misseri e Cosima Serrano per omicidio, sequestro di persona e soppressione di cadavere. Michele Misseri fu condannato invece a 8 anni. I giudici di primo grado hanno condannato inoltre a 6 anni di reclusione ciascuno per concorso in soppressione di cadavere Carmine Misseri e Cosimo Cosma, fratello e nipote di Michele Misseri. Due anni di reclusione furono inflitti all'ex difensore di Sabrina, Vito Russo, per intralcio alla giustizia. Per i tre favoreggiatori, la corte ha inflitto un anno di reclusione ciascuno ad Antonio Colazzo e Cosima Prudenzano e un anno e 4 mesi a Giuseppe Nigro, con pena sospesa.

Il processo d’appello: ergastolo confermato per Sabrina e Cosima

Il 14 novembre 2014, dinanzi alla sezione distaccata di Taranto della Corte di assise di appello di Lecce, è iniziato il processo di secondo grado per il delitto di Avetrana. I giudici hanno confermato l'ergastolo per Sabrina Misseri e Cosima Serrano. È stata confermata anche la condanna di primo grado a 8 anni per Michele Misseri. A parziale riforma della sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Taranto la Corte d'Assise d'appello ha assolto perché “il fatto non sussiste” Antonio Colazzo, cognato del fioraio di Avetrana che in un primo momento aveva sostenuto di aver assistito al sequestro di Sarah Scazzi salvo poi ritrattare tutto. Era accusato di favoreggiamento personale. Assolta anche la suocera del fioraio, Cosima Prudenzano, anche lei accusata di favoreggiamento personale. Confermata la condanna a 1 anno e 4 mesi per Giuseppe Nigro, imputato per lo stesso reato. Pena riconvertita per l'ex avvocato di Sabrina Misseri, Vito Russo, condannato a 1 anno e 4 mesi per favoreggiamento personale. Eliminato l'aumento di pena per recidiva generica contestata al fratello di Michele, Carmine Misseri, che dovrà scontare una pena di 5 anni e 11 mesi di reclusione per soppressione di cadavere.

Le reazioni dopo la sentenza d’appello

“Sabrina sperava in una sentenza di tutt'altro segno, anche solo una riforma parziale. Ma io l'avevo preparata”, ha commentato il secondo ergastolo l’avvocato Nicola Marseglia, che difende Sabrina Misseri. Ha parlato di una sentenza poco comprensibile il difensore di Cosima Serrano Franco De Jaco, secondo il quale la prova che Cosima abbia contribuito all’omicidio di Sarah non sarebbe stata minimamente raggiunta. Alla lettura della sentenza a Taranto Sabrina è scoppiata in lacrime, Cosima è rimasta impassibile. Le due donne, che in carcere condividono la stessa cella, hanno ascoltato la lettura della sentenza in piedi, una accanto all’altra. Michele Misseri, mentre la figlia e la moglie lasciavano l’aula per essere riaccompagnate in cella, ha abbandonato il tribunale scortato dai suoi avvocati e dalla polizia. Qualcuno gli ha urlato “assassino”. Già deciso, per tutti gli imputati, il ricorso in Cassazione.

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