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Attentato Sigfrido Ranucci

Tutte le ipotesi sull’attentato a Sigfrido Ranucci: quattro piste, caccia a un’auto scura

Continuano serratissime le indagini per cercare di chiarire chi abbia posizionato l’ordigno esploso sotto l’auto di Sigfrido Ranucci a casa sua a Pomezia: quattro o cinque le piste più accreditate. Tutte le ipotesi.
A cura di Beatrice Tominic
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Sigfrido Ranucci a sinistra e i resti dell’automobile esplosa a destra.
Sigfrido Ranucci a sinistra e i resti dell’automobile esplosa a destra.
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Continuano le indagini sull'ordigno fatto esplodere giovedì notte sotto l'automobile di Sigfrido Ranucci a Pomezia. Il lavoro degli inquirenti continua serratissimo e non lascia indietro alcuna ipotesi. La principale è che a piazzare la bomba, fabbricata con un chilo di polvere pirica, una quantità ritenuta dagli artificieri sufficiente per uccidere, sotto l'automobile del giornalista di Report possano essere state figure legate alle sue ultime inchieste, dai clan alla criminalità organizzata fino al mondo degli ultras.

Non si esclude, però, che a posizionare la bomba sia stata una persona "su commissione". Escludendo che i grandi gruppi criminali vogliano affidarsi a terzi, il mandante potrebbe essere una figura che ha agito per ragioni "strettamente personali".

Chi indaga, inoltre, sta trovando correlazioni che potrebbero collegare l'ordigno con il rinvenimento di due proiettili di una P38, ritrovati lo scorso anno davanti all'abitazione di Ranucci. Le ricerche adesso si concentrano anche su un'automobile scura a bordo della quale sarebbe arrivato chi ha piazzato la bomba.

L'ordigno sotto alla macchina e i due proiettili della P38

Per cercare di chiarire chi possa aver piazzato la bomba esplosa giovedì scorso, le indagini continuano anche nel passato di Ranucci e scavano fra le tante minacce e gesti intimidatori che hanno preceduto questo: non a caso, Ranucci vive sotto scorta dal 2009. Un anno fa, ad esempio, davanti all'abitazione del giornalista sono stati ritrovati due proiettili di una P38, lasciati nello stesso luogo in cui è stata ritrovata la bomba, a pochi passi dall'ingresso in cui parcheggia l'automobile il giornalista, davanti a uno degli ingressi della casa, l'unico utilizzato dal giornalista. Questo sembra confermare il fatto che a piazzare proiettili e bomba sia stato qualcuno che seguiva ogni movimento di Ranucci. 

I resti dell’automobile di Ranucci dopo l’esplosione.
I resti dell’automobile di Ranucci dopo l’esplosione.

Un altro punto in comune è che giovedì scorso, così come un anno fa, Ranucci rientrava a casa dopo un periodo di assenza, ulteriore prova che fosse monitorato da chiunque volesse minacciarlo, come ha spiegato lui stesso durante il colloquio con il pm Carlo Villani e il procuratore capo Francesco Lo Voi. Lo scorso anno, però, i due proiettili sono stati lasciati davanti all'ingresso, con una "cura" che non è passata inosservata agli agenti della scorta, i primi ad accorgersi della loro presenza.

Caccia all'auto sospetta: acquisite le videocamere di sorveglianza

Oltre a cercare di risalire ai mandanti dell'attentato, gli inquirenti stanno cercando di individuare chi abbia materialmente posizionato la bomba sotto all'automobile. Al lavoro ci sono gli agenti della Digos, i carabinieri del nucleo investigativo di Frascati e di via In Selci, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia con l'aggiunta Ilaria Calò. Sono loro che stanno passando al vaglio le telecamere di videosorveglianza per cercare di ricostruire la serata di giovedì e individuare chi abbia piazzato l'ordigno. Riprese condominiali, telecamere in rotatorie e semafori, registrazioni esterne gli esercizi commerciali: l'obiettivo è ricostruire immagine per immagine il percorso di un'automobile ritenuta sospetta.

Sigfrido Ranucci durante il presidio in suo sostegno dopo l’attentato.
Sigfrido Ranucci durante il presidio in suo sostegno dopo l’attentato.

L'ipotesi della "minaccia su commissione": indagini sui possibili mandanti

L'ipotesi che l'esplosione dell'ordigno sia stata una "minaccia su commissione" piuttosto che un atto intimidatorio da parte di un grosso gruppo di criminalità organizzata sembra farsi largo fra gli inquirenti. Il mandante potrebbe aver agito "a titolo personale", riporta il Corriere della Sera, per interessi privati. E figure di questo genere non mancano nelle inchieste portate avanti dal giornalista: da imprenditori coinvolti in appalti non troppo trasparenti a personalità che dividono la propria vita fra quella in veste ufficiale e una più nascosta.

Sarebbe stato lo stesso Ranucci ci sarebbero almeno quattro o cinque piste che ricondurrebbero allo stesso ambito. Da non tralasciare, infine, il fatto che nella stessa giornata di giovedì un pentito di mafia, fonte di Report, sia stato trasferito da una località protetta all'altra.

E mentre da una parte continuano le indagini, dall'altra non manca la solidarietà dei colleghi di Ranucci, dalla Rai che ha parlato di "attacco al pubblico servizio", dal mondo della politica e anche dalle persone comuni che si sono ritrovate sotto casa sua in quattrocento per far sentire al giornalista la loro vicinanza.

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