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Straordinario intervento al Bambino Gesù: doppio trapianto fegato-rene per due gemelli di 16 anni

Doppio trapianto fegato rene nella stessa giornata per due ragazzi di 16 anni all’ospedale Bambino Gesù affetti da una malattia metabolica.
A cura di Beatrice Tominic
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L'operazione chirurgica al Bambino Gesù.
L'operazione chirurgica al Bambino Gesù.

Trapianto doppio fegato-rene per due ragazzi di 16 anni, gemelli, entrambi affetti da una malattia metabolica rara.  Si tratta dell'acidemia metilmalonica, una malattia rara che colpisce circa 2 persone ogni 100.000. I primi segni della malattia si notano fin dai primi giorni di vita.

È quanto accaduto anche ai due gemelli, costretti a ricoveri in ospedale durante la loro infanzia per episodi di scompenso metabolico e, negli ultimi anni, una progressiva insufficienza renale. I due si sono presentati al Bambino Gesù di Roma per un trapianto nel 2021, indirizzati dai medici curanti dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bari. Ad un anno dal trapianto, dopo una vita di rigido regime alimentare, possono assaggiare cibi nuovi e concedersi una pizza con gli amici.

La storia dei due fratelli gemelli

Arrivati nell'ospedale pediatrico della capitale nel gennaio del 2021, hanno iniziato il percorso per essere avviati al trapianto combinato di fegato e rene, seguiti entrambi da un'equipe multidisciplinare che ha garantito supporto sia clinico che emotivo.

Per due anni sono rimasti in attesa di trapianto, ma a marzo 2023 la condizione clinica di entrambi è entrata in una fase critica e delicata, con un rapido peggioramento clinico, neurologico, cognitivo. Per curare l'insufficienza renale hanno dovuto iniziare la dialisi. Per fortuna, pochi giorni dopo è arrivata la segnalazione di un donatore compatibile che ha permesso ai due di essere sottoposti, nel corso della stessa giornata, al doppio trapianto fegato-rene.

Il doppio trapianto con una tecnica innovativa

"Per operare i due di trapianto, realizzato da un unico donatore deceduto, è stata utilizzata una complessa tecnica di divisione del fegato, diversa da quella più spesso utilizzata, e impiegati dei sistemi di perfusione extracorporea degli organi destinati a trapianto", ha spiegato Marco Spada, responsabile del Programma di Trapianto di Fegato del Bambino Gesù

"Se tutto questo è stato possibile, dobbiamo ringraziare la generosità della famiglia del donatore e i vari specialisti del nostro ospedale che, spesso, come in questo caso, si occupa anche di casi molto complessi. La difficoltà dei trapianti non è solo chirurgica e medica, ma anche organizzativa. In tal senso, la rete trapianti italiana, gestita dai coordinamenti regionali e dal Centro Nazionale Trapianti, è un esempio di efficace integrazione tra regioni e territorio nazionale".

Doppio trapianto: i gemelli un anno dopo

Ad un anno dalla doppia operazione, i due gemelli hanno iniziato a vivere una vita più simile a quella dei loro coetanei. Costretti ad un severo regime alimentare per contrastare gli effetti della malattia, ad un anno dal trapianto sono riusciti a concedersi una pizza, cucinata insieme ai loro compagni di classe, dell'Istituto alberghiero. Uno di loro, che vuole diventare cuoco, ha iniziato ad assaggiare cibi nuovi. L'altro vorrebbe diventare un barman.

"I medici hanno mantenuto la promessa, ce ne accorgiamo ogni giorno: loro sono più tranquilli, hanno acquisito una nuova autonomia e una maturità differente – dichiara la mamma dei due ragazzi – Anche per noi genitori la vita è cambiata. Abbiamo meno preoccupazioni. È ed è stato un percorso difficile, ma la scelta del trapianto è stata provvidenziale per vivere una vita migliore. E la consiglia". La loro testimonianza arriva a due giorni dalla Giornata nazionale per la donazione di organi e tessuti che si celebra il 14 aprile.

La malattia rara dei due gemelli

I primi segni della malattia, come anticipato, sono visibili fin dai primi giorni di vita. Nel corpo si verifica un progressivo accumulo di acido metilmalonico, altamente tossico ed estremamente nocivo per vari organi e apparati come il sistema nervoso, i reni, gli occhi e il pancreas.

"Fino a pochi anni fa le uniche cure disponibili per questa malattia erano basate su un regime alimentare molto restrittivo a basso contenuto di proteine, i precursori dell’acido metilmalonico, che andava mantenuto per tutta la vita – ha spiegato Carlo Dionisi Vici, responsabile di Malattie metaboliche ed Epatologia del Bambino Gesù – Ma nonostante la dieta, i pazienti restavano comunque a rischio per le crisi di scompenso metabolico e per lo sviluppo di gravi complicanze legate alla malattia".

A migliorare la situazione, però, è stata la possibilità di trapianto: "Oggi si ricorre sempre più spesso ad operazioni di questo tipo, al trapianto di fegato o al trapianto combinato fegato-rene per migliorare la prognosi dei pazienti con acidemia metilmalonica, per ridurre il rischio di complicanze e migliorare la qualità di vita".

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