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La morte di Stefano Dal Corso in carcere

Stefano Dal Corso è stato suicidato in carcere? Tutte le cose che non tornano nella morte del 42enne

Sono troppe le cose che non tornano sulla morte nel carcere di Stefano Dal Corso nel carcere di Oristano. Il 42enne del Tufello è stato trovato impiccato il 12 ottobre 2022, ma l’autopsia non è mai stata effettuata nonostante le istanze della famiglia. Ora la sorella Marisa chiede di fare chiarezza su quanto accaduto.
A cura di Valerio Renzi
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Il 12 ottobre del 2022 Stefano Dal Corso muore a 42 anni nel carcere Casa Massama di Oristano. Secondo quanto raccontato alla sorella ed è scritto nero su bianco nei verbali, viene trovato impiccato in cella. Caso chiuso: per la Procura non c'è bisogno di autopsia, è un suicidio. Un caso su cui molti sono i dubbi che forse solo un'autopsia potrebbe fugare, ma la procura non l'ha concessa e la famiglia di Stefano ora sta raccogliendo i soldi per svolgerla come perizia di parte. Abbiamo incontrato la sorella Marisa, che tutti conoscono come Mary, e la legale Armida Decina, che ci hanno raccontato la battaglia per sapere cosa è successo a Stefano.

"Mi arriva una telefonata, mi dicono ‘è il carcere di Oristano, le passiamo al parroco che vuole parlare con lei'. Lui mi dice ‘signora volevo comunicarle purtroppo che suo fratello ci ha lasciati'. Inizialmente sono rimasta un attimo… perché, ho pensato, è scappato? Ho chiesto cosa fosse successo, che ha fatto, mi hanno detto ‘non lo sappiamo, è stato trovato in cella senza vita, impiccato'", racconta Mary nella casa popolare dove abita al Tufello, il quartiere dove anche Stefano ha sempre vissuto.

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Alcune cose non tornano e la famiglia, attutito lo shock e superate le prime settimane di dolore, comincia a farsi delle domande: perché non ci sono foto del ritrovamento del corpo? Come ha fatto Stefano a confezionare il cappio con cui si è tolto la vita? Nella cella non ci sono né indumenti né lenzuoli strappati. E poi: come ha fatto a togliersi la vita se la distanza con il letto sottostante era insufficiente a lasciarsi cadere? E perché sul letto non c'è nessuna traccia e appare perfettamente fatto? Perché Stefano si sarebbe tolto la vita senza dare prima nessun segnale di disperazione, visto che da lì a poche settimane sarebbe uscito? E in ultimo: secondo il legale della famiglia è molto difficile stabilire ad occhio nudo senza un'autopsia che la rottura dell'osso del collo sia la causa del decesso così come riportato dalla cartella medico legale.

Mary fatica a trattenere le lacrime mentre racconta: "Per settimane sono proprio morta, non sono riuscita a fare niente. Non ci credi che tuo fratello… quanto ha sofferto? Quanto ci avrà messo a morire? Se n'è accorto?". Poi la convinzione che "Stefano non avrebbe mai fatto una cosa del genere" si fa più forte. "È impossibile, ha una figlia di sette anni. Lo sentivamo stava bene. No, è impossibile". Stefano era rientrato in carcere per scontare una pena residua, era in Sardegna per poter assistere a un'udienza e presto sarebbe uscito.

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Il racconto ora passa alla legale Armida Decina: "Io chiaramente mi attivai subito per chiedere copia della relazione medico legale e copia dell'album fotografico. Entro in possesso di 13 foto. La prima cosa che notai è che mancava una foto di come Stefano è stato trovato. A Marisa viene detto che Stefano viene trovato con un piede sul letto. Ora è evidente che l'altezza che noi abbiamo tra letto e la finestra non è sufficiente a spezzarsi l'osso del collo. E poi il letto è perfettamente integro, non una pedata sul letto. E soprattutto il letto è tutto fatto, non vedo lenzuola rotte, è tutto apposto". Poi ci sono i segni sul corpo di Stefano che fanno pensare che le cose potrebbero essere andate in un altro modo: "Queste foto presentano su un braccio un livido molto evidente da presa. Poi c'è un segno sul collo che potrebbe non essere compatibile con l'impiccagione".

"Noi vogliamo solamente conoscere e capire cosa sia successo a Stefano il 12 ottobre. Qui nessuno sta accusando nessuno. Vogliamo che siano ricostruite le ore precedenti la morte di Stefano, e riteniamo che l'esame autoptico sia doveroso per la tutela di tutti e il diniego da parte della Procura è inspiegabile", conclude Decina.

Ad accompagnare la famiglia Dal Corso nella sua battaglia c'è anche Luca Blasi, assessore alla Cultura del III Municipio di Roma. "L'autopsia è evidentemente l‘unico strumento che può fugare ogni ombra su quanto è accaduto a Stefano. – spiega – Quindi il nostro appello intanto a non lasciare sola la famiglia Dal Corso a raccogliere i soldi necessari ad effettuare l'esame autoptico. Poi il Municipio come ente di prossimità non farà mancare il suo sostegno nel chiedere che si faccia chiarezza sulla morte di un cittadino mentre si trovava sotto la tutela e la custodia dello Stato".

Del caso si è poi occupata anche la senatrice di Alleanza Verdi Sinistra Ilaria Cucchi: "In base agli elementi che mi sono stati consegnati, e che sono anche all’attenzione degli uffici competenti, mi chiedo per quale motivo si sia ritenuto di non dover procedere con l’esame autoptico sul corpo di Stefano Dal Corso. Risulterebbe, da quanto mi viene segnalato, che le cause del decesso non appaiono chiare. La famiglia non crede nel suicidio in quanto il detenuto Stefano Dal Corso, al quale mancavano pochi mesi per concludere la pena, parlava di futuro con loro proprio qualche giorno prima del decesso. Sarebbe a mio avviso opportuno, anzi doveroso, mettere in essere tutte le iniziative per dare risposta ai legittimi dubbi che questo caso solleva. Va fatta l’autopsia, a garanzia di tutti. O forse qualcuno ritiene che non ne valga la pena per quel detenuto?". Già nelle prossime ore sarà resa pubblica l'appuntamento di una conferenza stampa in Senato con la famiglia Dal Corso.

Ora che piano piano la vicenda sta emergendo in tutta la sua gravità Mary e la sua famiglia sono meno soli, ma il dubbio che l'attanaglia ancora è senza risposta:  "Io conosco mio fratello, so che non può essere andata così. So che c'è dell'altro e vorrei sapere se c'è dell'altro. Penso che è un mio diritto. Perché quindi non lasciar fare un'autopsia che non lascerebbe dubbio su quanto è accaduto in carcere e metterebbe in pace la mia anima?".

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