Si getta nel Tevere per suicidarsi, carabinieri si tuffano e lo salvano: “Non potevamo restare a guardare”

Si è lanciato da Ponte Sisto per cercare di togliersi la vita. Sul posto sono accorsi il carabiniere scelto Riccardo Leanza e il vicebrigadiere Clemente Vinciguerra che non hanno esitato e si sono tuffati nel Tevere per salvarlo. Ecco cosa hanno raccontato a Fanpage.it.
A cura di Beatrice Tominic
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A sinistra il vicebrigadiere Clemente Vinciguerra, a destra il carabiniere scelto Riccardo Leanza.
A sinistra il vicebrigadiere Clemente Vinciguerra, a destra il carabiniere scelto Riccardo Leanza.

Paura a Roma, dove verso le ore 20 di ieri, lunedì 11 agosto 2025, un ragazzo si è lanciato nel Tevere da Ponte Sisto per togliersi la vita. Sul posto, dopo la segnalazione arrivata da una passante che ha assistito alla scena, si sono precipitati immediatamente i carabinieri del Nucleo Radiomobile di Roma, della Sezione Motociclisti e dell'Autoradio. Due di loro, non appena compreso la pericolosità imminente, hanno raggiunto la sponda del fiume e senza esitare si sono lanciati in acqua per salvare il giovane.

"Siamo stati chiamati dalla centrale, ma quando siamo arrivati ci siamo resi conto che la sezione fluviale sarebbe arrivata soltanto pochi attimi più tardi, così siamo intervenuti noi", spiega a Fanpage.it il vicebrigadiere Clemente Vinciguerra. "Se non avessimo fatto qualcosa, sarebbe potuta essere una tragedia. Conoscevamo le difficoltà, abbiamo anche agito d'istinto: dovevamo fare di tutto per salvare quel ragazzo", aggiunge il carabiniere scelto Riccardo Leanza.

I fatti, come anticipato, risalgono alla sera scorsa, verso le ore 20. "Quando siamo arrivati – spiega Vinciguerra – Abbiamo trovato una folla enorme che, dal ponte stesso e dalle sponde, indicava l'uomo in acqua". Le squadre di carabinieri hanno raggiunto la sponde del Tevere. E i due carabinieri, consci che ogni minuto e ogni secondo avrebbe potuto fare la differenza, si sono lanciati.

"Abbiamo messo in sicurezza le armi, lasciandole al controllo dei colleghi. Ci siamo spogliati e ci siamo lanciati in acqua – continua Vinciguerra – Conosciamo le difficoltà che possono esserci in un fiume come Roma, ma abbiamo entrambi esperienza nel nuoto, così non ci abbiamo pensato due volte".

Il momento in cui uno dei due carabinieri si è lanciato in acqua.
Il momento in cui uno dei due carabinieri si è lanciato in acqua.

Una volta raggiunto il giovane, però, hanno dovuto fare i conti con lui. "Non era per niente collaborativo, ha opposto resistenza e continuava a provare a spingerci con la testa sott'acqua o ad allontanarci – ricorda Leanza – Una raggiunto, per prima cosa abbiamo provato a tranquillizzarlo, ma senza successo. Era preso dal panico, respirava con affanno. Urlava: Lasciatemi stare, voglio morire. E poi abbiamo iniziato a spostarci tutti e tre insieme verso la riva, nella speranza che nel frattempo potessero riuscire ad arrivare ulteriori aiuti".

La situazione si è tranquillizzata un po' soltanto quando gli è stato lanciato un salvagente. "Siamo riusciti a portarlo a riva, dove era già arrivato il personale medico del 118". Gli operatori del pronto soccorso sanitario del 118 lo hanno trasportato via in ambulanza, nel pronto soccorso dell'ospedale San Camillo, dove è stato accolto con un codice rosso.

Anche i carabinieri sono stati trasportati in ospedale, al Sant'Eugenio, per degli accertamenti dopo aver ingerito l'acqua del fiume durante il salvataggio. "Fortunatamente sembra che i medici non abbiamo riscontrato niente di infettivo", spiega Vinciguerra. "Gli accertamenti sono stati necessari dopo che, ad emergenza finita, abbiamo iniziato ad accusare nausea e mal di testa – gli fa eco Leanza – Ci hanno prescritto una cura antibiotica. Senza il nostro intervento sarebbe potuta andare molto peggio a quel ragazzo".

Grazie al loro intervento, invece, il giovane è salvo. "Siamo entrati in acqua in due, ma è stato un lavoro di squadra, da soli non avremmo potuto salvarlo. Abbiamo dovuto decidere in pochi secondi: in questo ci addestra la strada – precisa, prima di concludere, Vinciguerra – C'era la folla intorno a noi, ma da quando siamo scesi in banchina abbiamo avuto chiaro il nostro obiettivo: non esistono voci, non esiste la gente. È come entrare in un tunnel: seguiamo chi ci sembra più lucido e può indicarci l'obiettivo. Poi iniziamo a lavorare pensando solo al nostro scopo. E non ci fermiamo fino a quando non lo abbiamo raggiunto".

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