Scomparsa Emanuela Orlandi, il vicecapo della polizia: “C’entra De Pedis: rapporti stretti con Vaticano e Marcinkus”

Ricevuto oggi in commissione bicamerale d'inchiesta il prefetto Nicolò Marcello D'Angelo, già vice capo della Polizia e all'epoca dei fatti funzionario per la Squadra Mobile che, nel corso della sua carriere, si è occupato più volte della Banda della Magliana.
"Non escludo che Enrico De Pedis potesse essere coinvolto nel sequestro di Emanuela Orlandi – ha fatto sapere rispondendo a una domanda posta dalla deputata Stefania Ascari (Movimento 5 Stelle) – Non ho prove per dirlo, ma credo che abbia a che fare con questo sequestro. Non escludo potesse essere interessato: Renatino aveva rapporti stretti con il Vaticano, in particolare con Marcinkus".
D'Angelo sulla Banda della Magliana: "Era un'agenzia del crimine"
Nel corso della sua audizione, poi secretata, D'Angelo si è fermato a parlare della Banda della Magliana. "L'ho sempre definita un'agenzia del crimine – ha ripercorso il poliziotto – Ho iniziato a contrastare questo gruppo nell'84. La banda era unica, ma composta da due bande distinte e separate, condividevano interessi comuni ma avevano canali di approvvigionamento diversi: da una parte quello di Magliana, dall'altra quello di Testaccio. Era quest'ultimo a fare la differenza criminale, il più importante".
A capo della banda Enrico De Pedis, detto Renatino, che aveva contatti stretti con diverse personalità del Vaticano. Fra queste, citato dallo stesso D'Angelo, anche monsignor Marcinkus, presidente dello Ior.
Monsignor Marcinkus ed Emanuela Orlandi
D'Angelo non è il primo a fare il nome di monsignor Marcinkus in merito alla scomparsa di Emanuela Orlandi. Già prima di lui, Sabrina Minardi, che poi fece riaprire le indagini sul caso nei primi anni duemila, aveva aveva citato il presidente dello Ior. La donna, compagna di De Pedis, secondo quanto raccontato da lei stessa, avrebbe assistito alle fasi del rapimento.
Prelevata da Roma, la giovane sarebbe stata portata in un'abitazione sul litorale a Torvajanica. Lì l'avrebbe raggiunta Marcinkus che, una volta sul posto, si sarebbe chiuso nella stanza con la quindicenne. "Urla e grida facevano pensare a uno stupro", avrebbe riferito anni dopo Minardi, facendo riferimento alle abitudini del religioso che sarebbe stato solito organizzare festini con minorenni dentro le mura dello Stato Pontificio e in un appartamento in viale Angelico. La stessa Minardi, più tardi, ha raccontato che proprio in questa casa una volta avrebbe accompagnato delle prostitute.
Una volta arrivato a Torvajanica il monsignore, secondo la testimonianza della donna, si sarebbe chiuso in camera con la ragazza. Dall'esterno avrebbe sentito le grida e i pianti di Emanuela Orlandi e avrebbe pensato a uno stupro.