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Covid 19

Rsa del Lazio, centinaia i contagi. Familiari dei pazienti: “Non si sono preparati a seconda ondata”

Nella seconda ondata della pandemia da coronavirus, le Rsa e le cliniche non sono state risparmiate, con cluster e focolai in tutto il Lazio. Secondo la denuncia del Comitato nazionale familiari Rsa e Rsd, le strutture non si sarebbero organizzate, né per affrontare la forza del virus, né per consentire le visite ai pazienti, lasciati soli e isolati.
A cura di Natascia Grbic
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Immagine di repertorio (La Presse)
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Uno dei drammi delle seconda ondata di coronavirus, si è confermato quello delle Rsa. Strutture per persone anziane o con patologie che necessitano di assistenza e non possono essere accudite a domicilio, a volte private a volte pubbliche, nei quali i contagi non hanno risparmiato nessuno. Né pazienti né operatori sanitari. Centinaia i positivi nella seconda ondata della pandemia, diversi i morti. E da fuori, i familiari dei pazienti protestano. Il Comitato nazionale familiari Rsa e Rsd, che adesso ha aperto una pagina Facebook per coordinarsi e raccogliere le varie denunce, denuncia una situazione che non è cambiata rispetto alla prima ondata. E la solitudine dei loro cari, sempre più soli, senza nemmeno un parente che possa andare a fargli visita e dargli conforto.

Mancanza di organizzazione per la seconda ondata

"Queste strutture non si sono organizzate per mettere in piedi dei sistemi che impediscano il contagio tra le persone – spiega Antonio Burattini, membro del Comitato – Senza contare il livello di comunicazione quasi inesistente, veniamo a sapere dei contagi dai giornali o dal passaparola di amici e conoscenti. Non hanno imparato la lezione dalla prima fase, ci sono ancora strutture dove si creano i focolai e non sanno gestire la situazione. Bisogna separare la struttura in maniera fisica, impedire al personale di spostarsi liberamente da un reparto covid a un reparto non covid. In Italia e non solo nel Lazio, queste disposizioni non vengono rispettate". Secondo quanto denunciato dal Comitato, che lavora in sinergia col sindacato Cub Sanità, non verrebbe fatto tutto il possibile per limitare i contagi tra le persone. "Aspettano di arrivare a trenta positivi e poi intervengono. Se facessero prima i tamponi, o in prevenzione, la situazione non sarebbe così grave. Ovviamente non incolpiamo il personale sanitario e le persone che lavorano nelle Rsa, ma bisogna trovare una soluzione".

"Anziani si lasciano morire di solitudine"

Il Comitato nazionale familiari Rsa e Rsd nasce anche con un altro obiettivo: quello di poter entrare nelle strutture per far visita ai propri cari. "Vogliamo far visita ai nostri parenti garantendo il loro e il nostro benessere sotto tutti gli aspetti – continua Burattini – Solo in pochi casi isolati si è previsto come fare. Anche un vetro separatore, una stanza a hoc, qualcosa per avere almeno un primo contatto. Dove i nostri cari capiscano che non sono stati abbandonati. In molti purtroppo lo pensano. Le situazioni sono ovviamente molteplici, ci sono pazienti che stanno meglio di altri e comprendono la situazione. Molte persone però soffrono di Alzheimer o demenza senile. Loro non riescono a trarre beneficio dalle chiamate col tablet, alcuni di loro sono anche ciechi o sordi. In questi casi serve vederli, per non lasciarli in completa solitudine. A causa della quale, alcuni si lasciano morire".

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