video suggerito
video suggerito

Ragazza trans sequestrata dalla polizia in aeroporto in Egitto: “Rinchiusa per 18 ore e umiliata dagli agenti”

Era in fila per il visto, quando è stata sequestrata dalla polizia dell’aeroporto per 18 ore. “Senza mangiare e senza bere, mi hanno trattato come una criminale”.
A cura di Beatrice Tominic
0 CONDIVISIONI
Alessia e la stanza in cui è stata rinchiusa in Egitto.
Alessia e la stanza in cui è stata rinchiusa in Egitto.

"Mi ha indicato il seno e ha iniziato a fare domande. Mi guardavano come una criminale", così è iniziato l'incubo di Alessia Tanzi, donna transgender che, durante un viaggio in Egitto, è stata rinchiusa per 18 ore in aeroporto, in attesa di un presunto rimpatrio promesso dagli agenti. "Sono partita per Sharm El-Sheik con il mio compagno, non ancora in possesso dei documenti rettificati (ma con quelli che riportavano il suo deadname, ndr). Ci ero stata anche lo scorso anno ed era andato tutto per il meglio. Stavolta non è stato così". Come ha spiegato a Fanpage.it, una volta atterrata in Egitto, quando si è messa in coda per richiedere il visto, è stata bloccata dalla polizia. Come ha raccontato a Fanpage.it, è rimasta rinchiusa in una sala dell'aeroporto per quasi 18 ore, derisa, umiliata e sorvegliata da guardie giurate, prima di poter tornare a casa.

Trattenuta in aeroporto senza visto: "Il documento non corrisponde"

Tutto è iniziato scesi dall'aero, nel momento in cui stava per fare il visto. "Dicevano di non parlare italiano né inglese, ci hanno fatto attendere quasi un'ora seduti su due sedie, in una struttura dell'aeroporto. Dicevano che avrebbero risolto con qualche telefonata, ma non è andata così – continua – Poi mi hanno chiesto perché avessi il seno, non avessi peli. E sono stata costretta a rispondere. Alla fine mi hanno detto che non mi avrebbero rilasciato il visto: il documento non corrispondeva alla mia fisicità. Per loro stavo commettendo un crimine e non mi sarei potuta allontanare dall'aeroporto", spiega.

"A un certo punto ho pensato che forse, stando alle loro leggi, potevano aver ragione loro. Ma non sono riuscita a spiegarmi perché non fosse accaduto l'anno prima – ricorda – Quando l'ho chiesto, si sono messi al computer e hanno cercato il mio nome. Secondo me facevano finta. Ad ogni modo hanno detto che non risultavo essere mai stata in Egitto".

Dopo quasi un'ora d'attesa, hanno detto al compagno che poteva andare. "No, lui doveva andare: lui il visto lo aveva e ci hanno forzatamente separati. Io dovevo restare lì, dicevano che mi avrebbero portato in hotel, prima di rimpatriarmi. E mi hanno preso il documento. In realtà mi hanno fatto entrare in una stanza tutta a vetri, con divani rotti e un letto vecchio.

"Senza documento avevo paura. Avevo con me il cellulare, ma senza internet né campo, con una scheda italiana. Il documento, invece, non volevano restituirmelo. Ma io ne avevo bisogno era l'unica cosa che poteva identificarmi, mi dava sicurezza averlo con me. Di fronte alle mie richieste alla fine uno dei poliziotti, che fino a quel momento aveva detto di non conoscere la mia lingua né l'inglese ha sbottato. Basta con questo documento! Mi ha urlato contro. Allora lo sai l'italiano!, gli ho risposto. Poi non hanno più parlato".

La stanza in cui è stata rinchiusa Alessia.
La stanza in cui è stata rinchiusa Alessia.

Il racconto di Alessia: "Sono rimasta rinchiusa quasi 18 ore, derisa dai poliziotti"

Dopo averla trattenuta sono iniziate le derisioni. "Veniva davanti a me, per ridermi in faccia. Prima uno, poi in due, poi un gruppo più nutrito. Ho pensato di rispondere in qualche modo, ma ho avuto paura potessero fare di peggio".

Per il momento la sorvegliavano, controllandola dall'esterno della stanzetta a vetri in cui era stata fatta entrare. "Avevo un bagnetto chiuso, come quelli delle metropolitane, per il resto sono stata controllata 24 ore su 24. Se provavo a muovermi verso l'uscita, mi facevano cenno di rientrare e stare ferma. Sono rimasta lì quasi 18 ore senza mangiare e bere".

Nel frattempo il compagno provava a contattare le istituzioni, dalla Farnesina, per cui sarebbe risultata essere dispersa, al Consolato. I poliziotti le dicevano che l'avrebbero rimpatriata qualche giorno dopo. "Ho pensato che sarebbe potuta durare a lungo. Poi, però, il mio compagno è riuscito a comprare e a farmi avere un biglietto aereo per l'Italia, per il giorno dopo. Mi è arrivato un messaggio dalla compagnia aerea, in cui veniva annunciato il ritardo del volo. Così ho subito chiamato i poliziotti, dicendo che era arrivato il momento di rientrare a casa per me. Dopo aver insistito a lungo sono stata riportata al check-in".

Il modulo compilato da Alessia e strappato davanti ai suoi occhi.
Il modulo compilato da Alessia e strappato davanti ai suoi occhi.

Il viaggio di ritorno: "Mi hanno fatto compilare un foglio per deridermi"

Per lei sembrava quasi finita la permanenza in Egitto. Ma non le umiliazioni.  "A un certo punto mi hanno fatto compilare un modulo. Pensavo che sarebbe presto finita. Una volta compilato mi hanno fatto capire che consideravano brutta la mia scrittura. Lo hanno strappato davanti ai miei occhi e me lo hanno gettato in faccia. Ridendo, ancora". Nel frattempo, mentre loro cercavano di prendere tempo, ho notato due ragazzi trans. Anche loro non avevano il documento rettificato, ma stavano rientrando dalla loro vacanza, senza alcun problema".

Se non ci fosse stato quel biglietto, non sa come sarebbe andata a finire. "Forse mi avrebbero fatto aspettare un'altra settimana, sarei partita con il biglietto del rientro già programmato. Alla fine le pratiche si sono concluse e mi hanno fatto salire in aereo. Soltanto una volta a bordo mi hanno riconsegnato il documento". Prima di andare via, al compagno avrebbero detto che Alessia è bandita dall'Egitto. "Fa niente, dopo quello che ho passato non ci sarei andata lo stesso".

Altri dettagli della stanza in cui è stata sequestrata.
Altri dettagli della stanza in cui è stata sequestrata.

"Mi sono sentita sola e abbandonata: dal consolato soltanto un'email di scuse"

Alessia è riuscita a tranquillizzarsi volta in volo. "Ero preoccupata per il documento, potevano fare quello che volevano. C'è stato un momento in cui ho pensato che non sarei più tornata a casa. Ero stanca, sola e sentivo la rabbia che mi cresceva dentro. Avevo paura a sfogarmi, paura che potesse andare peggio. Dalla istituzioni non sono arrivate informazioni né parole di conforto. Soltanto una volta tornata in Italia è arrivata un'email dal consolato, in cui si scusavano", messaggio che è arrivato soltanto il giorno dopo il rientro in Italia.

"Ero sola e carica di rabbia. Imprigionata. Ho ripensato a questa condizione anche nei giorni successivi. E mi ha assalito un senso di panico – ricorda – Mi sono sentita abbandonata e trattata male, non come uomo o come donna. Ma come essere umano. Sono stata trattata come fossi un pacco, buttata in quella stanza in attesa di essere portata altrove".

0 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views