“Questa è camorra vera”, così il consigliere Gavino De Gregorio si è alleato con il clan Licciardi

"Questa è camorra vera", così parlava il consigliere comunale di Terracina Gavino De Gregorio, uno dei cinque arrestati mercoledì 17 dicembre nell'ambito dell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma per scambio elettorale-mafioso nella città del litorale pontino. Nell'ordinanza con cui si dispongono le misure cautelari per De Gregorio e altre quattro persone, la giudice per le indagini preliminari Maria Gaspari ricostruisce il rapporto del capogruppo di maggioranza e presidente della Commissione Attività Produttive con Eduardo Marano, sposato con Patrizia Licciardi (anche lei indagata), appartenente al clan camorristico dei Licciardi, riconducibile alla cosiddetta Alleanza di Secondigliano.
"Quella è gente pesante, è camorra"
Un legame che, secondo quanto raccolto dagli inquirenti, era di fiducia, ma in cui De Gregorio "è un soggetto a disposizione" di Marano già da prima dell'inizio della campagna elettorale per le elezioni amministrative. Un rapporto in cui De Gregorio era pienamente a conoscenza della posizione di Marano. "Quella è gente pesante, è camorra", diceva ad amici e conoscenti, e ancora "Questo è clan Licciardi".
Nel corso delle indagini sono state captate conversazioni che testimonierebbero come De Gregorio provasse ad aiutare Marano e la sua famiglia anche prima di entrare in politica. Lo avrebbe fatto con la sua attività di assicuratore, controllando la targa di un'auto che si era fermata sotto casa del marito di Patrizia Licciardi e confermandogli che si trattava, poiché la targa era oscurata, di un mezzo delle forze dell'ordine. Marano sarebbe stato a un tale livello di confidenza con "Ghigo", come era chiamato da molti amici, da fargli vedere le foto delle microspie trovate nell'auto sua e del figlio.
Le visite a Secondigliano e "un'aiutino" per essere eletto
Un rapporto fatto di videochiamate con la famiglia e visite nella casa dei Licciardi a Secondigliano, raccontate dal politico ad amici, ma anche, scrive il tribunale di Roma, di "asservimento del De Gregorio agli interessi del Marano e di persone a lui legate da interessi di natura economica". Nell'aprile 2023, nel corso di un incontro in pescheria, l'assicuratore avrebbe richiesto qualcosa in cambio: "Mi serve un aiutino", avrebbe detto De Gregorio chiedendo supporto per essere eletto in consiglio comunale.
Supporto che sarebbe arrivato: "Dobbiamo dargli i voti… Questo è roba nostra", avrebbe detto Marano a Sisto Maggi, indagato con l'accusa di essere il prestanome della Restaurazioni Terracina Maurizio, di cui Marano era il vero socio occulto. In cambio, il consigliere comunale, eletto con 266 voti, avrebbe dovuto aiutare il membro del clan Licciardi e la sua cerchia a sbloccare pratiche che potevano fermare o rallentare i loro affari.
L'estorsione con "condotte violente e minacciose"
I due principali indagati sarebbero stati complici anche di estorsione, "con reiterate condotte violente e minacciose". In particolare, gli investigatori si riferiscono a un'aggressione che si sarebbe svolta nell'atrio del palazzo dove ha sede l'agenzia assicurativa di De Gregorio, "ma gli è andata bene – racconta il consigliere comunale a un conoscente -, perché a me mi ha detto che gli dà 3/4 coltellate e se lo dice lo fa non è che non lo fa".
Ma gli indagati, per reati come usura, estorsione, riciclaggio e turbata libertà degli incanti, sono ventidue. Tutto, però, tenuto insieme dall'articolo 416 bis del codice penale, associazione di tipo mafioso, e dal potere criminale del clan Licciardi.