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Protesta a Rebibbia per paura del covid: “Detenuti in isolamento insieme, rischiano di contagiarsi”

La protesta è nata dopo che un’intera sezione è stata messa in isolamento dopo alcuni casi di detenuti positivi al covid. Quest’ultimi sono stati trasferiti, ma le persone con cui hanno avuto contatti continuano a stare insieme nella stessa cella. “Bisognava svuotare e sanificare la stanza, ma la stanza non è stata né svuotata né sanificata – spiega a Fanpage.it il Garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia – Il rischio è che chi ha avuto contatti con i positivi stia incubando il virus e possa potenzialmente trasmetterlo agli altri”.
A cura di Natascia Grbic
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Chiusi, isolati, in condizioni di sovraffollamento e con un focolaio in corso. Due giorni fa i detenuti del carcere di Rebibbia hanno protestato contro le misure messe in campo dalle autorità sanitarie e dall’amministrazione penitenziaria per provare a contenere i contagi da Covid-19. I detenuti positivi sono stati trasferiti in un piano apposito. La sezione a cui appartenevano è stata isolata su disposizione della Asl, con l’obbligo dell’isolamento in stanza. Misure che sono state definite dalla popolazione carceraria inefficaci dal punto di vista preventivo. “In questo modo il virus non circola tra gli altri, ma il rischio di contagio rimane tra chi è in cella insieme, parliamo in genere di circa quattro persone – spiega a Fanpage.it il Garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia, che questa mattina ha avuto occasione di parlare con i detenuti – Bisognava svuotare e sanificare la stanza, ma la stanza non è stata né svuotata né sanificata. Il rischio è che chi ha avuto contatti con i positivi stia incubando il virus e possa potenzialmente trasmetterlo agli altri”.

A Rebibbia 1440 detenuti su 1000 posti

I detenuti hanno protestato due giorni fa. Si è trattato, secondo quanto appreso da Fanpage.it, di un’iniziativa pacifica e che nulla ha a che vedere con le rivolte di marzo, all’inizio del lockdown. Ieri sono stati trasferiti cinque detenuti individuati come gli animatori della protesta. Alcuni di questi provvedimenti erano già stati decisi tempo fa. Dopo la protesta è stato deciso di eseguirli. “I detenuti con cui abbiamo parlato sono risultati negativi al primo tampone, ma sono ancora in isolamento perché aspettano il secondo – continua Anastasia – La coabitazione stretta nella stessa stanza non è una misura idonea volta alla prevenzione del virus. E questo ci pone il solito problema che in carcere non solo non ci dovrebbe essere il sovraffollamento, ma bisognerebbe che ci fossero meno persone della capienza consentita, così da poter fare l’isolamento come si deve”. Rebibbia è stata costruita per ospitare circa mille detenuti. A oggi, in piena pandemia, ne sono reclusi 1440. “Se dovessimo adottare criteri di salute pubblica, dovrebbero essere massimo 700, così da avere gli spazi per i casi di emergenza – conclude il Garante – Non si riesce a uscire dal carcere nemmeno dimostrando le proprie condizioni di salute. Il Decreto Ristori non riproduce ciò che è stato deciso per la riduzione”.

Capriccioli: "Vaccinazione detenuti unica soluzione"

La scorsa settimana Stefano Anastasia ha inviato una lettera all'assessore regionale alla Sanità Alessio D'Amato per chiedere che "nella campagna vaccinale sia data la giusta priorità alle persone private della libertà". I consiglieri regionali Alessandro Capriccioli, Marta Bonafoni e Paolo Ciani hanno risposto invitando la giunta a procedere con la vaccinazione dei detenuti. "Ci sembra l'unica soluzione in grado di frenare subito alcune paure – spiega Capriccioli – Ci sono casi di detenuti senza fissa dimora che non è possibile mandare agli arresti domiciliari (come previsto dal Decreto Ristori, N.d.R.): qualche settimana fa è stata approvata una mozione a mia prima firma che impegna la Regione a mettere a disposizione luoghi che possano consentire anche a chi non ha una casa di uscire dal carcere". "Già nella prima ondata c'è stata una contrazione delle attività – continua Capriccioli – Le associazioni non entrano più, i contatti con l'esterno sono limitati, ci sono gli incontri a distanza con limiti tecnici enormi. E la paura del Covid amplifica tutto questo".

Ha collaborato Simona Berterame

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