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Perché visitare il Museo storico della Liberazione in via Tasso

Nel cuore della capitale esiste un luogo che ospita testimonianze e documenti della Resistenza romana visitabile gratuitamente: è il Museo storico della Liberazione di via Tasso, al civico 145, nato dove un tempo si trovava la caserma e il carcere nazista a Roma.
A cura di Beatrice Tominic
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L'ingresso nelle celle al secondo piano del museo, foto dal sito.
L'ingresso nelle celle al secondo piano del museo, foto dal sito.

Ci sono cose che si possono rimandare e altre che, invece, è bene fare il prima possibile. Una di queste ultime è visitare il Museo storico della Liberazione in via Tasso, al civico 145. Il museo, un palazzo che dall'esterno appare con pareti sui toni giallastri, oltre a contenere documenti e reperti della storia del secolo scorso, è stato uno dei luoghi simbolo dell'occupazione nazifascista: dal 10 settembre 1943 al 4 giugno 1944, data della Liberazione di Roma, è stato sede del Comando del Servizio di Sicurezza delle SS, sotto la guida del colonnello Herbert Kappler, carcere nazista e teatro di alcuni degli eventi più tragici della Resistenza romana. Al suo interno, sono stati trattenuti migliaia d antifascisti prima di essere barbaramente uccisi.

"Questa lapide consacri nei secoli il luogo dove più infierì la ferocia nazista e rifulse l'eroismo dei martiri", si legge in una targa affissa in memoria del 4 giugno sulla facciata del palazzo e firmata dall'Associazione Nazionale Partigiani Italiani a nome di tutti i combattenti della libertà.

L'ingresso al Museo storico della Liberazione, al civico 145 di via Tasso.
L'ingresso al Museo storico della Liberazione, al civico 145 di via Tasso.

Per non dimenticare i combattenti della libertà e per almeno un'altra infinità di ragioni: ecco perché tutti e tutte dovrebbero visitare il Museo storico della Liberazione.

La storia del palazzo in via Tasso 145

Il Museo storico della Liberazione trasuda la storia: a differenza di molte esperienze immersive che, specialmente negli ultimi tempi, stanno catturando l'attenzione di visitatori e visitatrici, entrando nel museo la storia si tocca con mano senza il bisogno di alcuna ricostruzione artificiale. Dietro a quelle pareti, hanno trascorso le loro ultime ore di vita partigiani, resistenti e antifascisti. In quei corridoi hanno calpestato il pavimento, molto prima di noi, agenti delle SS, poliziotti e nazisti.

Il palazzo, costruito negli anni Trenta, è stato luogo simbolo del nazismo fin dai primi anni. Sede diplomatica prima e centro di cultura germanica dal 1939, con l'occupazione nazista è diventato ufficialmente carcere e caserma delle SS. Nelle celle del palazzo, originariamente stanze che furono murate in seguito, sono passati più di 2000 antifascisti romani in un solo anno.

È qui che sono stati rinchiusi molti dei partigiani fucilati a Forte Bravetta e di quelli torturati nella stessa via Tasso. Ed è sempre qui che hanno stazionato quelli deportati e poi fucilati alle Fosse Ardeatine nel marzo del 1944. I tedeschi hanno abbandonato il palazzo soltanto alla vigilia dell'arrivo degli americani: prima di lasciare Roma, hanno prelevato dalle celle altri prigionieri, poi fucilati in zona La Storta.

La sala dedicata al Forte Bravetta, foto dal sito.
La sala dedicata al Forte Bravetta, foto dal sito.

Oltre 15000mila visitatori ogni anno

Solo undici anni dopo, nel 1955, è nato il museo.Ogni anno sono circa 15000 le visitatrici e i visitatori che accedono al museo, molti dei quali provengono dalle scuole, romane e non solo: se la vostra classe non rientra fra quelle che, negli anni, è entrata nel Museo, il consiglio è quello di colmare al più presto quella lacuna.

Oltre ad essere un'opportunità per toccare con mano un periodo di storia che, troppo spesso, viene studiato soltanto sui libri o seguito in qualche documentario, visitare questo luogo ci ricorda l'importanza di essere cittadine e cittadini consapevoli, di conoscere quanto è accaduto nella nostra città durante un periodo della storia così buio e di sentirci vicino a chi ha lottato per lasciarci in eredità quanto abbiamo di più caro: la libertà. Il senso di angoscia e di disperazione vissuto da chi ha passato un periodo di prigionia all'interno dell'edificio, come dimostrano anche i graffiti sui muri delle celle, sembra non essersene mai andato.

Il percorso espositivo: dai documenti ai graffiti nelle celle

La palazzina, articolata su quattro piani di cui uno al piano terra, dove si trovano la biblioteca e una sala conferenza, ospita un percorso espositivo organizzato su più livelli. Al primo piano, nella sala uno, viene esposto il contesto cittadino di quegli anni, dai palazzi del potere a quelli della comunicazione, giornali e non solo; dai luoghi della scienza alle industrie; fino alla disposizione e alle caratteristiche dei quartieri, a quelli costruiti da poco, considerati borghesi e a quelli popolari. Nella sala due, invece, si inizia il percorso storico con un focus sui bombardamenti che hanno colpito la capitale e la Roma dopo l'armistizio.

La sala dedicata alla strage delle Fosse Ardeatine, foto dal sito.
La sala dedicata alla strage delle Fosse Ardeatine, foto dal sito.

Nella terza sala si ripercorrono le vicende dell'estate, la condizione di città libera e quella di città prigioniera, fino ad arrivare alle prime deportazioni e all'inizio della Resistenza romana. Molte delle persone che, proprio in questo periodo, sono state trasferite al civico 155 di via Tasso, non hanno mai fatto ritorno a casa. Venivano trasferiti a Regina Coeli o in Germania per scontare la loro pena; talvolta venivano uccise. Fra le mura che oggi ospitano il museo le persone venivano portate, interrogate, detenute e torturate, spesso senza motivo: se ne contano almeno 2000, di cui circa 400 donne. Sui muri delle celle restano ancora i loro graffiti, segni del loro passaggio realizzati con i chiodi estratti dalle scarpe o con fiammiferi di legno.

La quarta sala è dedicata ad uno episodi più tragici della Resistenza romana con l'attacco di via Rasella e la strage delle Fosse Ardeatine. Il percorso continua al secondo piano, che ospita le celle vere e proprie in cui venivano trasferiti i partigiani: ogni cella racconta uno degli episodi della Resistenza romana, da quella dedicata Fosse Ardeatine, a quella per il Forte Bravetta, fino a quella che riguarda La Storta. A questa si aggiunge una cella di isolamento, ricavata da una piccola cucina, dedicata al colonnello del Genio Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, capo del Fronte Militare Clandestino e caduto alle Fosse Ardeatine, per questo conosciuta come Cella Montezemolo, e un'ultima detta "della segregazione": al suo interno, a differenza delle altre che ospitano quadri e teche, si possono vedere i graffiti realizzati dai detenuti.

L'esposizione si conclude al terzo piano, con documenti dell'epoca, dalle fotografie dei caduti ai materiali stampati in clandestinità all'interno 8, mentre all'interno 9 è ospitata la sala degli ebrei, che ricorda le deportazioni degli ebrei romani.

Come raggiungere e quanto costa visitare il Museo storico della Liberazione

Il viaggio della memoria inizia adesso: raggiungere il Museo storico della Liberazione è davvero facile anche col mezzi di trasporto pubblico. Oltre alla linea 3 del tram, è possibile arrivare con le linee 51, 85, 87 e 714.

Aperto tutti i giorni (tranne 24, 25 e 26 dicembre; il pomeriggio del 31 dicembre; primo gennaio; Pasqua, dal pomeriggio della vigilia e per tutta la giornata di Pasquetta; 29 giugno e 14, 15 e 16 agosto), il Museo storico della Liberazione, pur essendo gestito dal ministero della Cultura, non aderisce alle iniziative che prevedono l'ingresso gratuito nel museo: visitarlo è gratuito ogni giorno dell'anno.

Aperto dalle ore 9 alle 19 tutti i giorni, compresi la domenica e i festivi, per gruppi superiori alle 6 persone è richiesta la prenotazione, ma, in occasione della festa della Liberazione, è possibile accedere al museo senza prenotazione.

L'ingresso nelle celle al secondo piano del Museo Storico della Liberazione, foto dal sito.
L'ingresso nelle celle al secondo piano del Museo Storico della Liberazione, foto dal sito.
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