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Omicidio Marco Vannini

Omicidio Vannini, Federico Ciontoli: “Dopo quella sera ho pensato varie volte al suicidio”

In una lunga intervista rilasciata a la Repubblica, Federico Ciontoli – sotto processo insieme a tutta la sua famiglia per l’omicidio di Marco Vannini – ha raccontato la sua versione della sera nella villetta dove Marco è stato ucciso e di come stia vivendo ora la sua vita. “Non dovevo fidarmi di mio padre, ma non potevo fare altrimenti”.
A cura di Natascia Grbic
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"Penso a Marco tutti i giorni. Non c'è più niente di bello, a parte Viola che mi è rimasta vicino. Mi sono fidato di mio padre e ho sbagliato, ma in quella situazione non potevo fare diversamente. Ci penso tutti i giorni e tante volte ho pensato seriamente di farla finita. Se vado avanti è solo perché spero che prima o poi qualcuno si decida ad ascoltarmi". In un'intervista esclusiva rilasciata a la Repubblica, Federico Ciontoli ha parlato della notte tra il 17 e il 18 maggio 2015, quando Marco Vannini è stato ucciso dal padre, all'interno della sua abitazione. E di come sia stato impossibile per lui ricostruirsi una vita dopo quella notte, tra pensieri suicidi, persone che lo aspettavano sotto casa, e l'impossibilità di trovare un lavoro. "Prima di quella sera studiavo ingegneria, avevo conseguito la laurea triennale. Ho lasciato quegli studi e mi sono iscritto a Filosofia. Ho smesso di cercare lavoro, ho inviato centinaia di curriculum, anche spiegando la mia situazione. Ma non è servito. Ora faccio volontariato in un posto che mi permette di avere cinque euro al giorno per mangiare e un luogo dove dormire".

Federico Ciontoli: "Provo rabbia nei confronti di mio padre"

Quella sera, dice Federico Ciontoli a la Repubblica, si è fidato di suo padre. "Pensavo avesse un attacco di panico", ha ribadito più volte, dicendo che poi era stato lui a chiamare l'ambulanza. "Mi sono fidato di mio padre, era una persona più grande e più esperta di me. Ora so di aver sbagliato, ma in quella situazione non avrei potuto fare altro", ha dichiarato. E poi: "Provo rabbia nei suoi confronti, è naturale. Gli rimprovero tante cose, tutte gravi. Se non le avesse commesse, non sarei qui. Però è mio padre. Sa benissimo di aver tolto il fidanzato alla figlia e di aver coinvolto la sua famiglia in questa tragedia. Sono sicuro che non era questo ciò che voleva e lo sta pagando".

La sera dell'omicidio di Marco Vannini

Federico ha poi fornito la sua versione dell'omicidio di Marco Vannini. Ha raccontato di essere andato in camera con la fidanzata Viola (assolta dall'accusa di omissione di soccorso)  quando hanno sentito un rumore provenire dal bagno. A quel punto ha dichiarato che entrambi si sono alzati e sono andati a vedere cos'era accaduto. "Marco era nella vasca, c'era mio padre. A terra, il marsupio con le due pistole. Non si vedeva sangue. All'inizio, Marco non si lamentava, chiedeva solo un bicchiere d'acqua. Domandai a mio padre cosa fosse successo. Niente, è stato uno scherzo, disse. Presi le pistole e le portai via. Ma non per nasconderle, come è stato sostenuto". E poi: "Oggi sappiamo che poteva salvarsi. E so che si poteva fare di più, perché so che era partito un colpo di pistola, so che mio padre di aveva detto una bugia e combinato quello che ha combinato. Ma questo discorso vale adesso. In quel momento, mi sono fidato di mio padre".

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