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Omicidio Solomon, perché Galioto è stato assolto? Video poco chiari e testimoni non attendibili

Secondo i giudici della Prima Corte di Assise d’Appello di Roma Massimo Galioto non ha ucciso lo studente americano Beau Solomon, gettandolo nel Tevere il 30 giugno 2016. Non ci sarebbero prove sufficienti per dichiararlo colpevole, per questo anche in secondo grado il clochard è stato assolto.
A cura di Simona Berterame
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Le immagini degli ultimi istanti di vita di Beau Solomon non confermano che sia avvenuta un'aggressione. In estrema sintesi questo è quanto emerge dalle motivazioni depositate dai giudici della Prima Corte di Assise d'Appello di Roma, che lo scorso 2 dicembre hanno confermato l'assoluzione per Massimo Galioto nel processo per la morte dello studente americano, annegato nel Tevere la sera del 30 giugno 2016. Il perito Giovanni Tessitore, direttore della sezione indagini elettroniche del servizio di polizia scientifica, ha analizzato le immagini di videosorveglianza tratte dalle telecamere della John Cabot University, arrivando alle seguenti conclusioni: l'assenza di colluttazione, l'assenza del calcio, l'impossibilità di affermare con certezza l'avvenuto contatto fisico di qualsivoglia soggetto con Beau Solomon.

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Mancanza di prove

Non ci sarebbero sufficienti prove per smentire la versione di Massimo Galioto, il punkabbestia che per anni è stato l'unico accusato di aver spinto lo studente americano nelle acque del fiume Tevere. Galioto ha sempre negato di aver toccato la vittima, ammettendo solo di avergli urlato "ti ammazzo". La scarsa qualità delle immagini di videosorveglianza e le dichiarazioni dei testimoni (tra cui la fidanzata di Galioto) giudicate contraddittorie e non attendibili hanno portato quindi a una seconda assoluzione. Soddisfatto del risultato ottenuto e delle motivazioni il legale di Massimo Galioto, Michele Vincelli. "La Corte ha convenuto sul fatto che le indagini sono partite con un piede sbagliato, che anche gli altri personaggi presenti ai fatti avrebbero dovuto essere indagati – ha dichiarato Vincelli ai nostri microfoni –  che i video raccontavano una verità completamente diversa da quella riferita dai testimoni dell'accusa. I giudici motivano la loro scelta concludendo che la legge prevede di condannare colui che all'esito dell'istruttoria si è dimostrato il colpevole e non di individuare un colpevole a tutti i costi, pur di sopire l'opinione pubblica e il governo americano. Resta, comunque, l'amarezza di non essere riusciti ad indicare il vero responsabile alla famiglia del povero ragazzo". Dopo quasi cinque anni infatti, la morte di Beau non ha ancora un colpevole.

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