Nel Lazio una legge per la famiglia fatta a misura per i ‘provita’: il regalo di Rocca agli antiabortisti

Un cavallo di Troia per riportare nella regione Lazio le associazioni antiscelta. Un "manifesto politico travestito da proposta di legge per assistere le famiglie". Così Marta Bonafoni, consigliera della Regione Lazio e coordinatrice della segreteria nazionale del Partito Democratico, descrive a Fanpage.it la proposta di legge avanzata dalla destra in Regione Lazio con titolo "Interventi a favore della famiglia, della natalità e della crescita demografica".
La discussione del documento, presentato prima dell'estate, sta entrando nel vivo soltanto in queste ultime settimane trovando il netto dissenso da parte di opposizione e associazioni. Dopo le audizioni delle associazioni cattoliche e antiscelta, che si autodefiniscono "pro vita", il 30 settembre scorso, oggi è stato il turno delle realtà politiche e sociali che hanno manifestato, insieme alle opposizioni, preoccupazioni per la proposta.
"La destra al governo della Regione Lazio sta travestendo sotto il nome di incremento della natalità, lotta allo spopolamento e crisi demografica, una legge tutta ideologica che in realtà vuol far passare quello che potremmo definire un manifesto della famiglia tradizionale e un attacco alla legge 194 sotto mentite spoglie", è il duro commento a Fanpage.it di Marta Bonafoni.
"Una proposta tutta sbagliata: non è sostenibile economicamente. Inoltre quei servizi esistono già, ma mancano i fondi per garantirli – precisa poi Gabriella Marando del Coordinamento consultori donne e libere soggettività del Lazio – Questa proposta di legge è una manovra per sdoganare le associazioni del III settore a cui si affida la destra, cioè quelle anti-scelta, meglio note come pro vita".
Una posizione condivisa da Silvana Agatone di Laiga Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della Legge 194: "A riconoscere la maternità come un bene sociale, nella sua prima parte, ci pensa già la legge 194. Dal 22 maggio del 1978", ha precisato a Fanpage.it.
Cosa prevede la proposta di legge per la famiglia in Regione Lazio
La proposta è stata avanzata verso fine maggio dall'Assessora alla Cultura, Pari Opportunità, Politiche giovanili e della Famiglia, Servizio civile Simona Renata Baldassarre, ma soltanto nelle scorse settimane si è entrati nel vivo della discussione. Fin dalle prime pagine del testo della proposta di legge sembra apparire chiara la volontà di renderla un manifesto politico, che corrisponda al modello sociale desiderato dalla destra al governo. L'unica famiglia presa in considerazione è quella composta da uomo e donna e i loro figli, le altre soggettività familiari, da quelle omogenitoriali a quelle monogenitoriali, non sono incluse. I riferimenti, pertanto, sono sempre alla maternità e alla paternità.
Nel documento, la maternità viene glorificata anche quando arriva precocemente, l'istruzione parentale sembra essere preferita al posto di quella scolastica. Il lavoro domestico e di cura, che ricade sulle donne, viene esaltato e considerato la pietra miliare della società.
Il nascituro diventa personalità giuridica dal concepimento
Spaventosamente pericolosa è la pretesa di introdurre il nascituro come personalità giuridica a partire dal concepimento. "Salvaguardare la gravidanza e il nascituro dal momento del concepimento al parto", si legge fra gli obiettivi della proposta in un passaggio che, sovrapponendosi a leggi nazionali, appare incostituzionale.
"Sostanzialmente la destra inserisce in una legge regionale, che è sottoordinata alle leggi nazionali, le proposte di legge che i loro partiti politici hanno depositato in Parlamento. Ma finché quelle proposte non passano, valgono quelle vigenti", ricorda puntuale Bonafoni.
"Il Codice Civile lo dice nel suo primo articolo, la capacità giuridica si applica al momento della nascita: una persona, per goderne, deve essere nata. I diritti del nascituro rappresentano dunque anche sotto questo punto di vista un'illegalità", aggiunge Silvana Agatone. "La maternità è già riconosciuta come un bene sociale nella legge 194 che afferma, inoltre, che i dottori hanno il compito di aiutare la donna a capire quali sono i propri diritti, quali sono gli ostacoli e come superarli anche con aiuti economici. Si tratta di una legge che, laddove funziona, è una legge doppione: le leggi esistono già e i consultori pure".
Un'opinione condivisa dalla maggior parte delle associazioni presenti oggi in Regione. "Su 15, almeno 13 associazioni sono d'accordo nel dire che si tratta di una legge inutile, da cancellare poiché doppione di altre da una parte e problematica dall'altra – continua Gabriella Marando – È un insulto all'autodeterminazione dei corpi delle donne e alle persone tutte".
La violenza domestica non è contemplata
Fra i punti più problematici della proposta, la volontà di promuovere la mediazione familiare anche in caso di separazione conflittuale.
"Oggi la destra decide di strappare una parte di società portando avanti questa proposta. E lo fa cancellando in un colpo di spugna rapido e secondo loro indolore, una legislazione che nel frattempo, ad esempio, sui conflitti familiari è andata avanti", continua Bonafoni.
"Oggi ce lo hanno detto ribadito tutte le associazioni che si occupano di contrasto alla violenza maschile contro le donne: nel testo della legge non è mai citata la convenzione di Istanbul, ad esempio", stipulato in Europa per contrastare la violenza di genere e domestica. "Questo significa non anteporre il bene dei minori, ma del nucleo familiare naturale: non si crea quella cesura fra il maltrattante, il violento, la propria compagna e i propri figli in nome".
Il precedente: il caso sotto il governo Polverini
Non è la prima volta che nella Regione Lazio si svolge un dibattito simile. "Governava Renata Polverini quando una consigliera regionale, Olimpia Tarzia, che faceva parte del Family Day e delle associazioni antiabortiste, provò a mettere mano alla legge sui diritti storici, recepita nella nostra regione un anno dopo quella nazionale, nel 1976 – ricorda Bonafoni – Ma 15 anni fa un'azione condivisa tra i consiglieri di opposizione di allora e le associazioni di donne fuori, fondamentali, bloccarono quel tentativo. Io credo che 15 anni dopo siamo più o meno nella stessa situazione. Con l'aggiunta, però, che nel frattempo, quelle posizioni sono diventate le stesse di chi sta governando i principali Paesi nel mondo, della destra sovranista e nazionalista".
L'auspicio, sicuramente, è che possa arrivare un passo indietro dalla Regione Lazio. "Come se non bastasse, questa proposta di legge non è sostenibile economicamente – precisa Marando – Dicono di voler stanziare 12 milioni di euro per 3 anni, cioè 4 milioni all'anno. Questa cifra, divisa per i comuni del Lazio, che sono 378, arriva a poco più di 10mila euro per comune. Fra questi comuni, è inclusa anche Roma. Quale famiglia e quale centro si ha la pretesa di salvare?", si chiede.
"Sarebbe il caso di destinare i fondi, magari, per ampliare e aggiungere asili nido pubblici, visto che i nostri territori ne sono carenti", suggerisce Agatone. Si potrebbe anche pensare di rafforzare i consultori e i centri antiviolenza, dove lavora personale altamente specializzato, ma che sempre più spesso sono a rischio chiusura.
"Manca l'ultima sessione di audizioni, ma quanto è stato fatto finora non basta – conclude Bonafoni – Lo abbiamo già annunciato: se la proposta di legge non verrà ritirata, siamo pronti a fare ostruzionismo totale". E la mobilitazione non si ferma neanche fuori dalle aule della Regione Lazio: anche le associazioni sono già pronte a protestare.