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Morte Wissem Abdel Latif: la contenzione medica infligge sofferenza e va vietata subito

La morte del 26enne migrante Wissem Adbel Latif, morto dopo tre giorni di contenzione nel reparto psichiatrico del San Camillo Roma, ha portato sotto i riflettori una pratica ancora troppo diffusa in Italia. Con Valentina Calderone di A Buon Diritto spieghiamo perché può e deve essere superata subito.
A cura di Valerio Renzi
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Valentina Calderone è la direttrice di A Buon Diritto, associazione garantista che si occupa di diritti umani, carcere e di tutela dei più deboli. Con lei abbiamo parlato della morte di Wissem Abdel Latif, il 26enne tunisino morto lo scorso 28 novembre nel reparto psichiatrico dell'Ospedale San Camillo. Trasferito dal Cpr di Ponte Galeria – dove non sarebbe dovuto essere per decisione di un giudicemai notificata – il giovane migrante viene legato per tre giorni di fila secondo quanto emerso dai registri, ma non è chiaro per quanto ore.

Quando il personale sanitario si accorge che il giovane è morto, sono le 4.00 del mattino. La domanda, a cui ora un'inchiesta per omicidio colposo aperta dalla Procura di Roma dovrà rispondere, è se Wissem sarebbe ancora vivo se non fosse stato legato al letto. Una vicenda che fa tornare d'attualità il dibattito su una pratica che secondo molti dovrebbe essere vietata.

"La maggior parte dell'opinione pubblica pensa che con l'abolizione dei manicomi con la Legge Basaglia del '78, una pratica come quella della contenzione sia scomparsa con essi: purtroppo non è così", spiega Calderone. I reparti di Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC) sono poi luoghi "estremamente chiusi", da cui "si fa moltissima fatica ad avere informazioni e averle puntuali, addirittura in molte storie che abbiamo seguito la contenzione non era neanche segnalata nelle cartelle cliniche".

I pazienti vengono legati non solo nei reparti psichiatrici, ma anche in quelli di neuropsichiatria infantile e nelle Rsa per anziani, come emerso lo scorso anno quando i riflettori con la pandemia si sono accese sulla realtà delle residenze per anziani. Non c'è dubbio per Calderone, che ha coordinato anche la campagna ‘Slegalo subito', la contenzione si può e si deve abolire: "Per noi e per molti giuristi in realtà è stata già tacitamente abolita dalla Legge Basaglia, quando è stata cancellata la vecchia legge manicomiale con il suo regolamento. Un regolamento dei primi del Novecento dove già si sottolinea che la contenzione andava utilizzata solo in casi estremi".

Ci sono poi le evidenze di come si possa abolire, che non si tratta di un'utopia. "Ci sono una ventina di reparti in Italia dove non si usa da anni la contenzione, dove nessuno viene legato al letto. Per farlo però è necessaria formazione e lavoro di equipe, è necessario soprattutto cambiare la cultura della cura: non è più accettabile come giustificazione a una tale pratica la mancanza di personale qualificato. Per legare un paziente ci vogliono dieci minuti, per risolvere una situazione di crisi ci possono volere ore, ma non è una logica accettabile nella sanità, in particolare per un malato psichiatrico".

Lo scorso giugno si è tenuta la Conferenza nazionale per la salute mentale, da qui è uscito un documento che propone delle azioni per arrivare a vietare la contenzione entro il 2023. Il documento è stato recepito e assunto dal ministro Roberto Speranza che lo ha inviato alla Conferenza Stati – Regioni. Bisogna fare presto: la contenzione continua a infliggere sofferenza e, come nel caso di Francesco Mastrogiovanni può anche uccidere. Non sappiamo ancora se Wissem è morto perché è stato legato per giorni di fila in una struttura sanitaria pubblica, non vogliamo però in futuro trovarci con questo drammatico interrogativo.

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