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La Rustica, nel regno del boss Daniele il Gigante: “Ci siamo divisi Roma in quattro”

Daniele Carlomosti, detto il Gigante. Violento e spietato, aveva allestito una camera delle torture per chi non pagava la droga. È lui il boss che faceva paura a Carminati e che aveva trasformato le case popolari della Rustica nel suo regno.
A cura di Emilio Orlando
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Daniela Carlomosti e Romina Faloci, arresati oggi
Daniela Carlomosti e Romina Faloci, arresati oggi

"Zia siamo quattro in tutta Roma, ci siamo uniti in quattro gruppi. Quindi se arriva o l'uno o l'altro…". I vertici della banda di criminali, smantellata questa mattina all'alba, si erano spartiti la Capitale, per i loro affari criminali, con il benestare e l'approvazione di Diabolik (Fabrizio Piscitelli, l'ultrà ucciso in un agguato il 7 agosto del 2019 a parco degli Acquedotti) in quattro quadranti. L'ombra degli ex Nar e degli appartenenti all'estrema destra, presenti in gran numero nel quartiere dove operavano, garantivano costantemente, omertà, complicità e manovalanza da reclutare nel narcotraffico e nelle spedizioni punitive.

"Quelli so’ brutti forti compà", disse er Cecato ad alcuni complici in un'intercettazione ambientale spiegandone la spietatezza. "Sono andato da questi prima che prendono la pistola e sparano".  Così Massimo Carminati, intercettato dai carabinieri del Ros definiva Daniele Carlomosti e Tomislav Pavlovic,  arrestati all'alba di oggi insieme ad altre dodici persone durante un blitz anticrimine che ha smantellato una potente organizzazione criminale operante nel quartiere de La Rustica.

Dal ruolo di fornitori di armi nell'inchiesta Mondo di Mezzo, alla compravendita all'ingrosso di tonnellate di hashish attraverso i broker del narcotraffico, che trattavano direttamente con la mafia marocchina i carichi di droga. Era questa l'asse criminale su cui si muovevano i vertici capo della banda, i cui componentisono stati arrestati dopo un'inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia.

Al vertice c'era proprio Daniele Carlomosti, vecchia conoscenza dei magistrati dell'antimafia, pugile dilettante e commerciante in un'attività di vendita di pellet e legna nel comune di Carsoli in Abruzzo. Il gruppo, capeggiato da Carlomosti, aveva allestito, dentro un appartamento una stanza per le torture, dove tenevano imprigionato chi si indebitava con loro e veniva seviziato con trapani, forbici e tronchesi. La stanza era stata rivestita da teli e pannelli per riparare le pareti dagli schizzi di sangue che le avrebbero sporcate.

Gli investigatori hanno documentato il sequestro di persona di Maurizio Cannone al quale, dopo sei ore di torture gli venne concessa una videochiamata ai familiari, per mostrargli come era stato ridotto e che le sevizie fisiche sarebbero continuate fino a quando la banda non sarebbe rientrata in possesso di 64.000 euro riconducibili ad una partita di stupefacenti non pagata. Il gruppo di Carlomosti, stando a quanto ricostruito dagli investigatori, aveva portato la vittima all'interno di un appartamento rivestito con teli in plastica al fine di non lasciare tracce di sangue. Tutto avveniva nel quartiere a ridosso del tronchetto autostradale dell'A24 e confinante con Tor Sapienza, recentemente raccontato dall'attore Mirko Frezza (con un passato turbolento alle spalle) in un documentario che descrive la vita in quella periferia dove convivono realtà di degrado, emarginazione e povertà con l'opulenza e la ricchezza dei boss di zona.

Dinamiche criminali tipiche di quei territori dove le mafie hanno desertificato completamente il tessuto sociale ed economico. Ne sono un esempio le case popolari di Casale Caletto, quadrilatero residenziale popolare nel cuore della Rustica, trasformato in una piazza di spaccio a cielo aperto. I reati che la procura di Roma contesta agli indagati, vanno dal traffico di sostanze stupefacenti alla detenzione di armi clandestine al sequestro di persona ed estorsione aggravati dall'associazione e dal metodo mafioso.

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