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La Lega scatenata dopo le dimissioni di Michetti: “Senza parole, se ci si ritira poco credibili”

“È stato imposto alla coalizione e nonostante tutto lo abbiamo difeso e sostenuto”, sbottano i leghisti in Campidoglio. Le dimissioni da consigliere comunale del candidato di Giorgia Meloni Enrico Michetti, fanno esplodere le polemiche che covavano sotto le ceneri della sconfitta tra Fratelli d’Italia e Lega.
A cura di Valerio Renzi
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Le dimissioni di Enrico Michetti da consigliere comunale fanno esplodere le polemiche sopite dopo la sconfitta elettorale, al termine di una campagna elettorale in cui è apparso evidente come il candidato di Giorgia Meloni fosse inadeguato al ruolo: troppo inesperto, troppo poco incisivo, troppo poco conosciuto. Ora sono gli alleati della Lega, convinti che con un candidato diverso sarebbe andata forse diversamente, che non sembrano più disponibili a ingoiare il rospo e ci tengono a mettere i puntini sulle ‘i'.

"Le dimissioni di Enrico Michetti lasciano senza parole. – dichiara la deputata leghista Barbara Saltamaritini –  Ho conosciuto Enrico in campagna elettorale e mai avrei pensato che arrivasse a questa decisione. Dopo averlo lealmente sostenuto come Sindaco del centrodestra sono molto dispiaciuta di questa notizia che per altro abbiamo appreso solo dagli organi di stampa. Scelta politica che pesa. Non si può essere credibili se dopo aver perso una battaglia ci si ritira".

Ma non è la sola a scegliere di parlare tramite agenzie stampa. Poco dopo arrivano le parole del neoeletto consigliere comunale Fabrizio Santori che rincara la dose e parla chiaro: "È stato imposto alla coalizione e nonostante tutto lo abbiamo difeso e sostenuto lealmente per il bene del popolo del centrodestra. Matteo Salvini si à speso per Michetti in ogni angolo della città come se fosse un candidato scelto dalla Lega e non ci aspettavamo che potesse lasciare così maldestramente un popolo che lo ha sostenuto con affetto, stima e simpatia".

Lega e Fratelli d'Italia a Roma, nonostante gli abbracci tra Meloni e Salvini, sono sembrati più concorrenti che alleati: in mancanza di un candidato sindaco incapace di occupare la scena i leader dei due partiti hanno portato avanti la campagna elettorale in parallelo, facendo emergere spesso più le divisioni che i punti di contatto. Ora, all'indomani della sconfitta e con la prospettiva di altri cinque anni di opposizione in Campidoglio, i leghisti irritati da un risultato anche piuttosto deludente non rinunciano a togliersi qualche sassolino dalla scarpa.

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