I consultori compiono 50 anni, ma nel Lazio la situazione è drammatica: solo 6 su 52 danno la possibilità di abortire

A cinquant'anni dalla legge che ha istituito i consultori in Italia, la situazione a Roma e nel Lazio è tragica. "Siamo arrivati a cinquant'anni, di questo passo temo non arriveremo a sessanta", è il commento da parte del Coordinamento delle Assemblee delle Donne e delle Libere Soggettività di Roma e del Lazio, intervenute dal convegno organizzato dall'Ordine degli Psicologi del Lazio Consultori ieri, oggi, domani. Giornata dedicata al cinquantesimo anniversario della legge istitutiva dei consultori che si è tenuto martedì 21 ottobre a Roma.
Il quadro della situazione, però, non sembra essere così roseo. A dirlo sono i numeri: soltanto a Roma, dove il territorio richiede la presenza di 96 consultori, ce ne sono appena 52. Fra questi soltanto cinque offrono un servizio di RU486 entro la settima settimana (mentre in ospedale fino alla nona), mentre la maggior parte offre supporto IVG. La situazione, inoltre, non migliora nelle altre province, come hanno precisato le portavoci delle associazioni presenti in sala. A Latina i consultori di Formia e Gaeta sono stati uniti sotto un unico poliambulatorio, quello di Minturno viene ospitato all'interno di un ospedale, mentre nel Frusinate quello di Pontecorvo è all'interno della Casa della Salute. In questo modo, però, viene meno uno dei principi cardine alla base del servizio, cioè l'anonimato, come puntualizzato da Barbara Sartori, rappresentante di Terra Prena Lazio.
La nascita del consultorio
I consultori sono nati in Italia negli anni Settanta, riconosciuti ufficialmente nel 1975 con la Legge 405/1975, come servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità, come ricordato dall'epidemiologo già dirigente di ricerca Istituto Superiore Di Sanità – Estensore Del P.O.M.I (Progetto Obiettivo Materno Infantile) Michele Grandolfo in apertura di convegno.
Soltanto tre anni dopo, nel 1978, dopo l'approvazione della legge 194, i consultori hanno iniziato a svolgere un ruolo centrale nell'ambito dell'interruzione volontaria di gravidanza. Oggi, però, sappiamo che sono molto di più: accompagnano i ragazzi e le ragazze nel periodo dell'adolescenza, alla scoperta delle prime relazioni, della contraccezione, dell'orientamento sessuale e della ricerca della propria identità di genere e permettono di iniziare percorso psicologici, sia individuali ma soprattutto in gruppo. Offrono assistenza gratuita e in anonimo a donne, uomini, coppie e famiglie.
All'ingresso in ogni consultorio c'è un'équipe sociosanitaria per accogliere chi entra e alla quale è possibile esprimere tutti i dubbi, perplessità o preoccupazioni. Per accedere non servono ticket. Una volta entrati ci si può interfacciare direttamente infermiere, ginecologhe, ostetriche e psicologhe, con le quali è possibile iniziare il percorso necessario. Inoltre, spesso, i consultori svolgono un ruolo centrale anche per le persone migranti.
Per garantire l'assistenza necessaria, la legge prevede un consultorio ogni 20mila abitanti nelle aree urbane. Un dato che, almeno in Italia, non viene rispettato, come puntualizzato anche nel corso dell'intervento da Serena Donati, ginecologa, direttrice reparto Salute della Donna e dell’Età Evolutiva, Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute (CNaPPS), Istituto Superiore di Sanità.
E la Regione Lazio è completamente in linea con ciò che succede nel resto del Paese. Nel Lazio ci dovrebbero essere, considerando il numero di abitanti, circa 286 consultori, ma se contano appena 137. Due in più di quanti dovrebbero trovarsi soltanto nella capitale. Un numero che, però, appare soltanto sulla carta: molte strutture, che nei siti delle Asl risultano ancora aperte, in realtà, sono parzialmente attive, trasferite o addirittura accorpate.

I consultori a Roma
Come abbiamo visto, il numero dei consultori che si trovano nel Lazio è vicino a quello che, stando alla legge, dovrebbe rappresentare i centri a Roma. Come precisato nel corso del convegno da Gabriella Marando del Coordinamento delle Assemblee delle Donne e delle Libere Soggettività di Roma e del Lazio, il numero di consultori presente nei siti delle Asl rappresenta una sovrastima di quelli realmente attivi. Sulla carta nella Asl di Roma 2 risultano 21 consultori. "Casilino è chiuso dal 2019 ma il sito non viene aggiornato e ancora compare, stessa cosa per Ciampino. Manfredonia è aperto la mattina o il pomeriggio, viceversa Tor Cervara. In quello di Augudio a Lunghezza sono in corso i lavori di ristrutturazione. Da due anni", precisa. Una situazione che avrebbe potuto colpire anche il consultorio di via delle Sette Chiese, a Garbatella, se non ci fosse stata la ferma opposizione di attiviste e comunità.
Stessa situazione anche nella Asl di Roma 3, dove i consultori sono 10. Quello di Consolata è stato chiuso, anche se dal sito non risulta, Corviale è stato assorbito dalla casa comunità. "E quindi per noi non è un consultorio", aggiungono. Ci sono otto ecografi e nessuno fa un IVG farmacologico.
Nella Asl di Roma 1 i consultori sono 12. Di questi due si trovano all'interno di poliambulatori, tradendo l'intento per cui sono nate queste strutture. "In alcuni casi dovrebbe essere tutelata la riservatezza di chi accede, come in quello di Tornabuoni – precisano ancora dal Coordinamento – Silveri, dopo la chiusura del 2019, è stato finalmente riaperto, grazie anche al sostegno delle associazioni, dopo che per circa cinque anni è rimasto relegato a due o tre stanze. Anche in questo caso risulta ancora aperto il consultorio via Emo, ma non c'è più".
Appena due in più nella Asl di Roma 6, 10 in quella di Roma 4, ma non tutti offrono gli stessi servizi. In quello di Formello, ad esempio, viene fornita soltanto la ginecologia prenatale, alcuni sono aperti solo la mattina. Si chiude con la Asl di Roma 5 dove ci sono 12 consultori. "I dati sull'IVG di questa Asl, però, non arrivano mai, mentre l'RU non viene effettuata, a causa probabilmente del personale obiettore di coscienza", concludono poi dal Coordinamento.
I numeri della Regione Lazio: quali sono le criticità
Una situazione che si riflette anche sui consultori dell'intera Regione: sulla carta la Asl Viterbo conta 17 consultori, 19 quella di Frosinone, quella di Rieti 6 e quella di Latina 11, ma anche in questo caso alcuni sono stati accorpati. Soltanto negli ultimi dieci anni, dal 2014 al 2024, ne sono stati chiusi, soltanto nella Regione Lazio, più di 40.

Ma anche quelli cosiddetti "funzionanti" non mancano le criticità. A partire dalla carenza di personale che spesso è in numero minore rispetto a quello necessario. Quando qualcuno, va in ferie o in pensione non sempre viene sostituito e spesso le figure esperte che animano i consultori sono costrette a ruotare su più strutture.
Strutture che, anche in questo caso, sono di numero inferiore a quante servirebbero, rischiano di presentarsi non accoglienti o, addirittura, fatiscenti. "E, soprattutto, non sono più strutture di prossimità. Le attività all'interno del consultorio si sono evolute verso servizi più ambulatoriali. Difficile anche uscire dallo stigma del consultorio che per molti, che ignorano la loro funzionale psicologica, relazionale, sessuale ed educativa, è sinonimo di aborto o maternità e per altri è un servizio meno competente del privato, riservato soltanto alle fasce più deboli della popolazione", spiegano, durante il loro intervento, dall'Asl di Roma 5.
"Talvolta il consultorio sembra integrarsi difficilmente nei percorsi di cura con medici di base o ospedali – continuano a spiegare – Ultimo, ma molto rilevante, il peso delle scelte politiche che spesso, con lo scarso investimento economico e i tagli alla sanità, rappresenta una delle più gravi minacce", concludono poi.

Le minacce per i consultori: dai privati alla proposta di legge regionale
Oltre alle criticità, sono numerose le minacce. Ai consultori, pubblici e laici, si stanno affiancando centri simili, che si presentano come consultori, ma che sono privati. E, spesso, si trovano all'interno di altre strutture, come poliambulatori e case della salute, dove, invece che garantire l'anonimato, per entrare è richiesto un documento.
Nel corso degli interventi è stato fatto notare anche come i consultori siano poco conosciuti: "A volte capita di andare nelle scuole e su 100 ragazze e ragazzi che ci stanno davanti, una decina soltanto, forse, sa cosa sono i consultori", riportano da Rete Trans Nazionale Liberazione per Tutt.
Come se non bastasse, a non garantire la natura stessa dei consultori potrebbe esserci, spesso mal celate, ingerenze dei gruppi antiscelta, più comunemente noti come pro-vita. Un numero che potrebbe aumentare qualora passasse la proposta di legge in regione Lazio "Interventi a favore della famiglia, della natalità e della crescita demografica" nel testo della quale l'unico riferimento di famiglia possibile è quello composto da uomo e donna e secondo cui il nascituro è dotato di personalità giuridica fin dal concepimento, trovandosi in opposizione con quanto ammesso dalle leggi nazionali sul tema. Una legge, questa, che a tratti sembra essere incostituzionale, come ha già precisato a Fanpage.it la consigliera regionale di opposizione Marta Bonafoni, e che potrebbe incrinare, ancora di più, le condizioni dei consultori del Lazio.