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Omicidio Marco Vannini

Giustizia, intervista all’avvocato De Luca su caso Vannini: “Vi spiego cos’è il processo mediatico”

Abbiamo intervistato l’avvocato penalista Matteo De Luca, ideatore e promotore di un “legal blog” che sarà gestito da penalisti con l’obiettivo fare informazione corretta in ambito giudiziario. Un modo per creare una sorta di “difesa mediatica” con tutti gli strumenti propri della comunicazione in rete.
A cura di Redazione Roma
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Matteo De Luca è un avvocato penalista del foro di Napoli. Appassionato di comunicazione e social media, sta lavorando ad un progetto sperimentale che si chiamerà “Laboratorio Giudiziario” e sarà il primo Legal blog tenuto da penalisti, nato con l’obiettivo fare informazione corretta in ambito giudiziario.

Media e cronaca giudiziaria, come interagiscono questi due elementi?

C’è da dire che negli ultimi anni i media, intesi come stampa, tv, ma anche e soprattutto i social media, non si limitano, semplicemente, a riportare le notizie di cronaca, ma hanno iniziato ad incidere profondamente ed in modo sistematico sulle vicende di cronaca giudiziaria. Questo rapporto di influenza reciproca tra cronaca e processo finisce per creare una sorta di processo parallelo che di fatto si trasforma in una accusa mediatica che travolge l’indagato senza alcuna possibilità per quest’ultimo e per il suo difensore di poter replicare, poiché in questa fase la difesa non tocca palla si direbbe in gergo calcistico.

Questa prassi ha dato origine a quello che è stato definito il processo mediatico.

Che cos'è il processo mediatico?

Si tratta di processo parallelo che nasce insieme alla diffusione della notizia di una inchiesta giudiziaria. Il processo mediatico è stato da sempre considerato un effetto degenerativo del diritto di cronaca, negli ultimi anni però si è spinto oltre i limiti scanditi dal diritto di cronaca. Lo dimostrano gli ultimi fatti di cronaca, mi riferisco al gesto estremo compiuto dalla dott.ssa  Giovanna Boda, dopo aver saputo di essere indagata per corruzione. Avvenimenti drammatici come questo dimostrano che non è concepibile che questo fenomeno non venga regolamentato, attraverso delle prassi che consentano la partecipazione effettiva della difesa sin dal principio, cosi da poter contrastare immediatamente anche l’attacco mediatico, ma prima che si cristallizzi il pregiudizio al cospetto dei media e dell’opinione pubblica. E’ chiaro, oserei dire quasi banale, che sarebbe auspicabile un sistema garantista, dove i processi si celebrano esclusivamente nelle aule dei Tribunali e non davanti ai media, senza fughe di notizie, senza talk show e anticipazioni o valutazioni, ma la domanda è: tutto questo è ancora possibile? A mio giudizio no.

Non ritiene che un ragionamento di questo tipo può screditare o "bollare" il lavoro dei cronisti, che spesso riescono a fare luce su vicende giudiziarie rimaste nel dimenticatoio

Assolutamente no, i cronisti giudiziari giocano un ruolo fondamentale, sono il riflettore sempre puntato a tutela della democrazia, ma come tutti i fenomeni se non regolati rischiano di degenerare. Quello che io pretendo è che ci siano delle regole che valgano per tutti, in linea con il principio di innocenza  e con la direttiva dell’Unione europea di recente recepita anche nel nostro Ordinamento proprio in tema di presunzione di innocenza e processo mediatico; cosi che la difesa possa esercitare il proprio ruolo sin dalla genesi dell’inchiesta, quindi sin dalla nascita del processo mediatico. Durante il mio percorso professionale ho avuto la possibilità di analizzare molte  vicende mediatiche e posso testimoniare dall’interno che questa prassi deve al più presto ricevere una regolamentazione specifica ed effettiva altrimenti gli effetti saranno devastanti per il nostro sistema giudiziario.

Ci può fare qualche esempio di processi mediatici?

Dopo il caso Palamara, anche i magistrati si sono accorti dei rischi del processo mediatico, provandolo sulla propria pelle:In Italia abbiamo degli ottimi magistrati, voglio ribadirlo in un momento in cui è troppo facile sparare a zero sulla categoria. Magistrati che esercitano la propria funzione con passione e coscienza, ma sono pur sempre uomini e donne, non è del tutto peregrino quindi pensare che possano subire condizionamenti o turbamenti della propria serenità di giudizio. Il caso Tortora è diventato emblematico su questo tema, ma, purtroppo, abbiamo molti altri esempi. Di recente ho analizzato il caso Marco Vannini e credo che anche questo caso rappresenti un esempio tipico di condanna mediatica.

Si spieghi meglio

Sulla vicenda Ciontoli/Vannini non posso e non voglio entrare negli aspetti strettamente processuali e sui vizi della sentenza, poiché Federico è difeso da due autorevolissimi avvocati, che lo difenderanno davanti alla Cassazione, tra l’altro fissata a brevissimo, il prossimo 3 maggio. Quello che posso dire è che Federico Ciontoli è stato distrutto mediaticamente, accusato e condannato dai media con formula piena su elementi tutt’altro che granitici, oserei dire indiziari, ed il suo percorso giudiziario è la prova che la condanna mediatica ha anticipato quella giudiziaria.

Cosa le disse Federico Ciontoli quando avete parlato?

Ho conosciuto Federico in seguito alla sua iscrizione ad un gruppo social che gestisco, che si intitola proprio “Il Processo mediatico”. Federico mi confidò di essersi pentito del suo silenzio, portato avanti per oltre 6 anni, mentre tv, stampa e social lo facevano a pezzi. Mi ha colpito la sua profonda convinzione che elementi introdotti dai media ma non riscontrati nel corso del dibattimento fossero stati posti alla base della sua condanna. Certamente un fatto del genere è difficile da dimostrare e se fosse vero sarebbe gravissimo, ma il dubbio resta. La domanda da porci é siamo realmente sicuri che il circuito mediatico spinto oltre ogni limite non possa influire anche sulla serenità del giudizio finale? Certo, Non voglio arrivare a dire che i media influenzino tutte le sentenze, abbiamo in Italia magistrati troppo bravi e preparati per ritenere una cosa simile, ma posso dire che i media in alcuni casi contribuiscono a creare dei pregiudizi, ad orientare il giudizio delle persone, quindi potenzialmente possono creare delle aspettative e delle pressioni intorno ad alcune vicende. Ebbene quel pregiudizio può diventare indelebile ed avere effetti incontrollati.

Rispetto a questo tema, ci parli del suo progetto

L’analisi di numerose vicende mediatiche che ho seguito nel mio percorso professionale unita alla passione per la comunicazione ed i social media mi hanno convinto a lavorare ad un progetto sperimentale in materia di cronaca giudiziaria e di comunicazione. Il Progetto si chiamerà “Laboratorio Giudiziario” e sarà il primo Legal blog tenuto da penalisti, nato con l’obiettivo fare informazione corretta in ambito giudiziario, combattere le fake news e consentire alla difesa di contrastare tempestivamente proprio l’effetto del processo mediatico, così che accanto a quella processuale si affiancherà  anche una sorta di “difesa mediatica” con tutti gli strumenti propri della comunicazione in rete. Cosi come accade negli Stati Uniti la difesa deve poter rispondere anche alle accuse mediatiche con un intervento immediato e tempestivo, a tutela dell’immagine del proprio assistito ma anche a tutela del processo stesso. Con una tempistica più rapida e soprattutto attraverso una informazione corretta anche sotto il profilo tecnico, cosi da attenuare gli effetti della gogna mediatica e magari in alcuni casi colmare le lacune lasciate dalla cronaca giudiziaria. Il principio da cui parto è che il processo mediatico è un fenomeno ormai inarrestabile, dunque, tutto quello che possiamo e dobbiamo fare  è potenziare la difesa nel momento in cui questa é più vulnerabile  anche  attraverso l’uso corretto degli strumenti di divulgazione da parte degli avvocati penalisti in rete.

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