Frigoriferi vuoti e vergogna di chiedere aiuto, la nuova povertà alimentare a Roma

"La povertà alimentare non è una questione marginale né lontana. Può significare un frigorifero mezzo vuoto, una tavola silenziosa, la vergogna di chiedere aiuto per un pacco di pasta". In occasione della Giornata Mondiale dell'Alimentazione il 16 ottobre 2025, il report "Quando il cibo non basta" dell'associazione ‘Terra!' in collaborazione con Periferia Capitale ci ricorda che la scarsa accessibilità al cibo è un fenomeno più vicino di quanto possiamo pensare e che tocca non solo gli stomaci, ma anche il cuore e la psiche.
Lo fa con uno studio qualitativo, basato su parole ed esperienze e non su numeri, sul quartiere romano del Tufello. "La povertà alimentare è anche una forma di esclusione sociale, culturale simbolica", scrivono attivisti e ricercatori. Perché forse più in Italia che nel resto del mondo, non mangiare significa spesso non stare insieme agli altri.
Un report sulla povertà alimentare al Tufello
L'associazione ‘Terra!' ha scelto di concentrarsi sulla zona a nord-est di Roma per alcuni motivi sociali e demografici: "Pochi supermercati e commercio di prossimità in calo, mercati rionali limitati (Tufello e Val Melaina), mobilità non sempre agevole. Sullo sfondo, un municipio con più di un quarto di over 65, quasi la metà di nuclei monofamiliari, una presenza significativa di residenti di origine straniera e dispersione scolastica in crescita. Condizioni che si riflettono nella quotidianità di chi deve fare la spesa, cucinare, mangiare (o rinunciare)".
Dal 2008 in Italia molta più gente soffre la povertà alimentare
Il quadro generale da cui parte l'analisi contenuta nel report è quello di un'Italia cambiata a partire dalla crisi economico-finanziaria del 2007-2008. Da quel momento i dati delle organizzazioni di aiuto agli indigenti hanno iniziato a cambiare. "In conseguenza della crisi economica e dell’indebolimento del welfare, non solo aumentano gli indici di deprivazione materiale e il numero di persone in povertà assoluta, ma cambiano anche i profili di chi sperimenta situazioni di disagio".
Chi ha bisogno d'aiuto abita affianco a noi, è un nostro amico, un parente, o forse siamo proprio noi a rientrare nella categoria dei ‘nuovi poveri': "famiglie monoreddito, lavoratori precari o con salari insufficienti (i cosiddetti working poor), migranti regolari, persone che fino a poco tempo prima conducevano una vita relativamente stabile e che si trovano improvvisamente in condizioni di bisogno, incluse difficoltà di accesso al cibo".
La povertà alimentare nei racconti degli abitanti del Tufello
Dai racconti degli abitanti del Tufello, l'alimentazione viene fuori come un tema molto potente, che può aumentare disuguaglianze o accomunare, portando a straordinari esempi di solidarietà, come l'emporio del Centro Sociale Autogestito Astra. Sono in particolare le donne, le mamme, ad avvertire fino nell'intimo la questione del cibo: "Nessuno ci pensa, solo noi donne", "Se non lo faccio io non lo fa nessuno", raccontano alcune testimonianze. Il ruolo di cura viene assunto fino al sacrificio: "Io rinuncio a tutto per mio figlio", "Ho rinunciato al cioccolato per comprare i noodles a mia figlia".
Il cibo, però, può essere anche un modo per ricordare da dove si viene o per piantare nuove radici. "Io cucino il marocchino, i miei figli cucinano l’italiano", racconta una mamma, "Io vi porto il Marocco in Italia”, dice invece una donna che ha lavorato in cucina per un centro anziani.
La vergogna di chiedere aiuto
Anche nella difficoltà resta la voglia di provare a mangiare in maniera sana e sostenibile, ma spesso non è possibile: "Guardo la scadenza, non la provenienza". Allora tocca ricorrere a chi dà una mano, come l'emporio solidale di Astra: "Vengo una volta al mese… non risolve, ma aiuta". Chiedere aiuto, però, è ancora percepito come una vergogna, in cui la gratitudine si mescola al disagio. "Mi vergognavo… io sono giovane, devo andare a chiedere la roba?", "Volevo evitare di andare in chiesa… mettere mio figlio in difficoltà". Ancora una volta il sacrificio. "‘Vergognarsi è rubare, non chiedere aiuto', dice una donna. Ma non sempre è facile convincersene".
Gli anziani fra le categorie più a rischio di povertà alimentare
Fra i soggetti più colpiti ci sono gli anziani, le cui pensioni non bastano e non tengono il passo dell'inflazione. "Per molti anziani, il cibo è la variabile più flessibile – e dolorosa – del bilancio domestico. Quando entrano pochi soldi, si taglia prima sulla qualità, poi sulla quantità". Nonostante la vergogna, sono molti ad affollare le mense per i bisognosi: "Per alcuni, anche la mensa diventa un punto di riferimento. Non solo per il pasto, ma per la possibilità di sentirsi meno soli: ‘Aiuta, perché uno si rende conto di non essere solo in questa situazione'".
Gli adolescenti: "La rinuncia viene interiorizzata"
Ci sono poi i più giovani e gli adolescenti, con meno responsabilità ma spesso già consapevoli della situazione familiare. "Saltare la colazione è comune: ‘Io sabato e domenica faccio colazione, quando vado a scuola no'". Dalle interviste raccolte da Terra! emerge che anche per loro "la rinuncia non è soltanto subita: è interiorizzata, normalizzata, diventando parte di un’autodisciplina che modella il rapporto con il piacere e con l’idea di ciò che si merita".
I ragazzi provano anche ad essere utili con le loro competenze di nativi digitali, "mostrano attenzione anche agli aspetti pratici della spesa. Conoscono luoghi fisici e virtuali di approvvigionamento e sanno come gestire le risorse: ‘Usiamo Too Good To Go. Una volta ci siamo fatti la cena con 5 euro'".
"La povertà alimentare – conclude il report ‘Quando il cibo non basta' – è uno dei volti più evidenti delle disuguaglianze contemporanee", ed è molto più vicino di quello che pensiamo.