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Ex Mercati Generali, l’ex assessore Berdini: “Lì servono case popolari e verde, vogliamo un vero confronto”

L’urbanista ed ex assessora Paolo Berdini critica la convenzione sugli ex Mercati Generali di via Ostiense: “Metodo sbagliato, ruolo pubblico indebolito”.
Intervista a Paolo Berdini
Ingegnere e urbanista. Dal 2016 al 2017 è stato assessore all'Urbanistica nella giunta guidata da Virginia Raggi
A cura di Francesco Esposito
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Paolo Berdini
Paolo Berdini

"Sugli ex Mercati Generali il pubblico ha abdicato alla sua funzione", dice a Fanpage.it Paolo Berdini, ingegnere, urbanista e per breve tempo assessore di Roma Capitale nella giunta di Virginia Raggi. Dell'area via Ostiense e di altri progetti si parla nella conferenza stampa indetta dalla federazione romana di Rifondazione Comunista – Sinistra Europea alle 11.00 di venerdì 19 dicembre in piazza del Campidoglio. Presente anche Berdini, insieme al segretario nazionale del partito Maurizio Acerbo, per parlare di "Business Roma" e delle idee di rigenerazione urbana che "consegnano la città alla speculazione dei privati e dei fondi immobiliari".

Dell'area in cui un tempo sorgevano i Mercati Generali si discute da molto prima della firma della Convenzione del Comune con il fondo immobiliare texano Hines del 10 novembre scorso. Il documento integra una concessione dell'area stipulata nel 2006 e detta alcune grandi linee per il progetto che dovrebbe riqualificare lo spazio di circa nove ettari a cavallo fra i quartieri di Ostiense e Garbatella. Sulla carta si parla di biblioteca, mediateca, sale per eventi, spazi per coworking, parcheggi, aree sportive, un "centro di benessere urbano", piazze, spazi verdi e uno studentato (privato) da duemila posti letto. Nella convenzione, però, comitati, residenti ed esperti ci hanno visto anche tanti problemi.

La protesta dei residenti in una scritta su Ponte Spizzichino
La protesta dei residenti in una scritta su Ponte Spizzichino

Ingegner Berdini, quali sono i problemi della nuova convenzione che è stata firmata dal Comune di Roma con il fondo immobiliare Hines?

Dividiamo i problemi in due: c’è un problema di metodo nel rapporto tra pubblico e privato e c’è un problema di merito, cioè quello che è scritto nella convenzione. Io intervengo solo sul primo, perché il contenuto della convenzione è sconosciuta al mondo. Siamo arrivati all’assurdo che il Comune, il sindaco, firma una convenzione che non conosce nessuno, perché non è disponibile sul sito istituzionale.

Dal punto di vista del metodo, poi, sembra incredibile che ancora oggi, dopo vent'anni di fallimento dell'affidamento di una proprietà pubblica a un privato, si continui a perseverare nell’errore. Continuiamo ad affidare a un privato la trasformazione di una proprietà pubblica, quando si poteva ragionevolmente tornare a un intervento pubblico.

Questo è l’elemento secondo me più grave. Il pubblico ha funzionato, perché tutta la costruzione dell’università di Ostiense, Roma Tre, quindi tutta la ristrutturazione di quel pezzo di città, è stata un’esperienza positiva: sono stati ristrutturati decine di immobili dismessi. Il pubblico funziona se ci sono idee, prospettive e una visione del futuro.

Qui invece emerge che l’amministrazione comunale non ha un'idea dell’importanza della trasformazione degli ex Mercati Generali in funzione del completamento del percorso di Ostiense, di quel luogo.

La convenzione, però, ha origine già nel 2003, con una concessione poi sottoscritta nel 2006, e nel tempo ci sono state molte modifiche. Sono vent’anni di pubblica amministrazione: come vanno divise le responsabilità?

Sono due i punti che vorrei chiarire. Il primo è che le convenzioni sono state firmate affidando tutta la trasformazione a un privato, e la dimostrazione del fallimento di questa strada è che appena sono cambiati gli orizzonti economici del mercato edilizio — parliamo del 2007-2008 — il privato ha chiesto una nuova convenzione.

La convenzione era stata appena firmata, nel 2006, e subito dopo, con la crisi dei subprime americani e il crollo dei valori immobiliari, il privato rimette tutto in discussione. Ma che gioco è questo? La convenzione è un atto solenne tra pubblico e privato: non è che se cambiano i valori economici si ricomincia da capo.

Questo è un elemento gravissimo. Le città non si fanno giorno per giorno in base alla borsa valori, si fanno guardando a interessi generali, a una visione di lungo periodo, a una città che dà più diritti ai cittadini. Qui c’è il fallimento del mercato economico applicato alla città.

Eppure si continua su questa strada, anche perché le amministrazioni hanno assecondato le pretese del concessionario. Il privato fa legittimamente il suo mestiere: dirà sempre "io guadagno troppo poco" e rimetterà tutto in discussione. Il problema è che il pubblico abdica alla sua funzione di arbitro.

Avrebbe dovuto dire: è stato firmato un documento e va rispettato. Altrimenti scattano le sanzioni previste dalla convenzione. Quelle sanzioni non sono mai state applicate. Questo è un fatto molto grave: il pubblico non ha fatto gli interessi generali.

E parliamo di tutte le amministrazioni, di tutti i colori politici: Veltroni, Alemanno, Marino, Raggi. Nessuno ha esercitato il diritto-dovere di guidare la trasformazione dell’area.

Alla fine dell’assemblea pubblica del 26 novembre l’amministrazione ha annunciato tavoli di partecipazione. Crede che possano essere una vera occasione di confronto?

Io lo spero molto. Non ci credo a scatola chiusa, vediamo cosa avverrà. Però trovo molto discutibile che uno degli assessori abbia detto: "Possiamo discutere di tutto, ma non dell’equilibrio economico dell’operazione".

Se l’equilibrio economico deciso dal privato non si può mettere in discussione sulla base dell’interesse pubblico, allora di cosa discutiamo? Se dobbiamo solo decidere se un edificio va dipinto di verde o di rosso, non andiamo lontano.

Spero invece che si apra una discussione più strutturale, che dica chiaramente che alcune funzioni non vanno bene e che se ne possono immaginare altre.

Ad esempio? Cosa non va bene e cosa servirebbe in quell’area tra Ostiense e Garbatella?

Due esempi. Non va bene prevedere duemila posti letto per studenti. Nessuna parte della città di Roma può sostenere una concentrazione del genere: duemila studenti significano duemila luoghi di consumo, di aggregazione. La città è fatta di studenti, certo, ma anche di famiglie. Se sono troppi, tutto esplode.

Secondo punto: mancano case a basso reddito per le persone più fragili. Qui c’è un’area interamente pubblica. Perché non prevedere una quota ragionevole di alloggi sociali? Il privato deve avere il suo tornaconto, certo, ma insieme al tornaconto privato deve esserci quello pubblico.

Famiglie a basso reddito potrebbero vivere a cinquecento metri dalla Piramide Cestia, davanti a un parco vero. Io ho proposto almeno tre ettari di verde reale. Questa è qualità della vita. Perché condannare chi ha meno reddito a vivere solo in periferia?

Sul sito del Comune si parla di circa quattro ettari tra piazze e aree verdi.

Qui devo essere molto netto: è un imbroglio. Le piazze sono piazze di cemento sopra parcheggi privati. Questo non è verde.

Sul cemento non crescono alberi. Lo abbiamo visto anche in altri casi. A Ostiense bisogna ridurre i parcheggi coperti per creare un parco vero, con alberi, dove possano stare bambini, genitori e nonni.

Per chiudere: è possibile, come ipotesi estrema ventilata anche dalla capogruppo del Pd Valeria Baglio nell'assemblea del 26 novembre, la revoca della convenzione?

Se il Comune volesse forzare la mano, ci sarebbero tutti i termini per recuperare il diritto pubblico alla trasformazione dell’area, quindi sciogliere la convenzione. Anche a livello legale.

Certo, questo aprirebbe un contenzioso pesante, ed è comprensibile volerlo evitare. Io sono sempre perché la politica, quella della polis. È la città che mi interessa e ci tengo che tutta la città discuta, non gli avvocati. Però devono farla parlare.

Se però la partecipazione è solo una finzione, non va bene. Siamo disponibili a molte ipotesi, ma non ad abdicare al ruolo pubblico. Questo no. Aspettiamo i tavoli, quando verranno aperti. Speriamo presto.

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