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Ecco le Narcas: mogli, zie e parenti erano le “regine” del cartello della droga della Rustica

Un ruolo fondamentale nello spietato gruppo criminale che comandava a La Rustica era quello delle donne, in grado di gestire gli affari dello spaccio e di garantire la continuità dell’organizzazione in caso di arresti.
A cura di Emilio Orlando
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Come le "Narcas", le donne del narcotraffico messicano, mogli e zie sedevano ai tavoli durante i summit criminali per la gestione logistica dei carichi di droga che arrivavano dal Marocco con potenti motoscafi. Rivestivano ruoli apicali, pianificavano ed organizzavano con gli uomini le sevizie e le torture da praticare a chi si indebitava con la droga. Amorevoli con i figli e affabili con i compagni, ma all'occorrenza si trasformavano in spietate tenutarie degli affari criminali di famiglia.

La banda di narcotrafficanti, che operava nel quartiere a sud est della Capitale, smantellata ieri mattina all'alba, aveva reclutato nelle sue fila parenti donne, in grado di garantire la sopravvivenza della banda anche quando i capi venivano arrestati o durante la latitanza. Tra le quattordici persone finite in manette durante l'operazione anticrimine dei carabinieri coordinati dalla direzione distrettuale antimafia, figurano infatti oltre ai capi Daniele Carlomosti, Daniele Fabbrini, Massimiliano Gregori e Fabio Pallagrosi anche Romina Faloci, la moglie di Daniele Carlomosti, deus ex machina del gruppo e ideatore della stanza delle torture per chi era moroso per i debiti di droga.

Oltre alla Faloci, classe 1980 alias "Zia", Vanessa P. di 42 anni e Pamela S. di 36 anni, queste ultime indagate a piede libero per aver tenuto nascosto e poi venduto a più riprese un carico di 90 chili di hashish in pochi giorni che portò enormi guadagni nelle tasche degli uomini della banda. Tutti i sottoposti, facevano capo a Daniele Carlomosti, che nel 2017 tentò di uccidere il fratello, con cui si contendeva una piazza di spaccio alla Rustica, sparandogli dal balcone.

Una faida criminale di famiglia che portò ad agguati armati, incendi, spari in strada e contro le abitazioni di chi non si piagava al clan che culminarono con il tentato omicidio di Simone da parte del fratello Daniele Carlomosti che gli sparò dal balcone della sua abitazione con una pistola calibro 7,65. La genuinità delle intercettazioni telefoniche e l'affidabilità che le "narcos" in gonnella riscuotevano tra gli uomini, emerge proprio secondo chi indaga in una conversazione, annotata dagli investigatori, fra il capo promotore del cartello della droga Daniele Carlomosti la moglie Romina Faloci e Cecilia Leo(la zia): "Zia siamo quattro in tutta Roma, ci siamo uniti in quattro gruppi. Quindi se arriva o l'uno o l'altro…, Io copro questa parte(la Rustica e Tor Sapienza), l'amico mio fa parte di Roma sud e i Castelli, un altro fa Cinecittà, quindi quando arriva una cosa ce l'abbiamo tutti".

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