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Dopo la batosta di Expo 2030 a Gualtieri serve una nuova “visione” per cambiare Roma

Finita l’illusione di Expo 2030 al sindaco Roberto Gualtieri e al Campidoglio serve un nuovo racconto e una nuova idea su come cambiare la città e risolvere i suoi problemi.
A cura di Valerio Renzi
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È il 16 novembre e all'Auditorium il sindaco Roberto Gualtieri ha chiamato a raccolta la sua maggioranza per fare il tagliando al secondo anno di amministrazione. Parola chiave della kermesse, in cui l'amministrazione presenta il suo "Rapporto alla Città" su quello che ha fatto e non ha fatto nei precedenti dodici mesi, era "trasformazione".

Ecco cosa diceva Gualtieri solo due settimane fa sull'esposizione mondiale:

Il piano di rinnovamento di Roma sarebbe ulteriormente rafforzato e arricchito dal successo della nostra candidatura per Expo 2030. Essa prevede ulteriori investimenti per opere di rigenerazione. Ormai ci siamo, si vota a Parigi tra pochi giorni e noi siamo orgogliosi di aver contribuito a costruire e promuovere una candidatura basata su un progetto forte e credibile. Un progetto incentrato sui grandi valori di cui è portatrice la nostra città: la pace, pieno rispetto dei diritti, giustizia e sostenibilità

Dall’inizio del mandato il rilancio di Roma è passato per un percorso indicato con chiarezza da sindaco e amministrazione: messa a terra delle risorse del Pnrr, interventi legati al Giubileo con fondi straordinari e poi Expo 2030. Tre passi per portare nuovi investimenti, mettere mano al rafforzamento del trasporto pubblico, alla cura della città e rinnovare l’immagine di Roma. In più il problema dei rifiuti risolto con il maxi inceneritore.

Visto il risultato di ieri: perché il Campidoglio non si è disimpegnato prima dalla sfida? La famosa “visione”, l’idea del centro sinistra tornato al governo della città era più o meno quella di far precipitare sulla città i capitali di fondi sovrani ed hedge found, contemporaneamente a migliorare almeno di un poco la vita dei cittadini che vivono nelle periferie migliorando i servizi essenziali. "Così vinciamo tutti", si dicevano.

Ma una volta capito che la strada di Expo era sbarrata perché proseguire dritto fino ad andare a sbattere? "Nessuno si aspettava questo risultato", è la risposta che si sente in giro. Il ballottaggio avrebbe comunque consentito a Roma di rimanere al centro della scena, candidandosi magari per ospitare altri eventi e mettendosi sul mercato globale degli investimenti.

Perché il Campidoglio non ha attaccato il governo sovranista di Meloni, evidentemente non in grado di costruire attorno alla candidatura neanche un consenso europeo attorno alla proposta per Expo 2030? Mistero. Certo è che la pax romana costruita attorno alla gestione giubilare e al percorso della candidatura oggi non ha davvero più ragione di essere.

Vedremo se Gualtieri e il centrosinistra riusciranno a mettere in campo una "nuova visione", magari a partire dai poteri speciali e dalla riforma della governance di Roma Capitale, argomento incredibilmente scomparso in un dibattito pubblico attorno ai mali della capitale sempre più avvitato su se stesso.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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