Detenuto torturato a Regina Coeli, per Nordio è un caso isolato. Il legale: “Speravamo in risposte concrete”

Controlli e perquisizioni in carcere dopo la vicenda di Simone, svelata da Fanpage.it, seviziato e torturato per quarantotto ore da altri detenuti all’interno di una cella di Regina Coeli per essersi rifiutato di nascondere un cellulare. A dirlo è il ministro della Giustizia Carlo Nordio nella risposta all’interrogazione parlamentare presentata da Marco Grimaldi, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra.
“Le cause di queste criticità sono riconducibili a dinamiche di gruppo e rivalità etniche o criminali”, spiega il Guardasigilli. Che assicura: “L’ufficio ministeriale competente all’attività di controllo si è tempestivamente attivato inviando delegazioni ispettive per la verifica diretta dei fatti”. E proprio su questo punto il parlamentare di Avs Grimaldi vuole ulteriori chiarimenti: “Attendiamo di conoscere l'esito delle indagini, più che opportune, perché qualcuno deve rispondere di un’assenza di controlli durata quarantotto ore. Restiamo convinti che nonostante i dichiarati sforzi dell’Amministrazione penitenziaria nel contrasto degli episodi di violenza, non si dovrebbe minimizzare appellandosi a cause riconducibili a conflittualità individuali, dinamiche di gruppo e rivalità etniche o criminali”.
Il legale di Simone, Marco Valerio Verni, accoglie con favore “l’interessamento dell’onorevole Grimaldi e la risposta del ministro Nordio”. E sottolinea: “Ci saremmo aspettati una replica più concreta in alcuni aspetti”. E rilancia: “I fatti denunciati non sembrano potersi considerare come mere rivalità o conflitti etnici. Non si possono intendere come episodi isolati, ma il sintomo di una crisi profonda del sistema penitenziario, dove circolano droga, cellulari e perfino armi”.
E se da un lato Grimaldi e l’avvocato Verni non si ritengono pienamente soddisfatti dalla ricostruzione fornita da via Arenula, dall’altro il ministro spiega che “le verifiche hanno l’obiettivo di consolidare una rete di prevenzione”.
Nella sua risposta, Nordio elenca una serie di interventi messi in atto dall’amministrazione, tra cui l’installazione di alcuni sistemi, ad esempio quelli anti-drone, per prevenire il traffico di cellulari, droga e armi. Il 16 settembre è stata aggiudicata la gara per realizzare, nelle carceri di Napoli, Palermo, Torino, Milano e Sulmona, sistemi di schermature telefoniche per evitare comunicazioni illecite. Le carceri italiane, spiegano gli esperti, sono zone franche dove la legge non entra e tante inchieste dimostrano che la violenza prolifera.
“È un bene che ci si adoperi per prevenire il traffico di oggetti dall’esterno e all'interno delle strutture penitenziarie e per installare sistemi di sicurezza e videosorveglianza, ma nelle carceri i problemi importanti sono altri”, sottolinea Grimaldi. “Troppi detenuti e pochi agenti, educatori, psicologici e medici. La verità è che il governo non ha una strategia per affrontare la crisi del carcere e ridurre la popolazione detenuta ricorrendo a pene alternative. Inoltre non interviene sull’abuso delle misure cautelari, all'origine della vicenda di Simone".
Il legale poi richiama ciò che è accaduto al sindaco di Roma: “Roberto Gualtieri è stato minacciato da un detenuto del carcere di Frosinone attraverso un cellulare. I sistemi di schermatura non possono restare promesse, devono diventare effettivi per impedire che chi è ristretto possa ancora comunicare e delinquere, perché in questo modo la funzione del carcere viene svilita”. E conclude con un monito: “Se certe cose accadono, è anche perché, forse, qualcuno, tradendo la sua funzione, lo permette e ne è complice. Dalle proposte si passi concretamente ed in tempi certi e brevi alla loro completa attuazione, perché se oggi, nel 2025, rivedessimo Detenuto in attesa di giudizio di Alberto Sordi, ci accorgeremmo che le carceri italiane non sono poi cambiate così tanto”.