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Continuano le ricerche al Gran Carro di Bolsena, una meraviglia archeologica sul fondale del lago

Il sito è quello del cosiddetto ‘Gran Carro’, un contesto abitativo della prima età del Ferro, uno dei meglio conservati nell’Italia medio-tirrenica che oggi si trova sommerso a circa cinque metri di profondità.
A cura di Enrico Tata
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Foto Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio Etruria Meridionale
Foto Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio Etruria Meridionale

Gli uomini della Guardia di Finanza della stazione navale di Civitavecchia si sono uniti agli esperti della Soprintendenza dell'Etruria e della provincia di Viterbo per lavorare sul giacimento archeologico sommerso nel lago di Bolsena. Il sito è quello del cosiddetto ‘Gran Carro', un contesto abitativo della prima età del Ferro, uno dei meglio conservati nell'Italia medio-tirrenica che oggi si trova sommerso a circa cinque metri di profondità.

Lo scavo condotto dai restauratori subacquei della C.S.R. Restauro Beni Culturali, con la presenza del Nucleo Sommozzatori delle Fiamme Gialle, e l'ausilio dei volontari del CRAS, sta dando, si legge in una nota, "risultati sorprendenti per l'interpretazione dell'intero complesso".

Questo insediamento è noto dal 1959 e si contraddistingue per la presenza di un'area abitativa, la cosiddetta ‘palafitta', in cui è possibile osservare oltre 500 pali infissi sul fondale del lago databili tra la fine del X e il IX secolo avanti Cristo, nell'ambito della cultura villanoviana. C'è inoltre un'area che è stata interpretata soltanto recentemente come luogo di culto, detta ‘Aiola'. Come si vede nella foto in alto, si tratta di un enorme tumulo di pietre che conserva tracce di antichi rituali risalenti forse già a partire dall'età del Bronzo medio.

Con la nuova campagna di ricerche, informa la nota, "si stanno finalmente raccogliendo preziose informazioni circa la vita di una comunità di 3000 anni fa, avendo concentrato per la prima volta le operazioni su una area molto estesa nella zona della "palafitta". Moltissimi gli oggetti in bronzo recuperati tra cui alcuni attrezzi da lavoro come scalpelli, asce e raspe per la lavorazione del legno. Numerosi anche i vasi di impasto rimasti sotto le macerie delle capanne spesso andate a fuoco, alcuni finemente decorati. L'intervento svolto dai sommozzatori della Stazione Navale a supporto degli archeologi ha dissuaso e evitato la sottrazione di preziosi reperti, spesso depredati da soggetti non autorizzati, che ricavano ingenti profitti dalla vendita illegale a collezionisti senza scrupoli in un momento in cui i reperti erano certamente più a rischio durante le operazioni di scavo".

Il sito archeologico è stato aperto anche in pubblico in occasione delle giornate per la Valorizzazione del Ministero della Cultura e la presenza delle Fiamme Gialle è stata fondamentale per gestire l'afflusso di visitatori e per il controllo e la sicurezza in superficie ma anche a livello subacqueo.

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