Caso Marra, rinviata la sentenza per Virginia Raggi: “Ho spiegato le mie ragioni, sono serena”

Rinviata la sentenza per Virginia Raggi, accusata di falso per la nomina di Renato Marra a capo dell'ufficio Direzione Turismo del Comune di Roma. La decisione dei giudici sarebbe dovuta arrivare oggi. "Ho avuto modo di spiegare le mie ragioni, sono serena e vado avanti", ha dichiarato ai giornalisti che la aspettavano fuori dall'aula. E a chi le chiede se si dimetterà in caso di condanna, Raggi non risponde. Accusata di aver agevolato la designazione del fratello di Raffaele Marra (che all'epoca gestiva le Risorse Umane) per la copertura dell'incarico, la sindaca due anni fa era stata assolta dai giudici di primo grado della Corte d'Assise. Secondo i giudici, Raggi in quel frangente era stata vittima di un raggiro ordito tra i due fratelli e non avrebbe ricoperto alcun ruolo nella gestione delle nomine. L'accusa era invece convinta del contrario, ossia che la sindaca fosse perfettamente a conoscenza del coinvolgimento nell'iter di Raffaele Marra.
Raggi: "Sono onesta, Roma ha bisogno di guida sicura"
Un processo, quello sul caso Marra, cruciale per la sorte del Movimento 5 Stelle a Roma. Il regolamento del partito pentastellato prevede che in caso di condanna un esponente non possa più ricandidarsi. Una possibilità che non aveva però mai fermato Virginia Raggi, che già da tempo ha dichiarato "Vado avanti lo stesso". Lo aveva annunciato quando le avevano chiesto se, in caso di condanna, si sarebbe auto sospesa dal M5s come la sindaca di Torino Chiara Appendino, anche lei coinvolta in un processo con l'accusa di falso ideologico e condannata. "Io vado avanti – aveva dichiarato Raggi – In questo momento la città ha bisogno di una guida sicura. Io sono onesta, sto governando la mia città, sto portando avanti provvedimenti che sono fondamentali".
I messaggi tra Marra e Raggi
Nel corso del processo di primo grado, Raggi aveva detto che il suo ruolo nella nomina era stato di "mera pedissequa esecuzione delle determinazioni" e "senza alcuna partecipazione alle fasi istruttorie, di valutazione e decisionali". L'accusa aveva però portato altre prove, tra cui i messaggi che la sindaca si era scambiata con Raffaele Marra sulla retribuzione che avrebbe percepito il fratello. Se lo avessi fatto vicecomandante", scriveva Marra alla sindaca, "la fascia (retributiva, ndr) era la stessa". E lei aveva risposto: "Infatti abbiamo detto vice no. Abbiamo detto che restava dov'era con Adriano". Conversazioni che avevano portato i pm a ritenere che Raggi avesse partecipato alla nomina e fosse consapevole.
