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Ambulanze in ritardo e pronto soccorso nel caos a Roma: “Manca personale, non è per l’incendio a Tivoli”

Pronto soccorso affollati con attese che durano ore e ambulanze che non arrivano: è questa la fotografia che arriva oggi dagli ospedali del Lazio e di Roma: “L’incendio di Tivoli non è e non può essere la causa: serve una riforma per cambiare organizzazione e gestione sanitaria. Mancano strutture e personale”, dicono da NurSind. “Occorrono più mezzi e una revisione delle procedure operative”, aggiungono da NurSind Ares 118.
A cura di Beatrice Tominic
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Pronto soccorso affollati con attese che durano ore e ambulanze che non arrivano: è questa la fotografia che arriva oggi dagli ospedali del Lazio e della capitale. Mancano i mezzi di soccorso e quelli che sono presenti spesso restano davanti al pronto soccorso con i pazienti ancora a bordo, in attesa di essere accolti dall'accettazione.

Personale paramedico e risorse spesso sono così poche che non si riesce a fronteggiare l'arrivo delle persone che hanno bisogno di cure. O, almeno, non in tempi brevi. È il caso della turista milanese rimasta ferita sulle scale mobili alla stazione Termini che ha atteso tre ore prima dell'arrivo dei soccorsi, rimasta vittima del fenomeno conosciuto come "blocco barella", per il quale da giorni NurSind Ares 118 aveva già fatto scattare l'allarme: "Servono mezzi e una revisione delle procedure operative".

Ma è anche la situazione in cui si trovano pazienti che raggiungono autonomamente l'ospedale. Soltanto ieri, secondo i dati di Cittadinanzaattiva, sarebbero rimasti in attesa per ore più di mille persone prima di essere accolte all'interno dei pronto soccorso romani. "Purtroppo non è una novità – ha spiegato a Fanpage.it Stefano Barone, segretario provinciale NurSind – Il pronto soccorso rappresenta la porta d'accesso per l'ospedale, ma è da anni che si trova in sofferenza per mancanze strutturali e di personale".

Il sovraffollamento e il fenomeno del "blocco barella"

Influenza ed aumento di casi di coronavirus, fra le prime cause. Secondo alcuni anche l'incendio all'ospedale di Tivoli, da venerdì notte fuori uso, contribuirebbe a far aumentare il caos negli ospedali della capitale. Ma non per tutti. "L'ospedale di Tivoli? Se bastasse l'incendio di un piccolo ospedale di provincia per mettere in ginocchio il sistema dell'emergenza-urgenza della capitale dovremmo preoccuparci molto più di adesso. Se ritorna il covid che facciamo?".

Alessandro Saulini, segretario NurSind Ares 118, dopo le ultime assunzioni, sottolinea invece la mancanza di mezzi e le criticità nelle procedure: "Da inizio dicembre abbiamo iniziato a lanciare l'allarme sul fenomeno del blocco barella", spiega. Il primo allarme è scattato verso fine novembre, ma già il primo dicembre dal sindacato lamentavano oltre venti ambulanze rimaste contemporaneamente bloccate all'interno dei pronto soccorso romani.

"Questo è un fenomeno che torna alla ribalta, quanto accaduto alla stazione Termini ieri ne è un esempio lampante. Ares 118 è in grado di funzionare, lo dimostra nelle situazioni di emergenza, come quella che ha riguardato l'incendio dell'ospedale di Tivoli. Le difficoltà sono presenti nelle attività ordinarie per le quali occorre implementare i mezzi e una revisione di alcuni procedure operative in uso che evidenziano criticità. Ne sono un esempio quelle relative alla decisione dell'ospedale di destinazione del paziente soccorso, la cosiddetta soglia". Proprio per questa ragione dal sindacato richiedono un potenziamento dell'intero sistema 118.

Sempre meno assunzioni: "Considerate una spesa, non una risorsa"

"Bisogna partire dalle assunzioni: con la legge di bilancio in molti stanno valutando di chiedere il pensionamento entro la fine dell'anno. Poi, però, difficilmente saranno sostituiti. Fra gli stipendi molto più appetibili in Arabia Saudita e in Norvegia, l'esodo verso i privati e chi sceglie di cambiare totalmente lavoro a causa delle poche tutele, delle denunce e delle aggressioni, sono sempre meno le assunzioni: si lavora tanto e spesso in condizioni pessime", continua Barone. "La prima cosa che dovrebbero fare le regioni è richiedere risorse finanziarie per le assunzioni, per ridistribuire il personale: la vedono ancora come una spesa, quando invece è un investimento per la salute".

Pronto soccorso pieni: al loro interno persone che non hanno un letto per essere ricoverate

"Siamo qui dalle 11. Abbiamo incontrato una ragazza arrivata alle 8.30: lei è entrata soltanto verso le 14. Non so quanto ci metteremo noi – dicono a Fanpage.it alcuni pazienti ancora in attesa in uno dei pronto soccorso della capitale verso le ore 16.30 – Alcune persone in sosta al pronto soccorso ci hanno detto che sono qui da sabato: dentro mancherebbero i letti, così per non mandarli a casa li fanno stare al pronto soccorso".

Oltre al personale, mancano anche strutture idonee. "Ora si parla di tornare alla creazione delle holding area, che altro non sono che le vecchie astanterie: manca spazio nei reparti per i ricoveri, così i pazienti vengono trattenuti anche per giorni al pronto soccorso – continua Barone – Se in alcuni ospedali vengono create nuove aree apposite, ne è esempio virtuoso il San Camillo, in altri mancano letti e assistenza. E non viene mai svolta un'analisi per comprendere quali siano i numeri legati al carico di lavoro. Se le regioni, il Lazio, ma anche le altre, non riescono a trovare un modo per implementare le assunzioni e risorse, sempre più progressivamente mancherà la garanzia delle cure".

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