Agguato al pullman, l’ultras di estrema destra in questura: “Un bus va veloce, se pijamo l’autista è una strage”

"Se prendiamo l'autista è ‘na strage. Il bus va veloce, ma anche con un sasso piccolo l'impatto…". Questo il commento, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, di uno degli ultras fermati per l'assalto al pullman dei tifosi di basket avvenuto a Rieti la scorsa domenica in cui è rimasto ucciso uno dei due autisti, Raffaele Marianella, sessantacinquenne prossimo alla pensione.
Questa sarebbe un'altra delle intercettazioni ambientali rilevate nella Questura dove gli agenti, non appena raccolti i primi elementi a loro carico, comprese cinque testimonianze, li hanno trasferiti in attesa di notificare a loro carico il fermo. "Ce danno omicidio a tutti, li abbiamo sfondati", sarebbe stato il commento di un altro dei tre fermati.
Le indagini in corso: chi ha scagliato il sasso fatale
Le indagini sono state aperte per omicidio volontario, subito dopo la morte dell'autista. Non è ancora chiaro chi abbia scagliato il sasso che si è rivelato fatale per Marianella. Secondo le prime supposizioni, già avanzate dai tre, sarebbe stato il più giovane, appena 20 anni, Kevin Pellacchia. Sarebbe stato proprio lui ad ammettere di aver lanciato il sasso che ha ucciso Marianella. "Era il sasso più appuntito", ha spiegato. Lo stesso giovane, parlando in lacrime con il suo avvocato, avrebbe fin da subito manifestato la volontà di chiedere scusa alla famiglia dell'autista. "È provato e molto dispiaciuto, piangeva", ha spiegato il legale che lo assiste, Andrea Vella.
Sicuramente ulteriori certezza arriveranno dall'autopsia sul corpo di Marianella, che si è tenuta nella giornata di ieri.

Qualora quest'ipotesi non fosse smentita, anche gli altri due ultras fermati, il trentunenne Manuel Fortuna e il cinquantatreenne Alessandro Barberini, potrebbero essere accusati per lo stesso reato, in concorso. Se davvero a lanciare il sasso fatale è stato Pellacchia, anche gli altri due, secondo gli inquirenti, hanno "sicuramente fornito un contributo morale alla condotta omicidiaria, avendone condiviso sin dal principio l'ideazione, l'organizzazione nonché infine la fase esecutiva".
Ad avvalorare questa ipotesi, ci sarebbe la minuziosa attività di organizzazione dell'agguato. Dalla scelta di sassi enormi da scagliare "da una distanza ravvicinata al bersaglio in movimento", alla posizione del tiro, frontale, "assicurarsi di colpire proprio il cristallo anteriore", dove siedono gli autisti e, subito dietro, tutti i passeggeri. Un piano ben preciso che ha portato gli inquirenti, almeno per il momento, a pensare che gli ultras fermati possano aver "agito con coscienza e volontà di, indifferentemente, ledere gravemente ovvero uccidere qualcuno dei passeggeri".
Non solo i tre ultras: si cercano i complici
Oltre ai tre ultras vicini all'estrema destra, già in stato di fermo e trasferiti in carcere, si cercano altri eventuali complici che possano aver avuto un ruolo nell'assalto al pullman. Dopo aver lanciato le pietre e i massi, nascosti fra la vegetazione e a volto coperto, i tre avrebbero raggiunto a piedi tre auto parcheggiate sotto a un cavalcavia nelle vicinanze e sono scappati. La polizia, allertata dalla scorta che accompagnava il pullman, è stata allertata subito dell'agguato. Gli agenti hanno raggiunto il luogo e sono riusciti a fermare una delle tre macchine con cui sono fuggiti. Al suo interno un supertestimone avrebbe aiutato ad individuare i tre, fermati meno di 24 ore dopo. Mai raggiunte, invece, le altre due auto: chi si trovava a bordo resta ignoto, per il momento.
Nel frattempo ad aiutare nell'arduo compito di ricostruzione dei fatti ci pensa la scienza. Gli inquirenti hanno prelevato, ai tre ultras fermato ma anche ad almeno cinque persone del loro gruppo, un campione di Dna che sarà presto confrontato con quello trovato sui massi lanciati, ai piedi del pullman. Le tracce lasciate sui massi potranno chiarire chi si trovasse lì al momento dell'assalto.