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Qui group travolta dai debiti: bar e ristoranti non accettano più i buoni pasto, Consip blocca le convenzioni

La Qui Ticket, società che eroga buoni pasto a numerose aziende del settore pubblico e privato, sarebbe sull’orlo del fallimento. Consip, la centrale acquisti della Pubblica amministrazione, non appena appresa la situazione ha bloccato le convenzioni. Sono circa 100mila i dipendenti pubblici coinvolti dal problema.
A cura di Charlotte Matteini
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Da qualche settimana si parla della situazione finanziaria della Qui Group, società che distribuisce buoni pasto a molte aziende private e pubbliche. Pochi giorni fa, la Consip – la centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana – ha imposto uno stop alla convenzione in essere con la Qui Group in quanto l'azienda sarebbe ormai al collasso e da tempo gli esercenti rifiutano i ticket e dunque i titolari di questi buoni pasto sono pressoché impossibilitati a spenderli. Stando a quanto rivelato da un'inchiesta condotta dal Fatto Quotidiano, la Qui Group avrebbe circa 150 milioni di euro di debiti con le banche e un'inchiesta aperta dalla Procura di Genova indaga sull'azienda da molti mesi: le ipotesi di reato a cui la Procura starebbe lavorando sono quella di falso in bilancio e bancarotta fraudolenta. "Quella che era partita come una verifica fiscale ha portato a scoprire una marea di decreti ingiuntivi da parte dei creditori. Il vaso di Pandora è stato aperto e ne sono usciti fuori gli esercenti che, stanchi di non essere rimborsati dal gruppo genovese, hanno iniziato con sempre più frequenza a chiudere le porte ai lavoratori pubblici che si presentavano in bar, ristoranti e tavole calde durante la pausa pranzo con tanto di ticket in mano. Negli ultimi mesi spenderli è diventato quasi impossibile. Sulla carta hanno un valore, ma nella pratica sono diventati carta straccia", spiega Il Fatto.

"Saranno individuate in tempi brevi soluzioni idonee a tutelare i dipendenti e porre rimedio a questa situazione che reputo intollerabile. Ho già sensibilizzato le strutture tecniche competenti per avere un approfondimento sulle cause e le responsabilità di quanto accaduto”, ha dichiarato pochi giorni fa il ministro della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, apprendendo della vicenda. “Stiamo verificando i numeri e ci risulta che sono circa 100mila i lavoratori interessati dal problema e, per ciascuno, il valore del ticket corrisponde ad almeno 140 euro al mese”, ha spiegato Salvatore Chiaramonte, segretario nazionale della Funzione pubblica della Cgil, ilfattoquotidiano.it:

La convenzione ‘Buoni Pasto ed. 7’, suddivisa in sette lotti e aggiudicata a quattro operatori economici, tra cui ‘Qui!Group’ (per due lotti), rientra tra le convenzioni obbligatorie per le pubbliche amministrazioni che devono avvalersi di Consip, azienda controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che gestisce gli acquisti della Pubblica Amministrazione, o delle centrali regionali di riferimento. I primi problemi si sono avuti già lo scorso anno, pochi mesi dopo la firma della convenzione per la gara vinta nel 2016, ma a partire dal 2018 si sono moltiplicate le segnalazioni arrivate alla Consip da parte delle amministrazioni che utilizzavano i buoni pasto e che denunciavano una serie di disservizi. “Numerose imprese esercenti la ristorazione nella rete convenzionata con il gruppo – ha spiegato la stessa Consip – hanno segnalato il mancato pagamento da parte della società delle fatture relative ai buoni pasto spesi dai dipendenti pubblici”. Di conseguenza è diventato sempre più difficile per i dipendenti pagare con i buoni emessi da ‘Qui!Group’. Dai primi mesi del 2018, i dipendenti di Comuni, ministeri e società controllate dallo Stato, durante la pausa pranzo in orario d’ufficio o al momento di fare la spesa, si sono visti con sempre maggiore frequenza bloccare i pagamenti con i ticket.

Dopo le segnalazioni, Consip ha posto in essere una serie di controlli e ispezioni allo scopo di verificare la spendibilità dei buoni pasto e, dunque, il rispetto degli impegni assunti in sede di offerta circa la percentuale massima di commissione e i termini di pagamento. I controlli “hanno avuto esito negativo per il fornitore – ha spiegato la stessa Consip – evidenziando un numero di non conformità di gran lunga superiore al limite massimo ammesso” e dunque la convenzione siglata è stata bloccata (convenzione ‘Buoni Pasto ed. 7’ – relativamente al lotto 1 Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta, Lombardia e al lotto 3 Lazio).

Secondo i calcoli della Funzione Pubblica Cgil i lavoratori interessati a questi due lotti sono circa 100mila (su un milione di dipendenti pubblici in Italia) “tra i 50 e i 60mila – spiega Chiaramonte – sono gli statali, tra cui i dipendenti di alcuni ministeri, ma poi ci sono quelli che lavorano presso Regioni, Comuni, società partecipate e i lavoratori della Sanità”. E se il buono pasto corrisponde a circa 7 euro e si lavora in media almeno 20 giorni al mese “per ogni dipendente si tratta di almeno 140 euro al mese”. Una cifra che, per chi guadagna di meno, “può arrivare a rappresentare anche il 10 per cento della busta paga”. Da un lato c’è il problema dei dipendenti che vanno messi nelle condizioni di poter usufruire dei buoni pasto e a cui vanno date garanzie sul pregresso, dall’altro va ristabilita la normalità per gli esercenti. Per molti di essi, infatti, i buoni pasto rappresentano anche la metà del fatturato e, se non si pone rimedio a questa situazione si rischia che la crisi si trasferisca su di loro.

Il segnale che qualcosa non andasse lo aveva dato nel 2016 Bankitalia, bloccando l’emissione di carte di credito prepagate da parte del gruppo. E ricostruendo un debito con le banche che, a fine 2017, ammontava a circa 150 milioni di euro. Il sospetto su cui gli inquirenti vogliono fare chiarezza è che la società abbia nascosto il dissesto finanziario con l’obiettivo di ottenere nuovamente l’appalto pubblico. Secondo quanto scrive La Repubblica l’inchiesta nasce da una semplice verifica fiscale compiuta all’inizio del 2018 dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza. Durante i controlli sono stati scoperti decreti ingiuntivi per centinaia di migliaia di euro da parte di commercianti, baristi, ristoratori e negozianti di alimentari. Si va da poche migliaia a chi deve avere quasi 400mila euro. La Procura, tra l’altro, potrebbe chiedere il fallimento della società. Ma rischia di arrivare dopo gli stessi esercenti. Come riporta Repubblica Genova, infatti, è di queste ore la prima istanza presentata da un creditore, anche se si tratta di qualche migliaio di euro di crediti rispetto a una voragine milionaria.

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